Una cosa del genere non mi era mai successa, eppure sono 25 anni che viaggio all’estero e oltre 23 che prendo aerei per raggiungere i quattro angoli del mondo. Mai un problema o un intoppo. Fino a venerdì 26 giugno 2009 quando, pur in possesso di un regolare biglietto KLM per Detroit e poi Saint Louis (prenotato, confermato e pagato nella prima metà di maggio), sono rimasto a terra al Terminal T5 dell’aeroporto Leonardo Da Vinci di Roma. Arrivo a Fiumicino alle 10 del mattino, mi attende l’ennesimo viaggio per gli Stati Uniti, questa volta per un’occasione speciale: fare da testimone al matrimonio di un caro amico a Saint Louis. Quando arrivo al terminal leggo sul display che il volo KL 6049 per Detroit delle 12,45 è stato ritardato alle 13,30. Ingenuamente penso ce ci sono da attendere 45 minuti in più: avrei potuto prendermela comoda. Passato il primo controllo mi reco ai banchi della compagnia per il check-in. Alle 10,30 circa (tre ore prima della partenza, dunque) sono al desk dove consegno il passaporto e il biglietto elettronico. In questo momento iniziano i problemi e una mattinata d’inferno tra attese, rimpalli, superficialità, indifferenza e incompetenza. La gentile hostess mi dice che il mio nome non le appare sul display. Dopo una ricerca trova il mio biglietto con annesso codice di riferimento, ma è scomparsa la prenotazione e non può quindi procedere con la spedizione del bagaglio e l’emissione del boarding-pass. Ma che significa “il biglietto c’è , manca la prenotazione?” La compagnia ha preso i miei soldi un mese e mezzo fa. E da allora ha sempre dato HK. Vengo invitato con  grande gentilezza e qualche imbarazzo a farmi da parte per far passare gli altri, in attesa che possa intervenire qualcuno <più in alto> a risolvere la situazione. Le hostess sembrano le sole a preoccuparsi della situazione, nell’indifferenza della responsabile del volo che, anzi, davanti ai miei occhi le rimprovera in maniera burbera, con modi da <caporale>, e le invita a non perdere tempo con me. Di lei si perderà ogni traccia, fino alla chiusura del volo, fatta senza di me. Non sono un passeggero con un problema (non causato da me, come verrà confermato da tutti successivamente: non sono in ritardo, il passaporto è in regola, così come il biglietto) ma un fastidio da marginalizzare.

A questo punto un’altra hostess mi accompagna alla biglietteria della Delta, dove il mio caso passa alla signora Stefania Azzarone, amministratore delegato di Consulta, la società esterna alla quale è stato affidato il servizio biglietti e check-in dalla Klm e delle altre compagnie collegate per il Nord America. La signora comincia a guardare il terminale, fa qualche telefonata ma non sembra dare l’impressione di sapere bene cosa fare e come muoversi per individuare il problema, o almeno trovare una soluzione, un’alternativa in tempo utile per farmi partire su quell’aereo o su altri per giungere in tempo a destinazione. Continua a ripetere che c’è un problema con il biglietto, cerca di attribuirne la causa all’agenzia di viaggi. Allora la metto in contatto con il mio agente che insiste nell’affermare che è tutto regolare e che la situazione è surreale (anche questo verrà confermato dal personale il loco, dalla responsabile della biglietteria di Air France al terminal B e dallo stesso Rohan Patell della Klm. Compagnia che, tuttavia, ha gran parte della responsabilità di quanto accaduto). La signora Azzarone, infatti, chiama il signor Patell ad Amsterdam che le dice che la mia prenotazione è stata cancellata il giorno prima. Ma come? Da chi e perché? Nessuna spiegazione. Da Amsterdam dicono che si sarebbero informati e avrebbero richiamato dopo pochi minuti, ma anche di loro si perdono le tracce. Non arriva nessuna chiamata, né sarà più possibile ricontattarli da Roma. Nessuno risponde alle ripetute telefonate.

