Mentre  la “privatizzazione” si chiudeva con un fiasco totale, continuava lo scontro: a Roma si festeggiava il nuovo volo con Washington, Milano veniva scelta  dalla Etihad…e,  fra uno sciopero e l’altro del personale Alitalia, le compagnie straniere ringraziano
Lo spezzatino era una delle ultime trovate per cercare di riprendere quota; tutto quello che ruotava intorno ai voli passava ad Alitalia Fly, il settore dei servizi veniva trasferito ad Alitalia Service. La Commissione Europea lo aveva preso sul serio tanto da approvare il prestito di 400 milioni di euro e la ricapitalizzazione a un miliardo. Ma la ricetta non ha avuto successo forse perché, come qualcuno annotava, il problema oltre che essere finanziario era anche di carattere industriale. Con un capitale la cui maggioranza è in mano al governo per il 49,9%  e a fondi speculativi (Walter Capital al 9,9%) mancava un management che avesse una visione industriale a medio-lungo termine.
Poi è arrivata la fase della privatizzazione e decisamente se prima le traversie di Alitalia venivano appellate con il termine di spezzatino oggi, vedendo come si è conclusa la fase della vendita, dobbiamo dire che Alitalia è ormai un bollito misto.
In questi mesi, i lettori lo avranno notato, abbiamo evitato di parlare di Alitalia: la frequenza mensile di uscita della testata e l’evolversi quotidiano delle vicende relative alla privatizzazione rendevano praticamente impossibile commentare qualsiasi notizia in quanto essa sarebbe stata decisamente superata e obsoleta al momento della lettura.
Ma ora, a un anno dall’annunciata privatizzazione, il silenzio può essere rotto e un qualche commento di carattere “generale” lo possiamo senz’altro avanzare.

IL MOMENTO SBAGLIATO

Per decenni i responsabili che si sono susseguiti ai vertici della ex compagnia di bandiera avevano sempre dichiarato che prima di effettuare qualsiasi operazione di vendita, Alitalia avrebbe dovuto essere risanata. Il motivo era talmente ovvio e scontato che non merita di venir approfondito. Ebbene, quando in chiusura dello scorso anno il governo annunciò, decisamente a sorpresa, l’avvio della privatizzazione, Alitalia attraversava uno dei suoi peggiori momenti finanziari. Addirittura poche settimane prima dell’annuncio della privatizzazione il premier Romano Prodi aveva dichiarato “L’Alitalia vive il momento più difficile della sua storia. La situazione è completamente fuori controllo e non vedo paracadute”  era l’11 ottobre 2006, e il primo dicembre il governo condotto dallo stesso Prodi decideva di mettere in vendita Alitalia. Quindi non solo il momento sbagliato in quanto l’Alitalia  era in condizioni economiche disastrate, ma anche esternazioni di dichiarazioni delle quali si sarebbe potuto fare a meno, soprattutto se si sapeva cosa bolliva in pentola.

“PRIVATIZZAZIONE”

Sapete quale dovrebbe essere il primo significato di “privatizzazione”? Fuori la politica dalla conduzione del vettore. L’interferenza del mondo politico, una delle grandi piaghe che ha accompagnato l’agonia di Alitalia, avrebbe dovuto cessare, era questa la grande opportunità che si sarebbe potuta offrire al possibile acquirente. Ora si comparino questi propositi di principio con quanto si poteva leggere sui giornali nei mesi che hanno accompagnato la presentazione delle offerte: “il significato dell’eventuale intervento di Mps, roccaforte della finanza rossa, andrebbe oltre l’aspetto tecnico. Potrebbe essere letto come un avallo politico dai Ds alla cordata di Toto. L’imprenditore di Chieti è accreditato da mesi dell’appoggio di Massimo D’Alema, ministro degli esteri” (Il Sole 24 Ore 10 maggio 2007). O ancora : “l’elenco degli ammessi si chiude con l’Unicredit di Alessandro Profumo, banchiere vicino all’esecutivo (Ds e Romano Prodi) il quale è quindi in competizione con il suo concorrente Corrado Passera, a.d. di Intesa, vicino insieme al presidente Giovanni Bartoli soprattutto al premier Romano Prodi. Passera finanzia il piano Toto, ben visto anche dai Ds. Gode di ottime relazioni nel centro-sinistra anche Carlo De Benedetti, vicino soprattutto al sindaco diessino di Roma Walter Veltroni e al vicepresidente Francesco Rutelli” (Il Sole-24 Ore 14 febbraio 2007).
Per dirla alla Totò: alla faccia della privatizzazione…

