Le Autorità di Bruxelles hanno recentemente annunciato l’intenzione di  rendere i biglietti aerei più umanamente decifrabili. In effetti, come più volte da noi denunciato, le tariffe aeree così come oggi sono esposte sul biglietto non sono affatto comprensibili.

Ancora, è ridicolo e speriamo che anche qui qualcuno prima o poi ci metta mano, che quando sfogliamo l’orario di un aeroporto, o vediamo i tabelloni elettronici degli scali, lo stesso volo – ancorchè ovviamente operato da un solo distinto vettore – appaia esposto anche quattro-cinque-sei volte con differenti sigle di identificazione e differenti numeri di volo Di certo ricordando tutto ciò non ci si può esimere dall’affermare come la vita dei passeggeri è sempre più complicata, e ciò è particolarmente vero per quello che dovrebbe essere l’elemento più semplice e ovvio: conoscere il  nome del vettore con cui si volerà.
Non bastavano gli accordi di code sharing, quegli accordi cioè che trasformano in più voli un unico collegamento, ognuno dei quali viene pubblicizzato dai singoli vettori come un proprio servizio mentre in realtà viene svolto da un’altra aerolinea; ora si va sempre più diffondendo una nuova moda a cui nessuno, a quel che ci risulta, ha ancora pensato di dare una esatta denominazione. Eppure il fenomeno è talmente particolare e consolidato che bisognerà pure parlarne e renderne edotti gli utenti del trasporto aereo.
In via preliminare vorremmo avvertire che, come nel caso dei code sharing, non si tratta di mettere
in dubbio la serietà e la sicurezza del vettore coinvolto, quanto piuttosto di evidenziare le eventuali complicazioni che sorgono per il passeggero, il quale deve avere il diritto di sapere con chi volerà.
Alla base del nuovo fenomeno troviamo aeroporti “alla caccia” di vettori.
L’iniziativa il più delle volte nasce dopo aver preso atto che non vi è possibilità di avere aerolinee regolari sul proprio scalo e verosimilmente, in tale ipotesi, il ragionamento che qualcuno dei gestori aeroportuali deve aver fatto è più o meno il seguente.
Se nessuno, o quasi, vuole svolgere i collegamenti aerei dal nostro aeroporto, sarà il caso di provvedervi noi stessi; in fondo lanciare lo scalo è un nostro preciso interesse.
Ovviamente è scontato che l’idea di trovare aerolinee disposte a servire i collegamenti che interessano il nostro scalo è fallita, altrimenti non vi sarebbe ragione di dar vita alle iniziative di cui ora andremo a vedere più in dettaglio i contorni.
Dunque le compagnie aeree non sono particolarmente interessate ad istituire voli regolari nel nostro aeroporto; come conseguenza sorge l’idea di costituire una società la quale curi espressamente la promozione e lo sviluppo dei collegamenti aerei da/per lo scalo.
Ma l’obiezione è d’obbligo se le linee aeree non hanno dimostrato interesse ad istituire questi collegamenti, che senso ha dar vita a una iniziativa di tal genere?
Immaginiamo che l’istituzione dei servizi aerei produca un ritorno economico non solo al nostro aeroporto, ma anche e soprattutto all’economia della zona servita: ebbene visto da quest’ottica non dovrebbe meravigliare il fatto di trovare, oltre che negli investitori dello scalo, anche imprenditori locali disposti a investire nel progetto.
Che gli aeroporti dispongano di risorse in grado di soddisfare siffatti requisiti non sussistono dubbi: studi, analisi e ricerche sui social & economic impact of airports, ve ne sono ormai a volontà, e non  vi è che l’imbarazzo della scelta. In pratica tutto è iniziato da quando il ruolo degli aeroporti si è trasformato da semplice provider di infrastrutture ad una vera e propria impresa che opera nell’ambito di un mercato altamente competitivo.
Di certo per molti aeroporti, tenuto conto che le aerolinee sono sempre a caccia di rotte che rendano profitti, il particolare che quest’ultime non siano interessate a voler aprire collegamenti regolari su uno scalo dovrebbe essere motivo sufficiente per prendere in considerazione, l’ipotesi se un simile aeroporto valga la pena essere mantenuto attivo. Tuttavia bisogna prendere atto che evidentemente vi sono realtà locali che non ne vogliono sapere di considerare simili ipotesi, e in tal caso radunati attorno ad un tavolo imprenditori e autorità, si prendono contatti con le aerolinee e si fanno i conti.
Va inoltre detto che in alcuni casi le aerolinee prescelte per l’operazione si vanno ad aggiungere ad altre già operative; in quest’ultima ipotesi le operazioni vengono avviate per rendere “più ricco” il carnet delle destinazioni che lo scalo offre al suo bacino di utenza.
Il maggiore ostacolo da superare è ovviamente quello relativo ai finanziamenti in quanto si dovrà raccogliere abbastanza capitale da coprire le perdite di avviamento che investono solitamente i primi due-tre esercizi.
Quale linea aerea contattare? E’ questa la novità più consistente, in quanto fino a qualche tempo fa una aerolinea se decideva di aprire un servizio non lo faceva certo su iniziativa dei gestori aeroportuali, ma semplicemente perché riteneva che una certa rotta fosse conveniente per le sue casse.
Ora invece è il gestore aeroportuale che entra in contatto con la compagnia aerea per avere una quotazione su quanto possa costare istituire uno o più collegamenti, per un determinato periodo di tempo, sul suo aeroporto.
Quindi la caratteristica più peculiare del fenomeno in esame è quella relativa alla figura di chi promuove l’iniziativa, in quanto essa è riconducibile non ai vettori ma ai gestori degli scali.
Tutto ciò non sarebbe possibile se sul mercato non fossero attivi numerosi vettori i quali si prestano a rendere disponibili aeromobili ed equipaggi per i servizi in oggetto, i quali per la maggior parte assumono il carattere della stagionalità.
Come abbiamo annotato in apertura, il particolare che ci ha colpito nell’analizzare il fenomeno è che tutta questa operazione avviene in molti casi attraverso l’utilizzo di una società la quale all’apparenza potrebbe essere confusa con la linea aerea che svolge il servizio, mentre la realtà – come vedremo – è completamente differente.
Vediamo ora degli esempi concreti da noi esaminati, quando la scorsa estate, abbiamo navigato sui siti degli aeroporti interessati.