 

Intanto il tempo passa inesorabile, in piedi davanti alla biglietteria, non dico una parola nonostante sia stato invitato ad arrabbiarmi. Ho un sacro rispetto per il lavoro, cerco di non mettere pressione confidando nelle capacità e nella professionalità delle persone che gestiscono un sistema importante e serio (illusione d’altri tempi, probabilmente) come quello del trasporto aereo. Non stiamo mica parlando di un mercato rionale, con tutto il rispetto per quest’ultimo. In cambio non ricevo alcuna assistenza, né una spiegazione, un sorriso o una parola di conforto. Tutto viene gestito con lenta freddezza, quasi con indifferenza e rassegnata fatalità: se non riuscirò a partire non è un  problema loro. Nessuno comincia a pensare alla “protezione” su di un altro volo. In questo momento ci sarebbe ancora il tempo per farlo. Chiedo persino se ci sono posti in Business e che sono disposto a pagare la differenza pur di partire: “non si può, manca la prenotazione”, la risposta dell’a.d. di Consulta. Probabilmente il mio posto sull’aereo non c’è e non c’era nulla da fare sin dal principio. Tutto quel che è seguito è stato un teatrino per perdere tempo. Quando accenno al fatto che ci troviamo davanti ad un problema di overbooking la signora Azzarone risponde che “le agenzie di viaggio fanno terrorismo con la storia dell’overbooking, che è comunque una pratica legale che prevede una protezione”. E infatti, quando sarà ormai tardi, la compagnia KLM finalmente si ricorderà di farlo, ma risulterà un’ulteriore perdita di tempo e una presa in giro finale. Intanto il tempo scorre e alla chiamata da parte della responsabile del volo, un impiegato al desk Delta (credo si chiami Giovanni), dà l’ok per la chiusura del volo: “qui in biglietteria non c’è più nessuno, si può procedere”, le sue parole pronunciate davanti a me. Rimango allibito. Chi sono, un fantasma? Infatti, lo ringrazio per la considerazione, ricevendo un cambio uno sguardo cupo, quasi minaccioso.

 

Liberato da altre questioni, finalmente si occupa di me il terzo impiegato della biglietteria, il signor Maurizio Sannibale, che in precedenza aveva risolto il “difficilissimo” (per gli altri due) caso del biglietto perso da un passeggero americano (in un perfetto inglese, al contrario degli altri) e di cui i colleghi non riuscivano a venire a capo. Vede il mio nome sul suo computer e… sorpresa: “per me questo biglietto è regolare e si può emettere tranquillamente”. Una terribile beffa dopo tre ore e mezza di ansiosa attesa. Ma come si può fare? E’ quello che io e il mio agente stiamo dicendo da ore, inascoltati. Ne nasce una piccola discussione con la signora Azzarone: “ma non c’è la O, c’è la A”. “Ma questo è un problema della compagnia non del cliente – risponde perentorio il signor Sannibale – Io emetto il biglietto e sarà premura di Consulta confermare subito la prenotazione per il ritorno”. Finalmente l’intervento di una persona professionale e competente, che non vede problemi dove non ci sarebbero e, nel caso, li risolve. Quello che occorrerebbe in un sistema delicato e importante come quello del trasporto aereo (come era una volta e non è più).

