A cosa serve una compagnia aerea? Ad assicurare i collegamenti che necessitano in via primaria alla nazione che rappresenta.
Dal momento che noi abbiamo fatto del nostro paese un colabrodo dove tutti possono venire, aprire servizi e sostituirsi a quei collegamenti che una volta venivano assicurati in via privilegiata dalla compagnia di bandiera e contemporaneamente venivano aperti ad altri (reciprocità); dal momento che nel corso di questi ultimi anni -grazie alle interminabili interferenze politiche- di questo vettore si è fatto un bollito o uno spezzatino, ognuno si scelga il termine che più gli aggrada, in tali disastrate condizioni operative in cui si è ridotto ad operare quello che una volta era un signor vettore.
Che senso ha oggi continuare a tirare fuori frasi logore, stantie che sanno tanto di ipocrisia quanto di naftalina, circa l’italianità o la volontà di non svenderla, o termini similari assolutamente privi di alcun significato pratico? Dell’italianità ce ne saremmo dovuti ricordare quando eravamo ancora in tempo per mantenere alte le posizioni raggiunte da Alitalia.
E allora, per quanti anni dovremo ancora assistere alla sceneggiata dell’ultimo nominato che ci ripete la storiella della scommessa sull’utile (o sul pareggio) che quest’anno si farà ? Noi abbiamo da parte tutti i ritagli dei giornali di questi ultimi decenni i cui titoli sull’argomento in questione se letti in sequenza sembrano più adattarsi ad una comica che non a una compagnia aerea che una volta incuteva timore ai suoi concorrenti.
Ma a voi pare normale che ogni volta che Alitalia richiede un aumento di capitale, e proprio in questi giorni il rito si ripete, nello stesso articolo si deve leggere che questa sarà solo “una temporanea boccata d’ossigeno” ? Cosa significa un tale avvertimento? Si stanno informando i lettori che anche se l’aumento avverrà, fra pochi mesi saremo nuovamente al punto di partenza? Ma allora per quale motivo poi quando qualche partner straniero si avvicina ad Alitalia compaiono articoli dai quali si evince che si è contrari al fatto che la nostra compagnia venga controllata da altri? E come si fa a precisare che si tratta di una temporanea boccata di ossigeno e poi fingere di meravigliarsi se AF/KL non vogliono sottoscrivere gli aumenti di capitale? Fateci capire per favore a quale obiettivo stiamo puntando. E vi pare normale inoltre che il management chiamato a guidare la compagnia fuori dallo stallo venga cambiato a getto continuo?
Certo con questi presupposti non desta affatto meraviglia che in apertura di ogni anno Ryanair “ci riprovi” e dobbiamo così assistere allo scambio di comunicati, con tanto di intervento da parte dell’ente nazionale sull’aviazione civile, se è vero o meno che la compagnia Ryanair ha superato il numero passeggeri trasportati da Alitalia.
Nel bilancio di Alitalia al 31 dicembre 2012 la compagnia dichiarava un totale flotta operativa dedicata al trasporto aereo composta da 110 velivoli di cui 22 impegnati sul lungo raggio e gli altri 88 al medio-corto raggio.
Disponendo di un tale parco-flotta a cosa vogliamo puntare? Appare evidente che l’80 per cento delle macchine è destinato a quei collegamenti nei quali le compagnie low cost ormai spadroneggiano. E con il restante 20 per cento a quali mercati vogliamo dedicarci, ricordando che in Europa operano giganti consolidati come AF/KL, IAG, Lufthansa e viene inoltre concesso libero accesso ai vettori del golfo?
Ormai la frittata è fatta. La situazione in cui da anni versa Alitalia è riconducibile a un fattore ben preciso accompagnato da una appendice. La maggior parte di responsabilità la hanno avuta le interferenze politiche con i continui cambi al vertice che non hanno mai permesso l’adozione di percorsi industriali efficaci e duraturi, una tale critica vale soprattutto per gli anni passati quando è iniziata la fase di sgretolamento, ma l’appunto è estendibile purtroppo anche ai nostri giorni.
A causa di ciò il vettore non è cresciuto come invece hanno fatto altri guidati da timonieri più stabili. Questo particolare ha fatto si che esso si è presentato agli appuntamenti deregolativi in condizioni già precarie. Ma attenzione, non è affatto corretto tirare fuori la solita storia che Alitalia non è giunta preparata agli appuntamenti con la concorrenza in quanto monopolista privilegiata: guardate che ci sono nostri vicini che in tema di posizioni monopolistiche e di aiuti governativi ci hanno di gran lunga superato, eppure dall’inizio delle aperture concorrenziali fino ad arrivare ad oggi hanno navigato e navigano in condizioni migliori di quanto accaduto ad Alitalia.
La politica, il monopolio e gli aereoporti
E ciò per un motivo ben preciso: anch’essi vivevano nella bambagia del monopolio ma sono stati aiutati dal loro governo il quale ha curato i loro interessi rispetto alle invasioni esterne, particolare che da noi è mancato.
L’appendice cui sopra accennavamo è rappresentata invece dalla ricca rete aeroportuale presente nel nostro territorio e al particolare che, contrariamente a quanto avveniva nel passato, si tende ormai a privilegiare il ruolo degli aeroporti rispetto alle necessità del proprio vettore di bandiera. Su questo specifico aspetto al punto in cui siamo, ci si passi il gioco di parole, non si capisce più se il fatto che a vettori extracomunitari vengano assegnati collegamenti di quinta dipenda dalla precaria situazione in cui versa Alitalia, o se invece la precaria situazione di Alitalia sia anche dovuta al fatto che sono gli aeroporti a comandare.
Ognuno scelga la soluzione che più ritiene opportuna ma è un dato di fatto che tali politiche di certo non sono di beneficio ad una compagnia che stava cercando di riguadagnare posizioni in campo internazionale.
E su questo specifico argomento, che non è affatto nuovo, vi rimandiamo alla nostra dettagliata analisi apparsa su queste colonne nel febbraio 2005 dall’eloquente titolo “Per gli Stati si impone una scelta: o gli aeroporti o le aerolinee”. Malgrado sia un intervento “datato” è purtroppo ancora di stretta attualità.