Per quale motivo e in base a quale logica una autorità aeronautica la quale da tempo ha abdicato alla possibilità di concedere alle aerolinee linee in concessione, dovrebbe esercitare i suoi poteri per vagliare gli accordi di code share sottoscritti da un vettore ed eventualmente proibire la loro attuazione?
E’ da tempo immemore che l’industria dell’aviazione civile viene colpevolizzata per essere “ingessata” da preistorici accordi marketing, ed è altresì un dato di fatto che quando è stata varata la deregolamentazione, così come pure le privatizzazioni delle compagnie di bandiera, questi eventi sono stati accompagnati dagli slogan tipo “fuori lo Stato” , “le compagnie facciano da sole”, ma poi ecco tornare la cruda realtà degli interventi d’autorità per vagliare, scrutinare, passare al setaccio ed eventualmente impedire determinate fusioni o più semplicemente la stipula di accordi commerciali.
Prendendo la parola ad un convegno tenutosi a Washington DC il chairman di American Airlines Doug Parker, ha detto pochi giorni orsono “we are over-taxed, over-regulated and under-served”. Si noti quel “over-regulated” pronunciato nella capitale della nazione che ha varato quasi 40 anni orsono la deregulation la quale appunto avrebbe dovuto significare meno interferenze degli Stati nella conduzione delle aerolinee.
Non a caso questi appunti vengono scritti all’indomani dell’annuncio dello slittamento del parere Antitrust UE sulla cessione del 49 per cento di Alitalia a Etihad, decisione ora rinviata al 17 novembre. Tutta l’operazione resta poi sotto il controllo delle autorità europee per i trasporti.
All’origine di questa serie di controlli senza fine vi è quello che non è affatto esagerato definire l’ossessione dei nostri tempi, un vero e proprio tabù chiamato concorrenza: “Se voi, Etihad e Alitalia, vi unite ne scaturisce un gigante che da fastidio agli altri?” Questa -detta in termini estremamente semplici- è la domanda che sottointende la forzata procedura di venir messi ai raggi X per vagliare se c’è qualche rotta da cedere o qualche slot da lasciare. E per fortuna che gli Stati, ovvero le Autorità, dovevano mollare la presa. Tuttavia se ammesso e non concesso si formasse un gigante dei cieli, allora però sarebbe interessante andare a studiare anche il caso Lufthansa la cui espansione e megaflotta indubbiamente da fastidio a molti altri vettori. E a proposito di Lufthansa sarebbe altresì interessante sapere come mai che a questo vettore che già era di notevoli dimensioni sia stato permesso acquisire e controllare al 100 per cento compagnie “straniere” come Air Dolomiti, Swiss e Austrian. Si potrà pure obiettare che quest’ultime sono compagnie UE mentre la Etihad non lo è, ma nella sostanza la domanda rimane valida.
E’ un dato di fatto che la nostra società attraversa un momento dominato da una cristallizzazione di luoghi comuni che nessuno si prende la briga di approfondire ed eventualmente contestare. E una prima domanda che ci si dovrebbe porre è se per caso non sia stata proprio la concorrenza che ha messo in crisi il mondo del lavoro. E’ accettabile che una Alitalia il cui stato è ben noto a tutti, sia in termini di forza occupazionale sia come espansione di rotte, così ridotta anche grazie alla concorrenza, ora che ha trovato una compagnia con cui fare sinergia venga messa sotto esame per valutare se per caso con il suo nuovo partner danneggia un qualche concorrente assumendo (altro termine tabù) una posizione dominante?
E’ opportuno ricordare come nel mondo degli economisti sono circolanti, ma tenute opportunamente celate, teorie di personaggi di notevole calibro (vedi Frédéric Lordon o Geogescu Roegen) che denunciano apertamente l’utopia dei presupposti su cui si basa il libero scambio, ovvero la globalizzazione, avvertendo che essa altro non è che una forma di antagonismo fra Stati scaricato sulla classe lavoratrice e indicano nel protezionismo l’autentica, vera forma di cooperazione fra le nazioni. Vi è poi chi si spinge anche oltre aggiungendo che il declino della crescita mondiale è direttamente correlato all’espansionismo dei liberi scambi.
Ma forse la prova più evidente dell’assurdità del momento che viviamo e -in particolare- che vive il mondo dell’aviazione civile è contenuta in quella denuncia fatta a Washington dal chairman di American Airlines allorchè lamenta che ancora oggi, proprio nel paese che ha voluto lanciare la deregolamentazione, la sua compagnia si trova ad operare in un mondo “over-regulated”.