Lo scorso agosto Star Alliance ha emesso un comunicato stampa che a nostro parere avrebbe meritato una più ampia diffusione; nel suo testo, questa la frase clou su cui riflettere:  “con la nostra decisione di mettere in stand by il processo di integrazione speriamo di contribuire a dare la flessibilità a Air India che le permetta di concentrarsi sul suo ripensamento strategico in corso”. A metà ottobre sono ripresi gli incontri fra vettore e alleanza, ma nulla, per il momento, è trapelato: l’Air India è ancora in lista di attesa prima di venir imbarcata.

La storia è intrigante sotto diversi aspetti, non ultimo di certo il particolare che non capita tutti i giorni che una alleanza chiude la porta ad una aerolinea una volta appartenente al novero delle grandi dei cieli, e che oggi vola pur sempre su una settantina di destinazioni.

Per chi si chiedesse il perché dell’avvicinamento di Air India proprio su Star Alliance bisogna ricordare che nel marzo del 2009 la compagnia indiana decise di stabilire su Francoforte il suo principale hub per i collegamenti verso gli Stati Uniti.

Una scelta anch’essa alquanto particolare se teniamo conto dei legami con il Regno Unito e del fatto che da sempre l’Air India aveva su Londra il suo trampolino di lancio per gli Usa.

Ma l’idillio non è durato molto in quanto il 30 ottobre del 2010 venne presa la decisione di chiudere Francoforte “per la qualità che ci danno, Francoforte è troppo caro” dichiarò nell’occasione il Chief Operating Officer, Gustav Baldauf.

Altro particolare che può sorprendere circa l’esclusione di un’aerolinea è dato dal fatto che secondo quello che viene dato ad intendere, più l’alleanza è grande, di più membri essa dispone e più essa, almeno in teoria, diventa importante sul mercato e nei confronti dei concorrenti, ovvero delle altre due alleanze, dal momento che come ben sappiamo sono tre le alliances che attualmente si sono spartite il mercato dei cieli.

In realtà i motivi per cui un vettore si può vedere preclusa l’entrata in questi club sono molteplici. Vediamone alcuni in dettaglio. Innanzitutto l’alleanza potrebbe già disporre di collegamenti aerei per quelle destinazioni che sono servite dal nuovo entrante e quindi l’entrata in scena di quest’ultimo non coinciderebbe con i piani di espansione del network complessivamente servito.

Scopo primario delle alleanze è infatti quello di offrire la globalizzazione dei collegamenti, pertanto in questa ottica ciò che serve non è una duplicazione dei servizi già esistenti quanto una ulteriore espansione che può essere data solo dall’aumento del numero delle città servite.

Il 22 maggio 2010 un Boeing 737 di una compagnia controllata sussidiaria, la Air India Express, è incorso in un grave incidente sull’aeroporto di Mangalore che ha causato 158 vittime fra i 166 occupanti. L’incidente ha avuto pesanti strascichi sull’opinione pubblica in quanto dalle risultanze dell’inchiesta è scaturito che il comandante su una durata complessiva del volo di 2 ore e 5 minuti aveva dormito 1 ora e 40 minuti, si era quindi svegliato poco prima della fase di atterraggio e ciò -avverte il rapporto- “possibly led to impaired judgment”.

 

L’equipaggio, in poche parole, non avrebbe avuto il tempo di coordinare e programmare, come avrebbe dovuto, la delicata fase dell’avvicinamento e atterraggio.

Anche se non verrà mai ammesso, i problemi di safety possono ben rappresentare un altro motivo per mettere in lista di attesa un vettore prima della sua entrata in una certa alleanza, e questo appunto non riguarda ovviamente solo Air India.

 

Un terzo motivo è senz’altro quello finanziario. Entrare in una alleanza, ad esempio, significa equiparare i propri sistemi informatici a quello predominante nel gruppo e per una aerolinea che non abbia le dimensioni di una major non è affatto fuori luogo chiedersi se i costi dell’integrazione eccedano i benefici che si possono trarre.

 

Da questo punto di vista dobbiamo ricordare che un’altra compagnia indiana in questi giorni sta rinegoziando i suoi debiti con le banche ed è assai improbabile che la Kingfisher, da tempo anch’essa nella lista dei “members elect” per entrare in Oneworld veda coronare la sua candidatura.

 

In pratica, è tutta l’aviazione civile indiana che sta attraversando un momento molto delicato.

 

La Kingfisher, come detto, sta rinegoziando i suoi debiti con le banche (226 milioni di dollari di perdite nell’ultimo esercizio finanziario); la Jet Airways dopo aver perso nel 2009 103 milioni di dollari ha chiuso il 2010 con 2.140.000 dollari di profitto, l’Air India sempre nel 2010 ha dichiarato un rosso di 1.233.766.000 dollari.

 

Se il mercato indiano da un punto di vista del numero passeggeri è senz’altro un mercato in espansione, evidentemente i risultati dei bilanci dei suoi principali vettori invitano a riflessioni e cautela, anche e soprattutto quando si tratta di venir ammessi in una alleanza.

Per il momento sia Kingfisher nei confronti di Oneworld, come Air India nei confronti di Star Alliance rimangono ancora in lista di attesa.

 

Antonio Bordoni