Si multano le compagnie che con le loro politiche tariffarie “danneggiano” il consumatore, e allo stesso tempo si frappongono ostacoli e divieti a chi invece vuole facilitare il consumatore
Piovono multe sui vettori aerei, anzi diluvia.
Lo abbiamo detto e scritto più volte: se c’è un settore ultraderegolato con una miriade di tariffe applicate e con ampia possibilità di scelta per l’utente, è proprio il settore del trasporto aereo. E’ risaputo che a bordo dello stesso volo ben pochi hanno pagato la stessa tariffa, come è risaputo che se invece di imbarcarsi su quel volo si fosse scelta un’altra compagnia, la tariffa sarebbe stata differente: niente più cartelli quindi, e scelta a volontà. Eppure, malgrado questa situazione di ampia disponibilità a favore dell’utenza, le autorità antitrust continuano ad occuparsi in modo maniacale delle compagnie aeree e delle tariffe da loro applicate.
Nel mese di agosto la British Airways è stata multata di 256 milioni di dollari dall’OFT britannico (Office of Fair Trading) e di 300 milioni dal dipartimento di giustizia statunitense.
Causa del contendere la politica del vettore Union Jack sulle sovrattasse carburante, denunciata dal suo diretto concorrente sulle rotte atlantiche, Virgin Atlantic.
Gli investigatori hanno appurato che nel periodo da loro esaminato, dall’agosto 2004 al gennaio 2006, la sovrattassa carburante è aumentata dai 10 dollari iniziali a circa 120, malgrado il prezzo del carburante non avesse riscontrato altrettanto lineare andamento. Purtroppo questa politica è stata inizialmente condotta con contatti diretti avuti con l’altro operatore britannico, per l’appunto il vettore Virgin Atlantic. Quest’ultimo però, dopo un periodo iniziale di apparente accordo, ha preferito prendere le distanze dalla politica adottata dalla British Airways ed ha presentato denuncia all’autorità antitrust.
Ovviamente se due vettori che operano sulla stessa rotta mostrano differenti fuel surcharge il particolare desta immediati sospetti da parte dei passeggeri e delle autorità, da cui la necessità di mettersi d’accordo per applicare aumenti omogenei. Questi accordi sottobanco, se provati, dimostrerebbero la volontà di distorcere il mercato e come tali vengono sanzionati.
Certamente il trucco di mantenere la fuel surcharge alta anche quando il prezzo del carburante scende è da biasimare; siamo certi però che se agli europei fosse chiesto se essi vorrebbero che gli sforzi delle autorità antitrust fossero indirizzati verso le compagnie aeree o verso le compagnie petrolifere, che sono quelle che garantiscono la distribuzione del carburante ai distributori di benzina per le nostre auto, la risposta che si otterrebbe propenderebbe decisamente per la seconda ipotesi.
La notizia delle sanzioni è stata diffusa in apertura del mese di agosto 2007. Pochi mesi prima, il 15 marzo 2007, nuova sentenza e nuova condanna della UE contro la British Airways. Nella fattispecie, sempre la Virgin Atlantic aveva portato in giudizio la BA per presunto abuso di posizione dominante in quanto il vettore avrebbe messo in atto politiche di incentivazione a favore degli agenti di viaggio del Regno Unito non permesse dai regolamenti UE. Questo processo era iniziato negli anni ’90; la multa è stata di 6,8 milioni di euro.
Così, mentre una Ryanair è stata condannata da Bruxelles per aver ricevuto sussidi dagli aeroporti, la British Airways è stata condannata per aver dato incentivi agli agenti di viaggio.
Decisamente il margine di manovra in cui le compagnie aeree possono muoversi da quando è intervenuta Bruxelles, ci sembra che anziché allargarsi venga sempre più restringendosi.
Comunque, a prescindere dal caso degli incentivi concessi con troppa generosità agli agenti di viaggio più produttivi, prassi fra l’altro seguita in tutti i paesi del mondo, vogliamo invece soffermarci sulla questione delle sovrattasse carburanti.
L’argomento non è affatto nuovo. Nell’agosto del 2002, in Italia, l’Antitrust locale emise una sentenza di condanna congiuntamente nei confronti di Alitalia, Alpi Eagles, Meridiana, Air Europe, Volare e Air One in quanto nel periodo compreso fra il Giugno del 2000 e l’Aprile del 2001 “had colluded to simultaneously apply an identical fare surcharge”. Quindi come si vede nulla di nuovo sotto il sole.
Ancora, nell’anno 2007 il dipartimento di giustizia statunitense ha condannato Korean Airlines in quanto anch’essa avrebbe applicato fuel surcharges troppo alte sulle spedizioni cargo, nonché si sarebbe accordata con i suoi concorrenti per assicurare l’applicazione di determinate tariffe passeggeri per i voli tra gli Usa e la Corea.
In tutti i casi, esaminati il fattore comune che ha fatto scattare la sanzione è l’accordo. Recita in merito al caso KAL il testo del Dipartimento di giustizia Usa: “The department also charged that Korean Airlines reached an agreement with its rival to fix certain passenger fares for flights from the United States to Korea”.
