di Antonio Bordoni.

 

Si avvicina la data di lancio della, si fa per dire,  nuova compagnia aerea italiana.  La domanda che sorge spontanea è quella riportata nel titolo e la cui risposta, altrettanto ovvia, è che essa serve a dar lavoro a circa tremila suoi dipendenti. Buon per loro. 

Ma si può davvero festeggiare la nascita di una entità che  prende il via dalle ceneri di una compagnia che vantava più del triplo dei dipendenti con cui la Italia Trasporto Aereo decollerà?

Alitalia, quella compagnia che tutti un tempo ci invidiavano, aveva un numero dipendenti, circa ventimila, che corrisponde più o meno a quello che ancora oggi possono vantare compagnie di bandiera come KLM, Air France, Lufthansa, Iberia, British Airways….

Quella era l’Alitalia di cui gli italiani avevano bisogno, la compagnia i cui aerei volavano in cinque continenti. Quella era la compagnia che incuteva timore alle sue consorelle europee e non solo. Ma perché oggi, anno 2021, tutti gli altri paesi europei hanno un vettore nazionale cresciuto nei numeri e nelle dimensioni rispetto a decenni orsono, mentre la nostra compagnia è andata nel frattempo giù in una picchiata dalla quale non si è mai risollevata?

Eppure il nostro mercato da sempre ha rappresentato una delle mete più ambite nell’ambito del turismo mondiale.

 

I numeri del trasporto aereo, i suoi fondamentali sono democratici. Se accade qualcosa di negativo, leggasi Sars, Covid o 9/11 questo colpisce tutti ugualmente. Se va male, va male per tutti. La debacle di Alitalia non ha scusanti, non ha alibi.

E’ da anni ormai che l’industria aerea civile vanta numeri in positivo per tutti, sia come numero passeggeri sia come profitti,  ma non per Alitalia. E non ci si venga a raccontare la favola delle fameliche “cavallette” low cost.

I vettori a basso costo non hanno invaso solo il nostro paese,  hanno invaso tutte le nazioni europee eppure solo da noi vettori come Ryanair sono riusciti a surclassare il vettore di bandiera nazionale, divenendo capofila in Italia per numero passeggeri trasportati.

La verità è che una florida compagnia è stata fatta dirigere da personaggi che avevano scarsa, per non dire nulla, conoscenza dell’industria aerea commerciale. Non solo, ma questi personaggi non sono mai durati così a lungo da permettere loro di varare un decente piano industriale e percorrerlo fino in fondo.

E’ così che anno dopo anno si sono incasellati bilanci  in profondo rosso. A un certo punto poi la brillante idea: mettiamola in vendita. Ma anche in questo caso ci si è dimostrati incapaci.

Tutti sapevano che Alitalia andava messa in vendita quando era un asset appetibile e non certo un residuo di compagnia quale essa era diventata negli ultimi anni. Non è certo un caso se durante i primi tentativi di vendita  si facevano avanti imprenditori, fondi e altre compagnie ed oggi invece la compagnia non interessa più ad alcuno, prova ne sia che essa è in pratica tornata sotto il controllo pubblico pur di evitarne il fallimento.

Di certo se dovessimo fornire una risposta alla domanda di cui nel titolo dal punto di vista dell’utente, questa sarebbe del tutto negativa e pessimistica: con un mercato domestico e continentale controllato dalle low cost e un mercato intercontinentale composto da giganti i quali possono instradare gli utenti italiani sui loro hub, quale ruolo potrebbe mai avere la nuova mini-compagnia ITA?

Ma soprattutto a quale utenza punterebbe? Davvero si pensa che mandando a casa diecimila persone la compagnia ritrovi i suoi golden days? Erano loro il problema? Tutti sappiamo che non è così. Agire sul solito costo del lavoro, riducendo in contemporanea anche la flotta e tagliando pertanto il numero di destinazioni servite e relative frequenze è una politica fallimentare che non porterà da nessuna parte.

Qui stiamo parlando di una impresa di trasporto ad alta intensità di capitale il cui core business è quello di portare persone in una molteplicità di destinazioni con frequenze appetibili. Tutto il contrario di quello che avverrà dal prossimo 15 ottobre con la nuova mini-compagnia. A ben vedere però un obiettivo la nuova compagnia lo ha:

 E’ fin troppo evidente che si è cucito un vestito ad hoc su ITA per cederla poi sotto l’orbita di una Lufthansa o di una Air France, alla pari di quanto è avvenuto per Air Dolomiti passata fin dal lontano 2003 sotto il Lufthansa Group.

Delineato il suddetto scenario è del tutto inutile disquisire  su quanto la nuova compagnia potrà durare e soprattutto cosa accadrà dopo che saranno bruciati gli 1,35 miliardi di euro che lo Stato le ha generosamente assegnato: in quel momento si farà avanti uno dei mega vettori europei il quale dichiarerà il suo interesse per ITA.  

E sarà interessato per il semplice motivo che troverà una compagnia aerea con un numero di dipendenti davvero limitato e non più in grado di offrire alcuna resistenza.

Un’ultima precisazione: mentre ai vettori extra UE non sarà permesso acquisire più del 49 per cento di ITA e quindi tutti gireranno alla larga,  un vettore comunitario invece potrà acquisirlo al 100 per cento ed è in pratica per quest’ultimo motivo che si è confezionata la nuova ITA.

 

  Tratto da www.aviation-industry-news.com