 

Soltanto in questo momento ricompare la responsabile del volo, che con fare altezzoso, sembra finalmente interessarsi al mio caso. Oltre due ore dopo. Fa riaprire il volo ed emettere i biglietti. Nonostante tutto stringo le mani e ringrazio. Sembra fatta. Corro con i bagagli al check-in dove una hostess e uno stuart sono rimasti ad aspettarmi. Digitano il mio nome e… ancora nulla, non compare. Non arriva la trascrizione dalla biglietteria. Chiamano, sollecitano, dall’altra parte nessuna risposta o un  impegno in prima persona. Siamo soli e abbandonati, io e i due giovani addetti al chech-in. Sono anche loro ansiosi e preoccupati insieme a me. Digitano in continuazione il mio nome, ma niente. Mi sorridono, sono gentili. L’unica cosa gradevole in tutta questa vicenda. Alla fine arriva la comunicazione che l’aereo è in partenza, senza di me. Forse si è trattato soltanto di una messinscena. Torno sconsolato alla biglietteria, dove intanto la responsabile che pochi minuti primi si era presa i miei ringraziamenti (“si figuri”, aveva detto, bontà sua) è scomparsa. Per lei il lavoro è finito. Con un passeggero regolare lasciato a terra senza un motivo né una spiegazione. Cosa importa? Non siamo passeggeri di cui prendersi cura, ma polli da batteria.

 

A questo punto, e siamo oltre le 13,30, viene in mente la protezione sul volo per Amsterdam (partenza alle 14, 30!!!) per poi andare a New York e ripartire la mattina successiva da Newark e arrivare alle 10,15 a Saint Louis, di corsa ma in tempo per il matrimonio. Ok – dico – procediamo. Anche se guardo dubbioso e preoccupato l’orologio. La signora Azzarone, quindi, comincia a compilare a mano i tre biglietti per il nuovo tragitto, con una lentezza esasperante, trovando anche il tempo per accogliere altre telefonate. Faccio presente la situazione, chiedo di sapere intanto il desk per il nuovo check in per guadagnare tempo: “vada al termianl B e poi guarda sul display”, la risposta “professionale” dell’amministratore delegato di Consulta, la società che gestirà in aeroporto i viaggi di migliaia di passeggeri nel prossimo futuro. Ma come, siamo sul filo del rasoio e ricevo questa risposta approssimativa? Ancora una volta interviene il signor Sannibale, che ormai credo abbia perso anche lui la pazienza e finisce di compilare i biglietti. E siamo alle 14!! Nessuno chiama il gate del volo per Amsterdam per avvertire del mio arrivo in ritardo, né viene chiamato un mezzo per accompagnarmi. Prendo i miei bagagli e mi precipito fuori, dove in assenza di taxi devo attendere lo shuttle che mi riporta alle partenze internazionali. Mi precipito al terminal B, come indicatomi, guardo sul display le partenze per la capitale olandese, corro al banco, ma quando arrivo, un  giovane, bravo e gentile stuart vede i biglietti compilati a mano e capisce che non devo aver trascorso una bella mattinata, dà uno sguardo e dice:”questo volo è operato da Alitalia e parte dal terminal A, ma ormai è tardi”. No, questo è troppo, ma non lo sapevano quelli di Consulta? Ma in mano a chi stiamo dando questi servizi? E’ questo il futuro del trasporto aereo, esternalizzato, precarizzato e soprattutto de-professionalizzato? Con le compagnie che vogliono risparmiare e le società esterne guadagnare a danno dei lavoratori e dei passeggeri? Lo stuart mi accompagna di corsa al desk di Air France lì di fronte, dove una signora conferma che per la giornata non c’è più nulla da fare, devo aspettare domani. Dovrei quindi chiedere ai miei amici di spostare le nozze? Dico che non mi interessa più partire. Sono le 14,30 e sono stanco, non mangio dalla mattina e non bevo dalla sera precedente. All’ansia si è sostituita la demoralizzazione. Voglio soltanto tornare a casa e rimandare al giorno seguente ogni considerazione. Ma prima arriva l’ultima presa in giro. La signora di Air France mi dice che il mio biglietto era valido e che sarei dovuto partire regolarmente e senza problemi per Detroit, soltanto che lei è stata interpellata troppo tardi. Eppure di telefonate alla signora Azzarone ne ho viste fare molte. “Ma lei si rende conto – dico sconsolato – che è tutto regolare e io sono a terra a parlare con lei?”. “Faccia i suoi passi – mi risponde – per il rimborso, partendo dall’agenzia di viaggi”. Game over!!! Riprendo il Leonardo Express e il treno per Latina e torno a casa.

