L’Agenzia delle Entrate ha recentemente comunicato due correzioni sostanziali al Redditometro 2013. Saranno esentati da accertamento quei nuclei familiari i cui consumi annuali risultino inferiori al reddito dichiarato di 12 mila euro (la cosiddetta franchigia che permette di forfetizzare una componente mensile di 1000 euro come stima, non correggibile, delle spese basilari di mantenimento).
Al contrario, gli scostamenti superiori alla somma prevista possono essere valutati come potenzialmente accertabili. Questo comporta che gli scarti, tra consumi e reddito, di modesta entità non saranno considerati da parte del Fisco. Il raggio d’azione del Redditometro 2013 dovrà toccare, pertanto, unicamente i casi più evidenti di scostamento tra reddito e tenore di vita.
Stando ai dati riportati nelle tabelle statistiche diffuse dal direttore generale dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, gli accertamenti previsti verranno distinti in base alla locazione geografica di residenza; ad esempio per quanto riguarda i nuclei familiari composti da due figure genitoriali e due figli a carico, nel nord-est le ispezioni non entreranno in funzione per redditi dichiarati sopra i 12.647 euro; nel nord-ovest sopra i 14.184 euro; al centro sopra i 9.971 euro; al sud sopra i 7.970 euro ed infine nelle isole sopra i 4.579 euro. Le cifre superiori a tali limiti innescano eventuali verifiche, dal momento che si potrebbe trattare di potenziali evasori.
Dalla nota stampa dell’amministrazione finanziaria del 20 gennaio scorso risulta che la categoria dei pensionati titolari della sola pensione non verrà sottoposta a controllo. Un simile principio di esclusione, come precisato, verrà riservato nella fattispecie a chi percepisce la pensione come unica fonte di reddito.
L’obiettivo primario a cui rispondono le citate modifiche, è quello di garantire una maggiore accuratezza, rispetto al passato, sull’identificazione degli scostamenti tra quanto dichiara e spende il contribuente. Mediante questi escamotage esoneranti, l’amministrazione finanziaria ribadisce un utilizzo più equilibrato del dispositivo di ricognizione a fronte dei versamenti considerati essenziali per le necessità di sostentamento.
In realtà le polemiche al riguardo non mancano, soprattutto in riferimento alla previsione integrativa che, oltre al Redditometro, ha anticipato l’inserimento di un nuovo strumento di accertamento: il Redditest.
Rispetto al modello di controllo tradizionale basato sull’ applicazione di elementi indicativi di capacità contributiva, ossia spese effettive e/o presunzioni di spesa coerenti con il reddito dichiarato; il Redditest rappresenta un software di autodiagnosi fornito dall’ Agenzia delle Entrate per i contribuenti, garantendo così la possibilità di esaminare la rispettiva congruità nei confronti del Fisco. L’integrazione del Redditest viene pensata per stimolare una “fedeltà fiscale” generalizzata.
L’esito generato dal software, tuttavia, appare del tutto inefficace ai termini di legge; infatti, in caso di ricognizione fiscale, il semaforo verde del Redditest non può essere usato in sede difensiva. Inoltre, rispetto agli accertamenti effettuati tramite il Redditometro, il nuovo strumento di controllo dimostra come, nel varare la coerenza dei redditi dichiarati, non sia tanto il peso del totale delle spese sostenute ad influire significativamente quanto l’ambito di applicazione delle medesime.
Nel Redditometro simili inconvenienze sembrano meno consuete, visto che monitora uno spettro più esteso di voci di spesa poiché è più misurato nella valutazione-spese a differenza del Redditest, che è in grado di considerare soltanto parametri quali assicurazione, istruzione, abitazioni, tempo libero, mezzi di trasposto, investimenti,come spiega LeggiOggi. Questi elementi possono causare difficoltà di confronto tra i due diversi strumenti perché appunto valutati in modo diverso.