Aeroporto Internazionale d’Abruzzo (Pescara)
Sulla pagina iniziale compariva la pubblicità di “ONAIR” la quale offre voli sulla tratta Pescara-Parigi, Pescara-Bruxelles e Pescara-Spalato.
Passando alla sezione arrivi/partenze dello scalo, abbiamo riscontrato che sulle destinazioni suindicate i voli schedulati sono operati dal vettore avente la sigla  triletterale “AHR”.
Andando a cercare la decodifica per questa compagnia troviamo che essa corrisponde alla compagnia aerea di nazionalità croata Air Adriatic.
Ora annotiamo alcune particolarità. Nel tabellone on-line degli arrivi & partenze dell’aeroporto di Pescara non compariva il logo della compagnia Air Adriatic , bensì quello della ONAIR, e alla compagnia croata siamo risaliti attraverso la ricerca della decodifica del sigla del volo “AHR”.
La ONAIR quindi, la cui pubblicità compariva in evidenza sulla pagina iniziale del sito, non è il vettore con cui il passeggero volerà ma solo un marchio attraverso il quale opera un altro vettore.

Aeroporto Marina di Campo (Elba)
Dal punto di vista della informativa ai passeggeri, abbiamo trovato l’aeroporto dell’isola d’Elba, uno dei siti  più chiari e trasparenti.
Anche la società Elbafly, la quale è una cooperativa nata “per far volare l’Elba” tenendo conto che “i collegamenti aerei dall’Isola d’Elba al Continente sono stati svolti a fasi alterne, sceglie per le sue stagioni operative un vettore, ma esso appare “in chiaro” sul tabellone degli arrivi e partenze.
Così, ad esempio, per la stagione estiva 2006 la compagnia prescelta è la slovena Solinair (codice F6) la quale laddove opera non viene coperta dal marchio Elbafly, bensì appare in chiaro.
Altro particolare che fa apprezzare il sito è la cronistoria completa, esaustiva ed aggiornata della cooperativa Elbafly.

Aeroporto di Vicenza
Su questo scalo, con il preciso intento di favorirne lo sviluppo è nata la società “Voli Regionali Spa” “fondata nell’agosto 2004 a Vicenza, con la missione di creare un servizio di linee aeree per la provincia di Vicenza”. L’iniziativa – secondo quanto si può leggere nella home page dello scalo- è sorta quando i fondatori hanno verificato che il bacino d’utenza di Vicenza è fertile e richiede oltre 1 milione di viaggi aerei annui.
Nella pagina di apertura dello scalo vicentino abbiamo trovato la precisazione che “Voli Regionali Spa” ha scelto di volare con “Denim Air”. Quest’ultimo è un vettore IATA olandese che nelle passate stagioni era stato appunto prescelto dalla società Voli Regionali per operare collegamenti in uscita da Vicenza. I servizi per la corrente stagione estiva risultavano sospesi.

Aeroporto Reggio Calabria
Se transitavate su questo aeroporto durante la stagione estiva 2006 poteva capitarvi di incontrare un Boeing 737 sulla cui coda è riportato lo stemma della Regione Calabria e sulla fusoliera la scritta www.sogas.it, il sito della società di gestione dell’aeroporto. Stessa livrea personalizzata era stata apposta anche su un ATR42.
Si tratta di velivoli di un’altra compagnia aerea olandese, la “Interstate Airlines” con sede a Maastricht, la quale opera collegamenti da/per l’aeroporto dello Stretto, in aggiunta alle altre compagnie che operano sullo scalo, in particolare su Cracovia, Torino, Genova, Bologna Pisa e Roma.