LA DELUSIONE

Chi ha seguito le vicissitudini di Alitalia non potrà che concordare. Negli anni passati quando si iniziava a ventilare la possibilità di una privatizzazione, puntuale si riproponeva il teorema secondo il quale Alitalia faceva gola a molti concorrenti stranieri, e una sua vendita avrebbe senz’altro acceso gli appetiti di tanti pretendenti.
Ebbene, da questo punto di vista non si può non parlare di fiasco totale e completa delusione, tanto che il governo aveva deciso di prorogare il termine con la speranza di nuove offerte. Ora, di fronte ai risultati della gara, tutte le voci che negli anni passati parlavano di manovre occulte per svendere la compagnia allo straniero, in particolare tenendo conto della mancanza di offerte, improvvisamente tacciono.
La gara è durata fin troppo tempo e non è certo motivo di vanto essere arrivati alla vigilia della prima scadenza con due candidati in lizza uno di nazionalità russa, l’altro un vettore italiano rimasto sempre, insieme a Meridiana, all’ombra di Alitalia. Alla proroga del 12 luglio poi, uscita Aeroflot, erano rimaste Air One e il fondo Usa Matlin Patterson che prima aveva abbandonato, e poi è rientrato. Poi, ancora a sorpresa, si è riparlato di un rinnovato interesse da parte del fondo TPG, guidato dal texano David Bonderman, il quale è anche presidente di Ryanair. Ma alla fine anche Air One, il 17 luglio, ha gettato la spugna.

AIR ONE

“Se dovesse vincere credo che Toto correrà molti rischi nel gestire un progetto così vasto” (Il Sole 24 Ore 15 maggio 2007) così si è espresso  Wolfgang Maryhuber amministratore delegato di Lufthansa che pure è partner della compagnia diretta da Carlo Toto. I timori di Maryhuber non sono una eccezione. Sarebbe stata l’Air One che avrebbe assorbito Alitalia o quest’ultima con la copertura della compagnia di Toto si assicurava il suo futuro? Air One ha dimensioni molto più modeste dell’obiettivo a cui puntava, è una compagnia dedicata essenzialmente al corto raggio, quando tutti concordano sul fatto che il rilancio di Alitalia dovrebbe basarsi invece sul lungo raggio. Se fosse andata in porto, l’unico vantaggio nell’operazione sarebbe stato costituito dalla nazionalità di Air One la quale avrebbe risolto  i problemi che potevano sorgere con una eventuale acquisizione straniera, non ultimi quelli dei diritti di traffico.
Paradossali poi gli ultimi sviluppi sul caso “Volare” in quanto l’acquisizione di quest’ultima da parte di Alitalia è stata bloccata da un ricorso presentato proprio da Air One. Il Consiglio di Stato, confermando il Tar, ha stabilito che la gara per la cessione andava annullata. Stante però gli sviluppi sulla privatizzazione AZ e il ruolo di Air One, quest’ultima in caso di vittoria, si sarebbe trovata ad acquisire due vettori con un sol colpo. E a questo punto si sarebbero riproposti i soliti dilemmi dell’Antitrust.
Circa i precedenti di compagnie “ultime arrivate” che assorbono vettori di maggiori dimensioni vi è da ricordare il caso della brasiliana GOL che, a marzo di quest’anno, ha acquisito il vettore di bandiera Varig e i suoi 45 milioni di dollari di debito, per il prezzo di 275 milioni di dollari.  Il bilancio consolidato di Alitalia ha chiuso il 2006 con 626 milioni di euro di perdite, pari a circa 780 milioni di dollari.
Coincidenza degna di venir sottolineata, dietro l’acquisizione di Varig da parte di GOL vi è stato  il fondo di investimento Matlin Patterson, lo stesso fondo che era in lizza appunto per Alitalia.
Nel 2005 quando la Varig era entrata sotto la protezione dell’amministrazione controllata era stata venduta alla sua compagnia sussidiaria merci, la quale era controllata appunto dal fondo Matlin. Quindi nel caso di questo precedente il fondo Usa ha funzionato da “mordi e fuggi” . Se questo fondo fosse riuscito a spuntarla nell’assegnazione della gara, avremmo assistito anche qui ad una rivendita lampo dopo poco tempo?  Le clausole di protezione imposte dal Ministero vietavano una simile possibilità, ma è noto che scopo primario dei fondi in generale, è quello di cercare di massimizzare i profitti delle operazioni nel più breve tempo possibile.

