Se noi fossimo un imprenditore che, dopo aver provato e riprovato a risanare i conti, non vedesse più il tornaconto nel mandare avanti la attività svolta, a un certo punto crediamo che ci arrenderemmo prendendo la decisione di chiudere le operazioni e dedicarci ad altri interessi. Alla base di ogni attività commerciale o industriale vi deve essere il tornaconto economico e non soltanto per una questione di mero profitto, ma anche e soprattutto per disporre di mezzi e fondi con i quali poter rinnovare macchinari, impianti onde assicurare un prodotto aggiornato e affidabile.
Il discorso ovviamente vale nell’ottica dell’imprenditoria privata, in quanto se è lo Stato a mantenere un servizio pubblico per soddisfare necessità collettive, quest’ultimo potrebbe essere mantenuto anche in un clima di perdite economiche.
Su questa impostazione crediamo che ben pochi possano dissentire.
L’aviazione civile, una volta, era controllata dagli Stati; ogni nazione aveva la propria compagnia di bandiera e quest’ultima godeva della massima protezione sotto ogni punto di vista: dagli accordi commerciali con gli altri paesi per una equa ripartizione del traffico, fino ai sussidi governativi per mantenere attive rotte “politiche” o socialmente utili.
Un bel giorno gli Stati hanno mollato la presa e le compagnie aeree sono divenute società private alla pari di qualsivoglia altra impresa.
Non mancarono gli scettici. Vi fu chi avvertì che l’industria aerea aveva delle peculiarità non riscontrabili in altri settori, come pure vi fu chi rammentò che gli aerei non erano solo per i vacanzieri ma anche per assicurare la mobilità dei cittadini di un Paese.
Gli appelli caddero nel vuoto: gli Stati avevano iniziato la ritirata da diversi fronti, non solo quello dell’aviazione civile ed appariva chiaro che non avevano intenzione di tornare sui loro passi.
Mostri sacri, ritenuti inattaccabili, caddero sull’altare delle liberalizzazioni: Braniff, Pan American, TWA, Swissair, Sabena….fino a giungere ai giorni nostri.
Che le compagnie aeree oggi privatizzate cercassero di risparmiare, ce ne siamo tutti accorti: non esistono più agenzie passeggeri, i pasti si pagano, le commissioni alle agenzie di viaggio sono azzerate, i piloti vengono invitati a dare una mano al personale aeroportuale…eccetera.
Ma confessiamo che la notizia diffusa in questi giorni ci ha davvero “stuccato” : una compagnia aerea giapponese inviterà i suoi passeggeri ad urinare prima dell’imbarco perché, in base ad uno studio condotto, così facendo potrà risparmiare fino a 5 tonnellate mensili di emissioni inquinanti nell’atmosfera. Alla base del calcolo il fatto che pesando meno l’aereo, ne guadagna l’intera economia del volo.
Ora, a parte la battuta che se oltre alla vescica il corpo fosse vuotato anche negli intestini il peso dell’aereo diminuirebbe ancor di più, a nostro modesto parere quando si è giunti a questo livello di idee sul cost saving, non sarebbe male considerare l’opzione da noi descritta in apertura.
In alternativa i passeggeri dovrebbero pagare la tariffa non in base al tempo di prenotazione più o meno anticipato, quanto piuttosto al loro peso all’imbarco: suggeriamo che la bilancia per i bagagli venga usata anche per controllare il peso del pax. Intanto ormai l’utente aereo non si meraviglia più di niente….
Antonio Bordoni
Condivido e dirò di più
Tutto funziona abbastanza bene quando ognuno faceva il suo mestiere mi ricordo che quando arrivavi in aeroporto venivi avvicinato dal rappresentante della compagnia prescelta e tramite il suo personale intervento faceva il possibile a metterti a tuo agio e accelerare le operazioni di imbarco, quando poi hanno delegato questo servizio alle società di handling tutto ando’ a scatafasio è ora di ritornare all’antico perchè su questa rotta sarà sempre il cliente a rimetterci.-Siamo all’assurdo che ora costa di più parcheggiare l’auto (prima avevamo spazi liberi)che il volo , poi paghiamo servizi aeroportuali che non vengono forniti (prima avevamo le tasse)si finirà che per fare la pipi in aeroporto dovremo pagare e cosi via . auguri