Vi è un silenzio assordante proveniente dal mondo delle aerolinee; forse una prova evidente che l’industria del trasporto aereo commerciale è entrata definitivamente nell’orbita della nuova finanza. Una volta nei testi di business aereo si leggeva che questo settore aveva la caratteristica del “capital intensive”, oggi fermo restando questo assunto si legge anche che esso è “profit motive” , ma d’altra parte anche senza questa conferma ce ne eravamo già accorti da soli.

Ed è indubbio che quando si mira soltanto al profitto anteponendo questo alla qualità del servizio, alla utilità che può dare  un servizio pubblico, o addirittura alla bandiera, poco interessa fornire un prodotto trasparente.

E infatti tutto si può dire oggi dell’industria del trasporto aereo tranne che essa sia limpida e coerente. Abbiamo abbondantemente trattato su queste colonne dello “scandalo delle YQ” o dei tranelli che sono dietro ai codesharing agreement o al fatto che le tariffe di oggi sono più complicate rispetto a quelle dei tempi del cartello Iata.

In questo intervento vorremmo invece trattare di uno specifico aspetto che forse più di altri dimostra come le teorie economiche della nuova finanza hanno trovato applicazione in questo settore provocandone una sua indubbia trasformazione.

Si prenda qualsivoglia servizio di approfondimento sull’aviazione civile, uno dei tanti che vengono diffusi dai mass media, e si valuti attentamente chi è chiamato a parteciparvi.

Una volta quando le compagnie aeree in via primaria producevano un servizio di trasporto pubblico, erano i suoi direttori generali, erano i propri responsabili finanziari o dirigenti di alto rango a uscire allo scoperto e fare dichiarazioni fornendo lumi su un particolare aspetto dell’aviazione di cui appunto si stava trattando.

Questa era la ovvia conseguenza del fatto che la compagnia veniva gestita e condotta da personaggi professionalmente nati e cresciuti all’interno del mondo del trasporto aereo e, come tali, in grado di sostenere un confronto ed esprimere una autorevole opinione.

Oggi a fornire commenti su come sta andando una compagnia aerea vengono chiamati  i docenti del marketing dei trasporti delle Università di grido oppure, altra variante sul tema, gli analisti degli istituti bancari o consulenti di società di studi e ricerca.

Ebbene un filo comune lega tutti questi personaggi: la loro esteriorità al mondo operativo delle compagnie aeree. Ovvero, per dirla più chiaramente, un mondo dell’aeronautica vissuto “da fuori” analizzando dati e risultati, ma non basato su esperienze dirette di “front line”.

 Sia ben chiaro che con questa nostra osservazione non vogliamo affatto denigrare l’eccellente lavoro che talvolta viene fatto su quel fronte dai soggetti suindicati, quanto piuttosto ci preme mettere in evidenza la “ritirata” o la scomparsa di quelle persone-chiave dei vettori aerei che una volta invece erano loro a condurre i giochi e a “esporsi” in dichiarazioni o interviste.

Dalle parole ai fatti: andatevi a rileggere i principali quotidiani quando questi per anni ci hanno tormentato con l’indecente confronto fra Fiumicino e Malpensa il cui oggetto del contendere era dove Alitalia avrebbe dovuto collocare il capolinea dei servizi a lungo raggio.

Scoprirete che in tutti gli anni in cui il tormentone imperava, i mass media ospitavano commenti di sindaci, di comitati promotori o di comitati contrari, di analisti, di teorici del trasporto aereo: tutti venivano interrogati e citati ma chi clamorosamente era assente erano proprio i diretti interessati, ovvero un qualcuno dell’Alitalia che esprimesse un punto di vista della compagnia.

In quella occasione per udire qualche parola di buonsenso proveniente da “tecnici” del mondo delle aerolinee, abbiamo dovuto aspettare la visita a Roma di Jean-Cyril Spinetta, ceo di Air France, il quale durante uno dei primi approcci che la compagnia d’oltralpe ebbe con AZ,  pronunciò delle chiare parole che già da tempo qualcuno di Alitalia avrebbe dovuto esternare e cioè credevo che normalmente fossero le aerolinee a decidere dove piazzare i loro servizi e non gli aeroporti.

Comunque ormai è il caso di metterci l’anima in pace: per avere una qualche notizia di come sta andando Alitalia bisognerà attendere che qualche istituto di ricerca o qualche analista finanziario ci fornisca lumi in merito, questo è il nuovo mondo dell’aviazione civile.

Antonio Bordoni