LE AGITAZIONI

Mentre la privatizzazione-story si protraeva e i colpi di scena si susseguivano, i dipendenti Alitalia, forse perché residenti su altre galassie, continuavano imperterriti a dichiarare scioperi.  Certo è difficile, se non impossibile, dimostrare l’esatta correlazione fra gli scioperi e la crisi economica in cui Alitalia versa da tempo, ma forse a dirimere i dubbi, basterebbe la voce di popolo che circola sulla bocca di tutti: “ma come fanno questi a scioperare anche quando l’azienda sta per chiudere?”.  Chi avesse tempo di leggere le relazioni dei bilanci di Alitalia, troverà sempre immancabilmente frasi come questa che accompagnano il bilancio 2006: “il clima delle relazioni industriali nel corso del 2006 è venuto a connotarsi, relativamente ad alcune organizzazioni, per accenti di pesante negatività, concretizzatisi in una prolungata ed articolata serie di azioni conflittuali…nel corso del 2006 sono stati complessivamente proclamati ben 35 scioperi, dei quali 17 dichiarati illegittimi e 10 effettuati, per 152 ore complessive.”
I conflitti sindacali trovano sempre, immancabile posto nei bilanci Alitalia, ma poiché quest’ultimo è preparato dal consiglio di amministrazione, esso è visto sempre come un documento sospetto,”di parte”. Di certo è che fare scioperi anche durante una fase come quella della privatizzazione ove l’azienda è sotto scrutinio da parte di potenziali acquirenti, è una politica masochista con la quale, per dirla all’americana, si mette il “nail in the coffin” ossia si batte il chiodo che chiude la bara, l’equivalente del nostro motto “scavarsi la fossa da soli”.