Va quindi evidenziato che allorché sul mercato italiano, a seguito delle recenti multe comminate alla British Airways, si è registrata una evidente agitazione con il rincorrersi di voci su presunti rischi e pericoli cui le aerolinee incorrerebbero nell’appurare le tariffe applicate dal concorrente, ciò deve ritenersi assolutamente privo di senso. Infatti, il rischio della sanzione diventa concreto se la ricerca delle tariffe fosse fatta con l’intento di adottare una politica tariffaria concordata con il concorrente che opera sulla stessa rotta, ossia che vi sia una evidente politica di collusione. Ma se l’obiettivo della ricerca è quello, come solitamente accade, di conoscere la tariffa del concorrente per abbassare la propria e quindi catturare traffico, ciò non rientra affatto in uno schema sanzionabile, tutt’altro.
In merito alla vicenda delle sovrattasse carburante va fatta una ulteriore precisazione. Tutti i problemi esposti, multe comprese, sono derivati dall’ennesimo errore tattico fatto dalle aerolinee nella loro totalità, di voler creare ammennicoli alla tariffa, anziché adeguare direttamente quest’ultima. Abbiamo più volte evidenziato come l’industria aerea sia forse l’unica che al variare dei costi di produzione del suo prodotto, e il carburante è uno di questi, anziché adeguare il prezzo di vendita ha preferito puntare su importi addizionali. Dal momento che sul biglietto il fuel surcharge viene specificatamente indicato con la codifica “YQ” ciò ha reso estremamente facile l’effettuazione di controlli, da parte delle autorità, per appurare se al variare dei prezzi del carburante ricorrevano analoghi re-adjustments delleYQ applicate. Questi controlli non sarebbero mai potuti avvenire se le aerolinee, anziché creare apposite voci aggiuntive, avessero invece optato per un normale adeguamento della tariffa-base così come avviene in qualsivoglia altro comparto commerciale.
Il regolamento 868/2004
Se si analizzano le motivazioni che accompagnano la multa comminata ad Alitalia ed altri nell’agosto 2002 da parte delle Autorità antitrust italiane, si può leggere quanto segue: “la complessa politica di collusione messa in atto congiuntamente da Alitalia, Meridiana, Alpi Eagles, Air One, Volare Airlines e Air Europe atta a coordinare la loro strategia tariffaria può essere considerata una dei più seri impedimenti alla concorrenza, impedendo la possibilità di garantire efficienza e di riuscire a tenere bassi i livelli di tariffe per quanto possibile”.
Scopo primario delle indagini condotte dalle Autorità è quello di garantire una bassa tariffa al passeggero; nella sentenza Korean Air – British Airways del primo agosto 2007 si troverà la presente precisazione: le decisioni prese oggi dimostrano che la Divisione Antitrust investigherà e perseguirà ogni attività di cartello illegale – negli Usa e all’estero – onde assicurare che i consumatori americani e il relativo business non vengano danneggiati da attività di cartello illegale”.
Traspare evidente la scopo primario di dare la possibilità al passeggero di scelta di tariffe, le più convenienti, senza il peso dei cartelli.
Ma se questa è la situazione dobbiamo allora annotare che il Regolamento Comunitario 868/2004 varato nell’aprile del 2004 rappresenta un palese controsenso rispetto alla politica di salvaguardia dell’utente europeo così caparbiamente condotta dalle autorità UE.
Con questo regolamento si è inteso proteggere la posizione concorrenziale dei vettori aerei comunitari nella prestazione dei servizi di trasporto aereo, allorché la stessa potrebbe venir compromessa da quelle che il legislatore comunitario chiama – assai poco opportunamente – “pratiche sleali e discriminatorie poste in essere da vettori aerei non comunitari che prestano servizi simili di trasporto aereo”.
Che significa tutto ciò è presto detto. Il vettore non comunitario, quale potrebbe essere un vettore asiatico o del medio oriente o di altri continenti, che effettua servizi negli scali UE, non deve adottare pratiche sleali da compromettere le attività dei vettori europei. Sapete, secondo le autorità comunitarie, quelle stesse che hanno multato una British Airways in quanto avrebbe danneggiato il consumatore europeo, sapete – dicevamo – quali sono le pratiche sleali? Lo spiega l’articolo 5 del Regolamento allorché precisa, che esse fra l’altro si concretizzano allorché i “vettori aerei non comunitari beneficiano di vantaggi non commerciali e praticano tariffe sufficientemente inferiori a quelle offerte dai vettori comunitari concorrenti da causare un pregiudizio”.
Detto in termini pratici, se un vettore asiatico nei suoi collegamenti fra le capitali europee e la sua base di armamento applica tariffe più basse rispetto alle tariffe vendute sulla stessa rotta dal vettore UE concorrente, ciò potrebbe costituire una pratica sleale e discriminatoria!
Con l’adozione della 868/2004 la protezione del consumatore passa evidentemente in second’ordine, e tutte le compagnie aeree dei rimanenti continenti nell’applicare le loro tariffe debbono tener conto delle tariffe praticate dai vettori UE le quali, volenti o nolenti, diventano tariffe di riferimento e quindi di cartello!
Così l’Europa il cui vanto principale, almeno a parole, è quello della sua liberalizzazione, vede in realtà i suoi attori godere di sempre meno libertà di movimento, mentre per quanto riguarda gli “ospiti esterni”, essi dovrebbero basare le loro politiche su quello che viene deciso nel centro dell’universo, leggasi Bruxelles. A questo punto occorrerebbe un novello Copernico per far capire agli euroburocrati che forse stanno sbagliando tutto nel voler considerare la UE il centro del pianeta Terra, con gli altri continenti che vi ruotano attorno.
Antonio Bordoni