Di Liliana Comandé.

L’agente di viaggio, con la sua attività, può fare da volano per una migliore conoscenza delle realtà sconosciute, aprire le porte dell’’altra Italia’.

Metti un mare smeraldo sotto un cielo turchese, uniscilo ad una terra verde e fiorita, con tanto semi variopinti, quelli della storia, dell’arte e del mistero: ed ecco l’Italia, paese dai mille appellativi, da “Belpaese” a “Museo a Cielo aperto”. E’ tutto vero? Certo. E’ altrettanto fruibile? Abbiamo qualche dubbio. Peccato. E’ colpa un po’ di tutti se gli italiani intendono il turismo solo come “sciacquarsi” al mare, oppure fare qualche camminata sulle balze dolomitiche nei due mesi del gran caldo estivo.
Tutto qui. L’Italia, per lo più, è considerata solamente per il mare, per la montagna e per poche città d’arte (anche se ogni grande città italiana ha le sue bellezze e peculiarità.).
Ma l’occasione è opportuna per affondare il dito sulla piaga, quella del rapporto tra enti pubblici, quelli preposti al turismo e gli altri ai Beni culturali, che non dialogano e, l’altro, non meno importante, del rapporto tra autorità nazionali e coloro che debbono vendere il “prodotto Italia”, cioè le agenzie di viaggio.
Certo, il Belpaese meriterebbe ancora oggi questa qualifica se gli archeologi che hanno scoperto un monumento, una villa romana, una città antica o una necropoli, invece di pubblicare la novità sui bollettini superspecializzati e riservati a pochi addetti, divulgassero la cosa coinvolgendo autorità comunali, regionali e considerando gli agenti per quello che sono: venditori di un prodotto che attiva meccanismi economici, oleando gli ingranaggi di quella che è universalmente conosciuta come “industria delle vacanze”.
C’è un problema di informazione ma anche di formazione.
L’agente di viaggio, con la sua attività, può fare da volano per una migliore conoscenza delle realtà sconosciute, aprire le porte dell’’altra Italia’.

Sì, perché da noi sembrano esistere due Italie quella delle città d’arte per eccellenza e conosciute in tutto il mondo e l’Italia dei cosiddetti centri minori, che minori non sono a nessuno.

C’è un Belpaese, pieno di ricchezze sconosciute, per il quale bisognerebbe azionare la leva che attiva i grandi circuiti turistici,  incentiva la realizzazione di tour coinvolgendo guide, pullman, bar, ristoranti, alberghi, negozi di ogni genere, taxi etc… e, dunque, aiuta a creare posti di lavoro, facendo del turismo la linfa vitale della nazione.

E, soprattutto, in tempi come questi, il turismo è l’unica industria che è ancora da sviluppare e che può consentire di far entrare denaro prezioso nelle nostre disastrate e prosciugate casse dello Stato.

Ci vuole, però, anche la formazione per aiutare gli agenti di viaggio a guardare un po’ oltre il proprio naso, prepararli ad essere ottimi presentatori di quel mondo che tutti sognano quando pensano alla vacanza.

Quale? Non certo solo quella dell’estate. L’industria del turismo, se attivata, lavora tutto l’anno per regalare felicità all’ospite, benessere al territorio e soldi ai “forzieri”dell’Erario!

Noi, per nostra sfortuna, non abbiamo i pozzi di petrolio, e non possiamo contare sulle entrate derivanti dall’esportazione del greggio. Il nostro territorio, purtroppo, non può trarre profitto da questo prodotto.
Noi, però, per nostra grande fortuna, abbiamo un petrolio ben più prezioso dell’oro nero perché non si prosciugherà mai, ed è il turismo. Abbiamo la fortuna di vivere in un  paese talmente ricco di bellezze artistiche, architettoniche, culturali, arecheologiche, paesaggistiche e naturalistiche da far invidia al mondo intero. Non ne abbiamo alcun merito, sia chiaro, ma ci ritroviamo a vivere in una delle nazioni più belle della terra.

Su questa risorsa, se fossimo in un paese “normale” governato da gente in grado di ragionare per il bene della nazione, bisognerebbe puntare tutto. Il Turismo dovrebbe essere sviluppato al massimo e promosso come il bene più prezioso che abbiamo, perché è realmente il nostro gioiello più importante.

Il problema è che non siamo neppure capaci di proteggerlo (basta vedere quello che è successo  a Paestum!!”!), né di avere capacità tali da venderlo sul mercato nazionale ed estero per quello che è: un tesoro unico da sfruttare per il benessere economico della nostra nazione.

Mi sorge un grosso dubbio: ma noi siamo una nazione? E abbiamo anche chi si occupa (e preoccupa) di non farci precipitare ulteriormente nel gradimento dei turisti?

Siamo sicuri di non essere in un paese stupidamente individualista nel quale ognuno zappa il proprio orticello  – governanti compresi – e non si accorge che, unendo le proprie forze, si avrebbe più raccolto faticando di meno.

Ma siamo tanto maturi da comprenderlo? Io credo, e lo affermo con grande dispiacere, che ancora non siamo diventati adulti.

Mi auguro che, quando e se lo diventeremo, non sarà troppo tardi per porre rimedio al qualunquismo e al “menefreghismo” dimostrato fino ad oggi!

p.s. A proposito, qualcuno di voi ha visto e sentito parlare il nuovo ministro del turismo Dott. Gnudi? A me non risulta…ma potrei non aver visto qualche telegiornale. Se anche lui continuasse a fare il “ghost”, credo veramente che siamo andati dalla “padella alla brace”! Dal presenzialismo inconcludente della Brambilla, credo che, forse, siamo capitati nelle mani sbagliate anche questa volta. Nulla si è fatto prima per il settore e nulla, ritengo, verrà fatto anche con questo Ministro. La sua “latitanza” è molto preoccupante…Anche noi saremo costretti ad avere una “primavera italiana” per far sentire e vedere che esistiamo? Non la faremo con le armi, questo è certo, ma stavolta, se le cose non prenderanno una piega diversa, saremo costretti a fargliela prendere noi!

 

Liliana Comandé