Il sottoscritto eviterebbe di parlare di matrimonio o di “altare” mostrando le foto di Hogan e di Del Torchio: il matrimonio di cui stiamo parlando non è fatto da due compagnie che vogliono unirsi per dar vita ad un nuovo vettore più grande (tale sarebbe stato ad esempio il matrimonio tra KLM e Alitalia) bensì siamo di fronte a un vettore che ha estremo bisogno di ossigeno per poter continuare a volare ed un altro che è a caccia di buoni affari per riempire i numerosi aerei che formano la sua flotta.
In questi giorni si fa un gran parlare di Air France, si raffrontano le offerte fatte a suo tempo dal vettore francese comparandole con quelle avanzate oggi dalla Etihad, ma tali raffronti non servono assolutamente a nulla, sono soltanto le classiche lacrime sul latte già versato, oggi l’acquirente di turno si chiama Etihad ed è con lui che bisogna confrontarsi. Nessun dubbio che il vettore degli Emirati possa risollevare le sorti economiche di Alitalia così come ha fatto nel 2011 con la Air Berlin, tuttavia val la pena ricordare che il vettore tedesco, del quale Etihad controlla il 29,2 per cento del pacchetto azionario, ha chiuso l’anno finanziario 2013 con una perdita di 315,5 milioni di Euro portando il buco complessivo degli ultimi sei esercizi a circa 900 milioni di euro. Fatto ancor più grave, il revenue è sceso dai 4.311.7 milioni di euro del 2012 a 4.148.8 del 2013
Il caso Air Berlin è un eclatante esempio che dimostra come le iniezioni di capitale possono senz’altro garantire una temporanea sopravvivenza ma quello che conta alla fine è il business model con cui ci si propone sul mercato e indubbiamente Air Berlin, il secondo vettore tedesco dopo Lufthansa, dovrà reinventarne uno.
Etihad da parte sua ha esplicitato candidamente il suo punto di vista quando il CEO James Hogan ha dichiarato che ad un costo inferiore a quello di un solo aereo wide-body la sua compagnia ha avuto accesso a un mercato di 30 milioni di passeggeri e ad un network integrato di 228 destinazioni su 84 paesi. Ecco quindi spiegato a cosa puntano gli investimenti: a penetrare su mercati che offrono potenzialità di traffico, e da questo punto di vista l’Italia non è certo meno invitante per un investitore rispetto al mercato tedesco. Ma gli elementi appetibili non si esauriscono qui perché c’è da considerare che mentre immettendosi sul territorio tedesco la Etihad, volente o nolente, si è posta in diretta competizione con il colosso chiamato Lufthansa, investendo su Alitalia (leggasi mercato italiano) non ha la concorrenza interna di vettori italiani; e scusate se vi par poco.
A proposito di investitori stranieri
A tal proposito non possiamo non rammentare come oltre ad Alitalia c’era una volta un altro vettore italiano chiamato Air One che avrebbe potuto impensierire gli eventuali investitori stranieri, ma portati come siamo per l’autodistruzione, siamo stati capaci di eliminare anche questo ostacolo agli acquirenti, senza peraltro che nè Alitalia né AirOne, né il personale dell’uno né il personale dell’altro, e tanto meno i piani industriali del nuovo vettore nascente ne abbiano tratto alcun giovamento, almeno a giudicare dai risultati dei bilanci dal 2009 ad oggi.
Sull’argomento di quello che definimmo a suo tempo “un insolito matrimonio” (Travelling Interline 29 dicembre 2008) vi rimandiamo ai nostri commenti allorchè fin dalla nascita della nuova compagnia abbiamo criticato il particolare che la somma delle due compagnie anziché fare una massa maggiorata produceva una aerolinea di dimensioni inferiori rispetto ai due singoli vettori.
Ma una tale considerazione ci spinge anche oltre. Perché se è “comprensibile” che una Air Berlin trovi difficoltà a far quadrare i suoi bilanci avendo dentro casa la Lufthansa, da noi la nuova Alitalia che non aveva alcun concorrente avrebbe dovuto sfornare risultati eccezionali tenendo presenti le potenzialità offerte dal nostro bacino.
Così come avvenuto in occasione della presentazione dell’investimento su Air Berlin sono quattro le aree in cui la rete di Etihad, via AUH, offrirà un vasto numero di coincidenze: Africa centrale e meridionale; India; Asia/Pacifico; Australia. Con sessantasei A350 e con dieci A380 da riempire, per non parlare della flotta composta dai “soliti” A330, A340 e B777 più partner controllati Etihad avrà nel suo portafoglio, più potrà assicurare che la sua offerta immessa sul mercato non rimanga inutilizzata. Le acquisizioni azionarie di questi ultimi tempi sono anche la risposta indiretta a chi criticava gli “eccessivi” acquisti di widebody fatti da parte dei vettori del Medio Oriente: evidentemente sapevano, o speravano, che in Europa le cose per qualche vettore si sarebbero messe male.