A Firenze, alla Galleria dell’Accademia e al Museo Horne il prossimo 8 giugno apre al pubblico una mostra che rievoca, attraverso l’esposizione di oltre 40 pregevoli tavole del Quattrocento provenienti da prestigiosi musei esteri ed italiani, la vita coniugale nel Rinascimento, i ruoli nella coppia e in particolare il ruolo femminile in ambito domestico, gli atteggiamenti e la condotta esemplare che si raccomandavano come indispensabili virtù, virtù d’amore, appunto.

Queste tavole dipinte erano nate come parti di sontuosi arredi – cassoni, spalliere, letti – delle case fiorentine del Quattrocento e in esse si celebrano il matrimonio e la stirpe, le virtù civiche e coniugali; commissionate in occasione delle nozze, erano destinate ad arredare soprattutto la camera degli sposi, fulcro della vita coniugale privata e pubblica. La pittura da camera aveva la fondamentale funzione di trasmettere, attraverso le storie rappresentate, messaggi di monito e incitamento verso una condotta ritenuta esemplare per la coppia; tale aspetto, che la mostra mira a portare alla luce, ci aiuta oggi a mettere a fuoco un punto cardine della civiltà fiorentina del Quattrocento: le virtù d’amore dovevano sottostare a leggi non legate ai sentimenti, ma piuttosto inerenti la compagine sociale. Le storie illustrate narrano i passaggi del rituale di nozze, dallo sfarzo del banchetto matrimoniale al momento dello scambio degli anelli fra gli sposi, episodi questi del lungo e complesso iter matrimoniale che prevedeva una serie di elaborati contatti e contratti, non tutti proprio attinenti al concetto d’amore.

La mostra, prende spunto dal cosiddetto Cassone Adimari conservato alla stessa Galleria dell’Accademia e dipinto dal fratello di Masaccio, Giovanni di Ser Giovanni detto lo Scheggia, in realtà una grande spalliera raffigurante un ballo rinascimentale. Le tavole esposte offrono una panoramica della varietà dei temi solitamente raffigurati in questi arredi. Attingendo a testi biblici, a episodi storici e ad autori “moderni” quali  Petrarca e Boccaccio, raffigurano varie sfaccettature dell’amore, nonché i doveri che ne conseguono: il Decamerone è ad esempio fonte di ispirazione per la storia della paziente Griselda, illustrata da Pesellino nelle tavole provenienti dall’Accademia Carrara di Bergamo, personaggio simbolico della virtù dell’obbedienza e dell’abnegazione, che la donna doveva perseguire.

I cassoni venivano in genere tenuti addossati alle pareti, ragione per cui la decorazione interessava solo tre lati di ciascun forziere, il fronte e i due lati brevi. Rarissimi sono i cassoni interi giunti fino a noi e fra questi è esposto in mostra quello raffigurante il Palio di San Giovanni, dipinto da Giovanni Toscani, del Museo Nazionale del Bargello; altri si conservano al Museo Horne, dove è allestita una sezione della mostra con opere provenienti da collezioni private. Era usanza commissionare a coppie i cassoni destinati a contenere i beni di famiglia, che presentavano dunque una decorazione unitaria, come attestano i due pannelli con i festeggiamenti per le nozze di Peleo e Teti di Bartolomeo di Giovanni (Parigi, Louvre), esempio dell’amore che trionfa su contingenze avverse, o i due divertenti fronti di cassone con Storie di Ulisse (Cracovia, Castello di Wavel) licenziati nella bottega di Apollonio di Giovanni, che come in un libro a fumetti illustrano uno per uno le avventure del re di Itaca.

Rappresenta uno dei meriti maggiori della mostra la riunione delle quattro tavole con Storie di Ester, divise fra la National Gallery of Canada, il Museo Horne e la collezione Pallavicini di Roma, che costituivano i lati brevi di una coppia di cassoni ideati da Botticelli verso il 1475 e alla cui esecuzione partecipò il giovane Filippino Lippi; la tavola romana, raffigurante Mardocheo piangente e per la quale le ricerche confermano l’autografia botticelliana, è una delle opere più attese, non essendo stata più esposta da oltre 70 anni.

Non dobbiamo dimenticare, tuttavia, che il matrimonio, significava anche e soprattutto dare vita ad una nuova progenie e perpetuare la famiglia, a questo fine l’ultima sezione della mostra è dedicata all’orgoglio della casata, che si afferma attraverso storie che narrano della fondazione di stirpi celebri come quella di Enea e di David, o seguendo i testi del Petrarca celebrano i Trionfi di Fama, Tempo ed Eternità. Tali immagini potevano essere dipinte anche sui deschi da parto, tavole di medio formato circolari o poligonali dipinte su entrambe i lati, nati probabilmente come vassoi per recare il pasto rifocillante alla puerpera dopo il parto, essi divennero ben presto doni propiziatori per una discendenza forte e sana e per scongiurare i pericoli connessi col travaglio e la nascita, finendo poi appesi alle pareti della camera. Fra tutti, spicca quello col Trionfo della Fama, dipinto dallo Scheggia e oggi conservato al Metropolitan Museum di New York, appartenuto a Lorenzo il Magnifico e realizzato in occasione della sua nascita (1448/1449) o del matrimonio dei genitori Piero il Gottoso e Lucrezia Tornabuoni.

“Concludendo, la mostra è stata concepita anche per dare adito ad una riflessione sulla società del Quattrocento a Firenze e in particolare sul valore della famiglia e sul ruolo della coppia al suo interno. Per noi, che speriamo di aver fatto una cosa stimolante nell’ambito delle problematiche dell’oggi, resta irrisolta una questione: e per l’amore vero che spazi c’erano? Forse fuori delle camere nuziali …!” (F. Falletti).

La mostra è promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze con la Galleria dell’Accademia, Firenze Musei e l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze.