Expo, ricettività e turismo.Associazione Italiana Confindustria Alberghi – in collaborazione con ISPO Ricerche – ha posto una lente di ingrandimento per comprendere quale sia l’opinione presente tra la popolazione italiana.
I risultati stata illustrata oggi dal Prof. Renato Mannheimer nell’ambito della tavola rotonda “Turismo e ricettività alberghiera: la situazione alle porte di Expo”. Se da una parte gli italiani sono ben consapevoli dell’importanza del turismo per la nostra economia, indicandolo come settore centrale di crescita e sviluppo nonché come uno dei principali motori dell’economia italiana, sono altrettanto consci dell’insufficiente impegno profuso, sia dallo Stato sia dalle Regioni, per il rilancio del settore.
Il giudizio sull’offerta ricettiva è generalmente positivo: in particolare, quello attribuito agli alberghi di fascia alta (89% di voti positivi, di cui il 39% molto positivi) supera quello di tutte le altre strutture ricettive testate (strutture termali, agriturismi, B&B, alberghi di fascia media). Qualche criticità si rileva invece sul fronte degli alberghi downscale, che registrano voti più tiepidi, sia per quanto riguarda l’aspetto degli ambienti, edifici e interni, sia per la qualità dell’accoglienza e il livello dei prezzi rispetto ai servizi offerti.
Sul fronte dei servizi alla clientela offerti presso le strutture ricettive, i più apprezzati dalla popolazione italiana sono il Wi fi e il servizio navetta, seguiti dal medico in hotel e dall’attenzione verso la ristorazione e la cucina alternativa. Stessa graduatoria indicata dalla clientela business, che segnala come più graditi la connessione internet e il transfer, seguiti però da cucina varia e diversificata e dalla SPA.
La popolazione del Belpaese si spacca a metà quando si parla della fiducia verso Expo quale volano per il settore turistico italiano: da un lato il 51% esprime un atteggiamento positivo, dall’altro il restante 49% – composto in particolar modo da giovani, da istruiti, da professionisti – manifesta un atteggiamento di sfiducia verso le opportunità effettivamente offerte dall’esposizione universale.
Ciò che più preoccupa è il dopo-Expo, con particolare riferimento alle opportunità occupazionali che si verranno a creare grazie alla manifestazione: il 59% degli intervistati, infatti, ritiene che molte di esse si perderanno con la fine dell’Esposizione Universale. Per la maggioranza della popolazione, inoltre, (53%), non esiste alcun progetto per il post-evento e non si sa che cosa rimarrà al turismo italiano.
“I risultati della ricerca dimostrano la grande consapevolezza degli italiani nei confronti dell’importanza del turismo, e delle sue potenzialità, per la nostra economia – ha dichiarato Renato Mannheimer, ISPO Ricerche
Al tempo stesso, però, la popolazione percepisce una situazione di stallo, di mancanza di investimenti da parte delle Istituzioni, siano esse nazionali o regionali. “In questi ultimi anni, come documenta anche l’indagine di ISPO Ricerche, abbiamo assistito ad un cambiamento sostanziale della percezione del valore dell’indotto turistico, che ora è ritenuto una fonte primaria di sviluppo economico, creazione di opportunità di impresa e, quindi, di lavoro – ha dichiarato Cristiano Radaelli, Commissario Straordinario ENIT. Ciò eleva ulteriormente la necessità di un coordinamento nazionale per poter essere efficaci nella promozione dell’Italia, sostenendo il tessuto delle imprese nostrane. Per questo Expo sarà un eccellente laboratorio, che non esaurirà la propria spinta progettuale allo scadere dei suoi sei mesi di durata: riconsiderare il turismo, non come un ambito a sé stante, ma come la porta di ingresso per il rilancio di tutta l’economia permetterà in maniera eccellente di coltivare i numerosi semi che in occasione di Expo sono e verranno piantati.”
“La percezione che hanno gli italiani è un indicatore necessario che sfrutteremo al meglio per un’offerta sempre più di qualità – ha dichiarato Maria Carmela Colaiacovo, Vice Presidente Associazione Italiana Confindustria Alberghi. In molti casi, però, ci scontriamo ancora con vincoli anacronistici che condizionano l’impresa.