ROMA-MILAN

Mentre la privatizzazione di Alitalia procedeva, il sistema aviazione Italia si dibatteva fra i suoi irrisolti problemi fra cui primeggiava sempre quello dell’antagonismo fra Fiumicino-Malpensa, su cui anche l’Alitalia di Berardino Libonati non ha preso decisioni risolutive, mentre sembra che Maurizio Prato sia deciso ad intervenire.
Quanto sta accadendo, da anni ormai, nel nostro paese nel settore del trasporto aereo commerciale costituisce un chiaro esempio di autolesionismo.
E’ la dimostrazione provata che non vi è alcuno, né a livello governativo, né a livello industriale
– leggasi vertici compagnie aeree – in grado di prendere decisioni risolutive le quali, se pur non facili nel momento della scelta, a lungo andare non possono che apportare benefici al Paese.
E’ paradossale constatare come in una epoca maniacalmente proiettata al domani, alle previsioni sul futuro, al trend e al forecast,  nel settore del trasporto aereo per il timore reverenziale di ciò che potrebbe accadere oggi se si prendesse una certa decisione, si compromette il futuro di un comparto essenziale della Nazione.
I principali nodi permangono irrisolti, mentre si continua ad attuare una politica di proliferazione dei campi aeroportuali aperti al traffico civile, la quale politica -a parte il favorire appetiti locali – non risponde ad alcun sistema pianificato di mobilità.
Visto che ormai siamo a livelli da tifo calcistico, più che dire Fiumicino-Malpensa tanta vale rifarci ai due relativi football club.
“Ora con il Roma-Washington di United Airlines, circa 150 mila passeggeri, ogni anno, potranno raggiungere la capitale degli Stati Uniti senza scali intermedi” : a pronunciare queste parole, in occasione dell’avvio del collegamento avvenuto il 2 aprile 2007, non è il direttore della compagnia aerea, bensì il Sindaco di Roma Walter Veltroni. Negli stessi giorni a Milano il vertice della Regione Lombardia, guidato da Roberto Formigoni, incontrava il sindaco di Milano, Letizia Moratti, auspicando che Malpensa restasse un hub. E non sono poche le compagnie extra UE che decidono di puntare su Milano invece di Roma, ultima in ordine di tempo la nuova compagnia degli Emirati Arabi Uniti, la Etihad che ha deciso di lanciare da settembre tre voli settimanali fra Malpensa e Abu Dhabi.
Il tutto mentre l’Alitalia “nicchia” e ufficialmente ancora suddivide la sua scarna rete intercontinentale sui due maggiori poli italiani, di fatto scontentando entrambi i contendenti.
“Secondo il protocollo d’intesa tra Adr, Alitalia e Campidoglio, la compagnia aerea doveva rifocalizzarsi sull’Aeroporto di Fiumcino, ma nonostante gli sforzi di Adr questo obiettivo non è stato seguito da fatti concreti”; a esternare le doglianze è Maurizio Basile in occasione dell’annuncio dei risultati dell’anno 2006 sullo scalo di Fiumicino, risultati che indicano come i passeggeri Alitalia siano scesi di 450 mila unità rispetto all’anno prima. Ma malgrado ciò, a Milano non si dormono ancora sonni tranquilli se è vero che appena  il 19 aprile scorso il “Comitato Malpensa” di cui fanno parte le camere di commercio di Milano, Novara e Varese auspicava che “nell’analisi di piani e strategie dei nuovi acquirenti, e non solo nel prezzo, occorre che si tenga in debito conto il ruolo decisivo che Malpensa ha per l’intero sistema Italia”.
Ecco, leggendo l’ininterrotto susseguirsi di queste dichiarazioni, si potrebbe avere l’impressione che i due contendenti in questione non risiedano in un unico Stato, bensì appartengano a due differenti nazioni in contrasto tra loro: ad altra conclusione non si può non pervenire tenendo conto dei tempi biblici che contraddistinguono la vicenda, alla polemica che è venuta crescendo, e alla vivacità dei toni usati.

LA  SUDDISIONE DEI VOLI LUNGO RAGGIO/MEDITERRANEO DELL’ALITALIA FRA ROMA E MILANO

ACCRA        Milano
ALGERI        Milano        Roma
BANGKOK                Roma
BEIRUT        Milano
BOSTON        Milano        Roma
BUENOS AIRES    Milano        Roma
CAIRO            Milano        Roma
CARACAS        Milano        Roma
CASABLANCA        Milano        Roma
CHICAGO        Milano
DAKAR        Milano
DAMASCO        Milano
DELHI            Milano
DUBAI            Milano
ISTANBUL        Milano        Roma
KIEV            Milano
LAGOS            Milano
MIAMI            Milano
MINSK            Milano
MOSCA        Milano        Roma
MUMBAI        Milano
NEW YORK        Milano        Roma
OSAKA        Milano
SAN PAOLO        Milano
SAN PIETROBURGO    Milano        Roma
SHANGAI        Milano
TEHERAN        Milano
TEL AVIV        Milano        Roma
TOKYO        Milano        Roma
TORONTO        Milano        Roma
TRIPOLI        Milano        Roma
TUNISI            Milano        Roma

