testo e foto di Liliana Comandè
Yangon, una capitale in bilico fra il moderno e le antiche tradizioni e il resto del paese è un camminare a ritroso nel tempo
La città ti stupisce subito per quell’aria vagamente familiare, come quando incontri qualcuno che sai di aver conosciuto, ma non ricordi dove e quando. Provi a frugare nella memoria e scovi immagini di luoghi visti direttamente o in vecchi film ambientati in Vietnam, Laos, Cambogia, Thailandia e, finalmente, capisci che Yangon è un po’ di tutto questo insieme ma con un tocco di spiritualità in più.

La struttura della città è fondamentalmente coloniale, a testimonianza di un passato inglese piuttosto recente, ma esistono – senza scossoni e senza disturbare esteticamente – ed esemplarmente integrati tra di loro,, i quartieri cinesi, indiani e quelli di oltre 100 razze diverse, ognuna con una propria religione, in una tolleranza non priva di passioni ma non per questo meno civile.
L’arrivo nell’aeroporto di Yangon non è affatto traumatico. Nessun caos e le formalità doganali sono piuttosto veloci rispetto ad altri paesi dell’area asiatica.
Il traffico per le strade è piuttosto scorrevole, anche se un po’ privo di regole, tranne nelle ore di punta quando automobili, tuk tuk, moto e biciclette affollano le strade.
La città, in alcune aree è decadente ma è comunque affascinante. I segni di un passato antico e di uno recente si fondono e, a volte, risultano anche struggenti.
Yangon è una città sempre verde, ricca di alberi tropicali e di grandi parchi con laghi, ma è soprattutto ricca di templi e pagode, la più famosa delle quali è Shewedagon, considerata l’ottava meraviglia del mondo (ma quante sono queste ottave meraviglie del mondo?).
La sua cupola è ricoperta da 14 tonnellate di oro zecchino e domina la città, specialmente di notte quando una sapiente e calda illuminazione la rende ancora più magica.
La pagoda, vecchia di oltre 2500 anni, è la più antica buddista ed è impr4eziosita da innumerevoli ricchi ornamenti.
La cultura indiana e cinese sono alla base di questa terra baciata dalla fortuna: piena di fiumi e di ricchezze naturali. Ovviamente la ricchezza è solo potenziale, non è distribuita, né distribuita equamente (come accade ovunque), ma ti colpisce l’assenza di una qualsiasi forma di povertà esibita.

La gente è dignitosa e socievole ed è pronta a venirti in aiuto anche con un inglese improbabile. La vita mondana è piuttosto scarsa ma la natura e le bellezze artistiche sono strepitose e ti portano a cogliere altri aspetti.
Andando verso nord, infatti, s’incontra Bago, l’antica capitale del regno Mon, dominata dalla gigantesca statu
a del Buddha reclinato (55 mt per 16 di altezza), poi ancora Pagan (90 minuti di volo da Yangon), culla della civiltà birmana conosciuta come la città dalle innumerevoli pagode (2.200) a cominciare dall’Ananda, l’edificio più conosciuto, risalente al 1091, con quattro Buddha ricoperti di lamine d’oro e rivolti verso i quattro punti cardinali.
Pagan è la più importante zona archeologica di tutto il sud-est asiatico e tutti i suoi templi e monumenti risalgono al periodo che va dall’undicesimo al tredicesimo secolo.
Il tramonto, visto stando seduti sui gradini di uno dei templi di Pagan, è qualcosa di indimenticabile, ricco di suggestioni e ammaliante.

Sempre più a nord c’è Mandalay, l’ultima capitale del regno Myanmar, culla e centro di tradizioni artistiche. Qui c’è il più famoso centro dove migliaia di monaci vivono e studiano. E’ possibile visitarlo e assistere anche alla cerimonia del loro pranzo (un tempo era possibile aiutare i monaci nella distribuzione del riso nelle ciotole che ognuno di loro possiede!).
Da Mandalay si può tornare in aereo a Yangon, ma esiste un trenino – che impiega ben 14 ore – e che costituisce un osservatorio unico ed entusiasmante per impadronirti del paesaggio e imprimerlo per sempre nella mente e nel cuore.
C’è anche la possibilità di terminare la visita di Myanmar con un soggiorno balneare e Ngapali è una delle località più note.
Le sue spiagge bianchissime e ricoperte di palme sono la degna conclusione di un viaggio che arricchisce l’anima e tutto ciò che si è visto rimane impresso per sempre negli occhi e nella mente.
Un’ottima cena in uno dei più famosi ristoranti di Yangon, prima di rientrare in Italia, fanno apprezzare l’ottima gastronomia locale.
E cosa c’è di meglio se si è seduti su una terrazza davanti ad un panorama superbo di una città illuminata e dorata più che mai dai colori del tramonto?