Di Salvatore Spoto.

 

Immaginiamo Verre, (tanto per citare un governatore del passato che ricorda taluni suoi colleghi moderni, amante del benessere e dei bagordi con gli amici), in occasione di uno dei periodici ritorni nell’Urbe per incontrare i Senatori. «Siamo arrivati in un luogo dove  potete godervi la vita!», annuncia ai funzionari del gabinetto politico. Il turismo di affari o di piacere non l’abbiamo inventato noi. Quando Roma non era ancora una potenza, Greci e altre genti, trascorrevano periodi di vacanza a Pestum, famosa per  i giardini di rose dalle quali si ricavavano profumi naturali che mandavano le signore “bene” in visibilio.  In Sicilia nel V secolo a.C scoppiò una guerra sanguinosa tra greci e cartaginesi per il possesso di un complesso termale. Aveva fama di assicurare salute per le origini divine.

Si diceva, infatti, che erano state le ninfe a fare scaturire  acqua calda per ristorare Ercole, sfinito dalle proverbiali fatiche. In realtà, il turismo “termale” italiano ha origine con l’arrivo dei primi greci nel Tirreno. La loro prima colonia fu l’isola di Phitecusa, la moderna Ischia.

I coloni trovarono una sorgente d’acqua in una grotta. Aveva effetti portentosi, così decisero di stabilirsi in quel luogo, dove, secondo loro, la Grande Madre aveva un potere assoluto.

Torniamo al passato, quello di Verre, con la comitiva di accompagnatori,  e ai numerosi altri, egiziani, siriani, iraniani, ecc., che hanno lasciato a Ostia concrete testimonianze religiose e sociali della loro permanenza.  Il porto non era solo approdo, ma centro organizzato per l’accoglienza. Il viaggiatore andava trattato con ogni riguardo, per consentirgli un soggiorno all’insegna della comodità.

Nel futuro ci saranno  l’aeroporto e un piccolo porto turistico: sarà ancora così? ….Magari!!

Nel passato, che stiamo rivivendo, Ostia, porto di Roma sul mare, è, dunque, esempio della città dove ci sono strutture per l’accoglienza, ottimi posti per mangiare e servizi rapidi per raggiungere la città a disposizione di chi è disposto a pagare vetturino per raggiungere rapidamente Roma.

Per chi decide di restare, Ostia diventa la città dei piccoli piaceri, delle “coccole” d’ogni tipo, degli itinerari gastronomici e dello shopping. È, insomma, quello che dovrebbe essere oggi: una città turistica e commerciale dove l’accoglienza è un principio fondamentale.

Plinio scrive a un  amico per raccontargli le piacevolezze e per invitarlo a trascorrere qualche giorno nella zona elegante, chiamata “Vicus augustanus” (si trovava a Castelporziano), affollata di ville padronali.

Gli scrive: «Qui le terme funzionano anche la notte, sapessi come si sta bene!». Minucio Felice, nel suo “Ottavio”, scrive che «venire al mare in settembre è bellissimo».

E Sant’Agostino, sempre affaccendatissimo, qui si ferma a scrivere pagine delle sue opere.

Per la pulizia degli indumenti ci sono le “Fulloniche”, antesignane delle moderne tintorie che offrono servizio di lavaggio rapido.

Gli schiavi sono pronti davanti alle vasche colme di un liquido giallastro. Quando arriva il cliente, il capo d’abito viene immerso nel liquido che sgrassa,  smacchia e ravviva i colori. E’ un prodotto naturale: la pipì. Gli schiavi, appoggiati ai muretti, pestano il capo da lavare, svolgendo funzioni di centrifuga. Quando la pipì ha sciolto il grasso e cancellato lo sporco, basta immergere brevemente il mantello nell’acqua.

Nell’attesa, il turista o l’uomo in viaggio d’affari, può concedersi un po’ di ristoro in uno dei “balnea”, antesignane dei moderni “centri benessere”. Per entrare bisogna pagare il biglietto, ma i clienti sono selezionati a differenza delle terme dove possono entrare anche i liberti e qualche schiavo che ha un gruzzoletto.

Nel caso che l’ospite non vuole mangiare nell’albergo, può recarsi in un  Thermopoliium, dove servono cibi caldi, comprese focacce che ricordano le future pizze.

C’è anche l’ottimo  vino giunto a Roma da molte zone dell’impero, dalla Campania, alla Sicilia, ma si trova anche quello, resinato, portato dalla Grecia.

Si fa uno strappo alla regola: se, a Roma, è vietato giocare a morra nelle strade, qui, per riguardo alle autorità e ai loro ospiti, i pretoriani chiudono uno, ma se necessario, due occhi.

Nel retrobottega del Thermopolium, c’è uno spazio dove  giocare lontani da sguardi indiscreti, con una scala che porta in un fresco angolo sotterraneo, adibito a cantina, ed un’altra scala che porta al piano superiore, dove si trovano raffinate stanze da letto, con un “servizio di compagnia” che il gestore assicura tramite ragazze, molto disponibili,  giunte dalle provincie a Roma per cercare fortuna.

Il “Bunga bunga” non è invenzione moderna. E già! Basta entrare in qualcuno di questi locali per vedere raffigurazioni non solo dei piatti proposti ma anche di donne un po’ libertine.