Fonte: Orario Ufficiale Alitalia estate 2007

Circa la questione dei voli a lungo raggio, val la pena approfondire l’analisi. L’Alitalia, secondo quanto pubblicato sul suo orario estivo 2007, vola con propri aerei su 18 destinazioni definite intercontinentali (riportate in neretto nella nostra tabella): una rete decisamente modesta.
A queste 18 destinazioni abbiamo voluto aggiungere anche le rotte internazionali extra UE e abbiamo voluto esaminare da quale dei due scali in questione originassero i collegamenti.
Ebbene, la tabella  pubblicata mostra senza possibilità di equivoci che tutti i voli intercontinentali, eccettuato il collegamento per Bangkok, fanno capolinea a Milano. Ma il particolare inquietante è che su sei di essi un volo aggiuntivo, per la stessa destinazione, parte anche da Roma; quindi uno sdoppiamento di servizi per non scontentare i contendenti; stesso appunto per i voli internazionali. In realtà i collegamenti multifrequenza di cui l’Alitalia dispone sulla tratta Roma-Milano permetterebbero di operare tutti i voli intercontinentali da un unico hub, istituendo servizi in coincidenza per lo scalo-capolinea, dall’altro aeroporto.
La diatriba quindi continua, ed è destinata a contrassegnare gli ultimi giorni di vita dell’interessata.
Infatti mentre i due contendenti si accapigliano fra loro,  le condizioni di Alitalia continuano a peggiorare sempre più tanto che Vito Riggio, presidente Enac, è arrivato a definire l’Alitalia “clinicamente morta”.
Tutto sommato poi le rotte che Fiumicino e Malpensa si contendono non sono certo così tante, almeno se teniamo conto che stiamo parlando di quello che una volta era uno dei principali vettori aerei a livello mondiale.
La lista da noi elaborata, nella quale abbiamo evitato di includere quelle destinazioni le quali, se pur riportate nell’orario Alitalia, non sono però servite da aerei Alitalia bensì  da altri vettori in code sharing, mostra chiaramente il perdurare dell’ambiguità  sulla politica adottata dal nostro principale vettore.
Per non scontentare nessuno, qualche collegamento su uno, un poco sull’altro.
Inutile dire che l’indecisionismo favorisce i vettori stranieri, quegli stessi stranieri che nei momenti delle privatizzazioni tutti vorrebbero tenere alla larga, ma che di fatto poi ,con le nostre politiche sbagliate, finiamo per favorire al massimo.
Se ora Maurizio Prato vorrà finalmente prendere una decisione in merito, prepariamoci all’armageddon finale, perché malgrado le condizioni in cui versa l’Alitalia, il contendente scartato non perderà occasione per fare fiamme e fuoco contro la scelta.

E ORA?

Spenti i riflettori sulla gara voluta dal Ministero del Tesoro, azionista di maggioranza di Alitalia, con relativo dimissionamento di Libonati che avrebbe dovuto fungere da notaio nella fase di cessione, quali le possibili vie che si prospettano ora al nuovo presidente Maurizio Prato?
Qui entriamo nelle notizie dell’ultimo momento le quali rischiano appunto di essere già superate nel giro di pochi minuti.
Limitiamoci quindi a dire che Prato sta puntando verso una ristrutturazione  per l’occasione denominata “efficientamento della struttura”, con l’intento di trovare un partner-acquirente. L’unico punto fermo dell’intera vicenda è per il momento la volontà di vendere Alitalia, la quale pertanto verrà ceduta nel momento peggiore, senza che alcuno dei numerosi comandanti che si sono succeduti sia riuscito a rimetterla in condizioni appetibili.

Antonio Bordoni