Di attualità quanto accaduto sul Montichiari di Brescia ove a fine febbraio di quest’anno era stata annunciata l’istituzione di una linea per Roma operata con il marchio VoliAmo dalla compagnia slovena Solinair, la stessa che operava per conto di Elbafly, cui ha fatto seguito a un mese di distanza, la notizia che “la compagnia svizzera VoliAmo ha deciso di rinunciare ai voli per Fiumicino che aveva annunciato”, mentre contemporaneamente, con l’introduzione dell’orario estivo, veniva pure a cessare il Brescia-Ciampino di Ryanair.
Una caratteristica comune che lega le  iniziative è che la compagnia aerea prescelta può cambiare da un anno all’altro, mentre il filo conduttore rimane quello dei collegamenti “costruiti” dall’aeroporto con l’aerolinea, la quale viene chiamata a svolgerli alla pari di come si può chiamare un taxi per farsi portare da un luogo all’altro, in mancanza di mezzi pubblici regolari.
Se quelli sopra riportati sono i collegamenti che abbiamo trovato navigando recentemente sui siti web, vanno ricordati anche altri tentativi avvenuti negli anni passati come ad esempio quello dell’aeroporto di Cuneo ove nell’anno 2000 venne presentata la Aliway Airlines i cui voli venivano curati dalla compagnia danese di leasing aeronautico Rotate Aviation. La Aliway Airlines per un breve periodo assicurò collegamenti con Roma e Malpensa.
Su Parma ricordiamo la Ciao Fly,  una compagnia che fu lanciata nell’estate 2002 e la cui esperienza durò appena pochi mesi. E la lista potrebbe continuare ancora.
La nascita di tali iniziative è stata resa possibile dalle normative comunitarie le quali, come noto, permettono ad un vettore della UE di operare liberamente, con permessi e autorizzazioni ridotti al minimo, collegamenti all’interno di paesi terzi purché ovviamente anch’essi comunitari.
Se andiamo indietro negli anni, troveremo che allorché all’orizzonte si preannunciavano queste invitanti opportunità rese possibili dall’avviamento della deregulation europea, tutti ritenevano che se ne sarebbero avvantaggiate in primis le compagnie di bandiera dei rispettivi paesi, tuttavia, analizzando ciò che accade oggi, si devono trarre conclusioni di tutt’altro genere. Infatti in Italia i casi di ricorso a vettori “esterni” pur di assicurare servizi nazionali e internazionali in uscita dai nostri aeroporti, sembra essere la regola e non l’eccezione.
Quale spiegazione dare a questa politica rinunciataria? Per quale motivo le aerolinee italiane sono “insensibili” a questo traffico, e perché si finisce per ricorrere a aeromobili e equipaggi di operatori esteri?
Una prima risposta potrebbe consistere nel fatto che oggi non possono più considerarsi “stranieri” i vettori comunitari; tuttavia una tale giustificazione non può essere ritenuta soddisfacente. Verosimilmente la consistenza delle flotte delle nostre compagnie “minori” non è tale da poter soddisfare le esigenze di altri operatori, oltre alle proprie.
Di certo comunque non può non destare meraviglia il fatto che con numerosi operatori nazionali attivi sul mercato, i nostri aeroporti debbano ricorrere a “fornitori” esteri per soddisfare le loro esigenze; in altre parole, sarebbe stato ovvio ritenere che queste fonti di traffico attirassero l’attenzione di nostri operatori aeronautici. Volendo escludere una forma di masochismo da parte degli operatori nostrani, vi è da ritenere che il revenue che questa tipologia di traffico può generare è davvero esiguo, ma se così fosse, si riapre il dibattito, mai sopito, sul carattere di servizio pubblico che il mezzo aereo è chiamato a svolgere, in particolare per isole e comunità disagiate. Appare infatti evidente che l’aver rimesso ai privati la decisione di dove e come operare, fa si che non poche entità locali abbiano dovuto provvedere di loro iniziativa all’attivazione dei collegamenti aerei con  i relativi problemi di polverizzazione e mancato coordinamento che ne possono derivare.  In tale ottica sarebbe auspicabile una politica nazionale del trasporto aereo supervisionata da una authority che tagli gli aeroporti secchi e lasci attivi quelli che realmente servono; se si è arrivati a chiudere e ottimizzare gli scali militari non vediamo motivi perché non si debba riuscire a fare altrettanto con quelli civili nell’ambito di un piano nazionale dei trasporti.
Antonio Bordoni