In ogni situazione della vita, così come negli eventi della storia, della musica e della moda, esiste un momento nel quale si ritorna inevitabilmente al passato. È normale che si attraversino fasi di evoluzione alternati a quelli d’involuzione e che dai periodi d’imbarbarimento si passi a quelli illuminati (indubbiamente i tempi che attraversiamo non appartengono a quest’ultimo ciclo). C’è sempre un ritorno al passato e ci auguriamo che il turismo non costituisca un’eccezione. Dopo i “terremoti” provocati dalla chiusura di molti noti tour operator nazionali, gli altri, non tutti però, stanno incominciando ad inserire la retromarcia e a capire che fatturato e revenue non vanno di pari passo. 

Per forza di cose si è dovuto capire il non senso dell’offerta superiore alla domanda.

Da anni è iniziata l’era dell’advance booking, ma, salvo alcuni casi (come per le crociere), non sembra affatto aver soppiantato il last minute.

Anzi, in tempi bui come questi – e non pensiamo affatto che il 2011 sarà l’anno del riscatto – gli “scampoli” di viaggi sono sempre più richiesti.

Un sistema di vendita, quello del last minute, iniziato solo per permettere ai T.O. di coprire i “buchi” rimasti all’ultimo minuto e diventato, invece,  un boomerang perché concepito dagli italiani come migliore pratica di prenotazione. E senza essere degli oracoli viventi, era più che prevedibile che la gente preferisse aspettare il ribasso dei prezzi per poter viaggiare. E se non si capirà che se sono solo 1.000 le persone che possono/vogliono viaggiare, 1.000 devono essere i posti da acquistare, e nessun altro posto in più. Non serve comprarne 2.000 perché poi non si vendono (e ci si rimettono tanti soldi) o si devono svendere a due soldi (e ci si rimette lo stesso).

 L’anno che aspettiamo…ancor più pieno di incertezze

Siamo a novembre, un altro anno pieno di delusioni sta quasi passando, ma, a differenza di tanti anni fa, le speranze di una ripresa sembrano essere ridotte ad un lumicino.

Ci lasciamo alle spalle 3 anni terribili, che hanno segnato profondamente il nostro mercato dell’incoming e dell’outgoing.

Sembrano così tanto lontani i tempi in cui la bilancia dei nostri pagamenti annoverava fra le voci più attive proprio quella del turismo. Oggi, fra una crisi economica che sembra aggravarsi sempre di più e l’indifferenza verso un settore che dovrebbe essere la prima industria italiana, non si sa più che pesci prendere.

E quando leggo le interviste di chi ha fondato qualche network o inventato qualche tipo di franchising, mi viene una rabbia incredibile perché si dà per scontato che per rimanere a galla, l’aggregazione sia oggi l’unico sistema valido. Ma valido per chi?

A parte pochi T. O. sinceri e che non hanno paura di dire come stanno realmente le cose, c’è chi continua a parlare di fatturati in aumento e di prospettive positive per l’anno prossimo. Si continua ancora a negare l’evidenza. Le agenzie e i T.O. chiudono? E’ perché va tutto bene! Il personale viene licenziato perché in esubero rispetto al lavoro? E’ sempre perché va tutto bene! Persino i giornali del trade non escono più con la cadenza settimanale, così come dichiarato. E poi basta guardare quante pagine vengono pubblicate e quanta pubblicità contengono all’interno per capire che nel settore non circola una Lira – anzi un Euro.

Gli stanziamenti pubblicitari da parte degli operatori, degli enti turistici e delle compagnie aeree sono notevolmente diminuiti. E’ perché va tutto bene?

Ma cerchiamo di essere seri e avere il coraggio di dire la verità!

 Dove sono i clienti? Sacrifici, perché tanti non li fanno?

Il problema più grosso è quello della mancanza di viaggiatori. Il viaggio oggi si sogna con la richiesta di preventivi. Si spazia da un paese all’altro, ma poi, al dunque, il cliente non parte.

Sono diminuiti anche i viaggi di nozze. La convivenza non lo esige!

Le ricette per uscire da questa situazione non le conosce nessuno, purtroppo, fino a quando la nostra economia non si riprenderà.

E non sarà tanto facile uscire da questo stato di cose. Mi viene ancora un attacco di rabbia quando penso alla nostra spesa pubblica, alle auto blu che non vengono eliminate (perché un primo Ministro inglese prende la metro e gli autobus per i suoi spostamenti e i nostri politici, anche quando non sono più in attività, devono avere l’auto blu e la scorta?).

Perché c’è gente che lavora per lo Stato e prende stipendi di 500mila euro l’anno? Ma poi,  quanto ci costano realmente? E che cosa fanno per meritare tutti questi soldi? I miracoli, forse?

Di sicuro per loro è un miracolo super, per noi, invece, sono problemi e soldi immeritati e ingiusti ma che dobbiamo pagare attraverso le nostre tasse. Ma quante finanziarie ci si possono pagare con tutto questo sperpero di denaro pubblico?

Sacrifici, questa è la parola d’ordine, e nel nostro settore se ne stanno facendo molti e da troppo tempo. Fino a quando potremo reggere?

Dopo la Grecia ed ora la paura per l’Irlanda e il Portogallo, come possiamo stare tranquilli che da noi non potrà accadere lo stesso?

Turismo, turismo,  che fine faremo?

Liliana Comandè