antonio-bordoniLa Norwegian Air Shuttle è una compagnia che sta facendo parlare di se. Fondata nel 1993 per prendere in carico i servizi svolti dalla sussidiaria di Braathens, Busy Bee, la NAS era un vettore  inizialmente basato a Bergen, ma in seguito ha spostato la sua base di armamento su Stevanger.

Se l’inizio è stato caratterizzato da un ruolo meramente regionale, la trasformazione è poi avvenuta nell’anno 2002 quando è stata annunciata l’intenzione di diventare un vettore low cost con tanto di apertura di base su un paese straniero, per la precisione a Varsavia in Polonia. Nuovo balzo in avanti fu poi fatto nell’ottobre del 2008 quando la compagnia danese Sterling Airways, sua rivale, chiuse i battenti e fu annunciata l’apertura della base di Copenhagen. Oggi la compagnia è il secondo vettore scandinavo; nei dodici mesi chiusi al 30 giugno 2013 aveva trasportato oltre 18 milioni di passeggeri ponendosi alle spalle di Ryanair e EasyJet;

sempre alla stessa data serviva 125 destinazioni su 383 rotte ed aveva in flotta 77 aeromobili (76 Boeing 737 e un Boeing 787).  A gennaio del 2012 la Norwegian annunciò una delle più grandi commesse fatte negli ultimi tempi: 22 Boeing 737-800 e 100 Boeing 737 versione Max 8 con una opzione per altri 100 aeromobili. Allo stesso tempo era stato piazzato un ordine per 100 Airbus 320 neo con opzione per altri cinquanta. Non volendosi solo limitare al medio raggio la compagnia ha preso a noleggio due nuovi Boeing 787 dalla ILFC (International Lease Finance Corporation) con opzioni per ulteriori velivoli.

Ma il motivo per cui il vettore norvegese sta facendo parlare di se è per i suoi programmi sul long haul. L’avventura del lungo raggio è iniziata lo scorso anno, nel maggio 2013 con l’apertura di una base a Bangkok dalla quale sono stati attivati collegamenti per Oslo e Stoccolma.

E’ stata poi la volta del collegamento Oslo-Kennedy con una tariffa andata/ritorno di 509  dollari, un prezzo molto al di sotto di quelloNorwegian_737-8Q8_LN-NOL applicato  da altri vettori di linea. Ora la compagnia è impegnata in febbrili trattative per aumentare frequenze e destinazioni sull’Atlantico ma per far ciò intende avvalersi di una formula alquanto innovativa.

Il progetto prevede di operare le operazioni transatlantiche facendo uso di una società registrata in Irlanda. In realtà i voli schedulati non toccheranno gli scali irlandesi ma avendo la licenza di operatore di quella nazione la Norwegian Air Shuttle ritiene di non incontrare impedimenti dal Department of Transportation Usa per il lancio dei nuovi servizi sull’Atlantico.

Tuttavia non tutti sono d’accordo con un tal modo di fare in primo luogo gli stessi dipendenti della compagnia i quali hanno fatto scendere in campo  la European Cockpit Association la quale ha così commentato l’iniziativa:

“E’ un particolare modello con il quale il vettore punta tende ad aggirare le norme in vigore sui rapporti di lavoro. Questo modello include due wide-body noleggiati e registrati in Irlanda, con operazioni sull’Atlantico ed equipaggio basato in Tailandia con contratti di lavoro governati dalle leggi di Singapore. E’ con tale modello che la compagnia pensa di operare tra Oslo, Dublino,Bangkok, Singapore e Washington; è un tipico esempio che potremmo denominare di convenienza di bandiera.“

In altre parole con questa formula abbiamo un vettore di fatto norvegese per il quale operare tramite una controllata irlandese significa un regime di tasse più favorevole, diritti di traffico sugli Usa, nonché evitare le più stringenti norme di impiego norvegesi e i relativi più alti costi di lavoro.

Come al solito ci saranno spiriti innovativi che esulteranno per tali nuove trovate,  da parte nostra ci limiteremo a dire che nel caso le stesse trovassero conferma e applicazione, chi finisce per rimetterci sono i dipendenti “nazionali” della corporation interessata a tali novità; in pratica sarebbe un ennesimo esempio di lavoratori del tutto sacrificabili sull’altare della globalizzazione.

Chi comprasse un biglietto di questa nuova società (si parla di Norwegian Air International) avrebbe tutte le ragioni di credere che sta volando con un vettore norvegese mentre in realtà la compagnia è registrata in Irlanda e non si avverrebbe di personale norvegese se non forse in misura ridotta.  Questa è la nuova aviazione civile con cui dobbiamo abituarci a convivere, queste sono le nuove compagnie aeree con le quali i passeggeri dovranno confrontarsi.

british airways 2012Ancora va ricordato che un tale esempio di compagnia aerea contrasta al cento per cento con quel “campo livellato”  che molti vettori lamentano non essere attuato e la mancanza del quale crea le cosiddette asimmetrie di mercato.  Immaginando infatti che la società irlandese controllata da NAS operi voli a basso prezzo sull’Atlantico ciò creerà evidenti problemi per tutti quei vettori che invece operano in base a legislazioni nazionali con personale “locale”, leggasi British Airways, leggasi Scandinavian, Air France, Lufthansa, Alitalia, eccetera  nonché i vettori statunitensi impegnati sull’Atlantico.  Insomma un bel pasticcio internazionale.  Ma sarà bene avvertire subito che per quanto questo processo possa sembrare tortuoso e controproducente (per i dipendenti), esso alla luce delle attuali normative, è del tutto legale.

L’unica fermata imprevista potrebbe venire dal DOT statunitense ma dal momento che sono in gioco ordini per il Boeing 787 e la possibilità di assumere un certo numero di piloti con base in Usa dubitiamo che da quel versante ci saranno impedimenti.

Una qualche azione di pressione sul DOT la potranno senz’altro esercitare i big Usa quali Delta, United e American Airlines i quali hanno fatto sapere che le trovate della registrazione a Dublino usando la base di Singapore per impiegare piloti in Tailandia e altrove, non può far altro che minare le casse dei vettori Usa e  creare problemi per i relativi dipendenti.  Ma l’aspetto più paradossale dell’intera vicenda è il fatto che aprendo nuove destinazioni sulla direttrice USA-Europa la compagnia si avvarrebbe dell’open skies agreement fra Stati Uniti e UE di cui però la Norvegia non fa parte.

Comunque vadano le cose prepariamoci con sempre maggior frequenza a sentir parlare di  Mr. Bjorn Kios in quanto il ceo della Norwegian è probabilmente destinato a divenire sul lungo raggio quello che un certo Michael O’Leary è per il corto-medio raggio.