 

Il giorno dopo, sabato 27 giugno, dovrei essere negli Stati Uniti, con il mio smoking e le fedi al fianco del mio amico in chiesa a fare da testimone, oppure in Messico con la mia compagna per un viaggio stampa, e invece ritorno al terminal T5 per le spiegazioni non avute il giorno prima (e che non sarei riuscito ad avere neanche in questa occasione). Il signor Sannibale resta sorpreso nel vedermi, pensava fossi riuscito a prendere il volo per Amsterdam, gli faccio presente che sarebbe  stato materialmente impossibile e gli elenco tutti gli altri disguidi e le informazioni sbagliate e, da competente quale è, si rende immediatamente conto che ho ragione. Con la sua gentilezza e professionalità (e un pizzico di umana simpatia) si mette a disposizione, nonostante la lunga fila di persone al banco, dove c’è una grande confusione di persone con biglietti elettronici in mano. Evidentemente il mio non è stato un caso isolato. Questa volta al computer non ci sono quelli di Consulta ma direttamente il dottor Patell, quelli di Klm e di Delta, a cercare di sbrogliare la matassa. Mi metto da parte e aspetto di essere convocato per parlare. Come detto, io rispetto sempre chi lavora. Appena può, Patell si libera e cominciamo a parlare. In inglese mi dice che è dispiaciuto del disguido, spiega che ancora non è in grado di fornire una “completa spiegazione di quanto è accaduto”. Ma io la voglio – sottolineo – come passeggero e come giornalista, perché quello che è successo a me potrebbe accadere ad altri (probabilmente stava accadendo proprio in quel momento a pochi centimetri da me ai passeggeri che ascoltavano interessati al colloquio). Mi viene chiesto se voglio partire, ovviamente no, farei in tempo soltanto a salutare gli sposi in partenza per il viaggio di nozze. Allora mi offrono un coupon per un altro viaggio con Klm. Dico ancora di no, perché non conosco le mie decisioni future. Infine mi dicono che mi rimborseranno la somma del biglietto e io rispondo che lo esigo, ma mi riservo anche di agire legalmente per un risarcimento del danno e ogni azione per il rispetto dei miei diritti e di quelli degli altri  viaggiatori. Il signor Patell è gentile, chiede ancora scusa e spiega: “il sistema in sinergia con Consulta al T5 è appena partito (tre settimane) e ci sono problemi”. Faccio notare che la colpa non è delle hostess al check.-in e che il tutto è originato dalla cancellazione della mia prenotazione da parte della compagnia. Sicuramente la questione è stata gestita malissimo in aeroporto, dove mi sono interfacciato con l’amministratore delegato di Consulta, non con una semplice impiegata, magari interinale. Faccio presente allo stesso Patell che tornerò a chiedere spiegazioni sia a Klm che a Consulta, fino a quando non le avrò ottenute e lo metto al corrente della professionalità  del signor Maurizio Sannibale, il quale sottolinea:  “noi non possiamo intervenire nelle vicende della compagnia, ma possiamo dire che lei ha ragione!” Lo saluto con una stretta di mano, come faccio con il dottor Patell. “I am so sorry”, mi dice. “It is ok”, le mia risposta. Andando via incontro i ragazzi e le ragazze (precarie) del check in e ci salutiamo con un sorriso reciproco. A loro non posso che augurare di nuovo un “buon lavoro”, in tutti sensi.

 

P.S. Ho inviato una lettere al “customer care” della KLM 2 settimane fa chiedendo il risarcimento dei danni subiti. A tutt’oggi non ho ancora ricevuto una benché minima risposta. Perché lo chiamano Customer care?

Angelo Sessa