di Angelo Sessa.

Nonostante la crisi, il turismo associativo e sociale (tas) continua a costituire un settore in salute e a ritagliarsi una quota importante del totale del mercato turistico italiano.

 Infatti, nel 2010, a fronte di un calo dell’intero settore turistico pari ad un -14% rispetto al 2009, il tsa ha fatto segnare un fatturato di quasi un miliardo e 200 milioni di euro. E’ soltanto uno dei dati del terzo Rapporto elaborato dall’Isnart (Istituto Nazionale di Ricerche Turistiche) e presentato a Viterbo nel corso della Borsa del Turismo Sociale e Associato 2011. in collaborazione con l’Osservatorio permanente costituito in ambito BTSA (Borsa del Turismo Sociale e Associato) con il sistema CATI. Nel 2010, infatti, i vacanzieri italiani che hanno prenotato la vacanza attraverso il circuito sociale e associato (Cral aziendali, parrocchie, organizzazioni religiose, scuole, circoli culturali e sportivi e Comune di residenza) hanno attivato una spesa di 1 miliardo e 171 milioni di euro circa, pari all’1,9% dei consumi totali dovuti al turismo nell’arco dell’anno. Il Rapporto svela peculiarità e aspetti inediti di un comparto del turismo nazionale di vaste proporzioni, fino ad oggi poco conosciuto e valutato tale da generare più di 2,1 milioni di vacanze, pari al 2,2% del totale delle vacanze degli italiani. All’interno di questo circuito un ruolo decisivo viene svolto dalle scuole (27,5%), dai circoli e dalle associazioni culturali (17,8%) e dalle organizzazioni religiose (17,4%). La spesa media per soggiorno  si aggira sui 553 euro. Altro dato rilevante che emerge dallo studio riguarda le strutture ricettive coinvolte in questo movimento. Nel 2010, ad esempio, è stato stimato che le strutture che hanno collaborato con la rete del turismo sociale e associato siano state poco meno di 4.600, pari al 6,1% del totale, in calo del 3,2% rispetto al 2009. Rispetto allo scorso anno, si rileva anche una diversa diffusione sul territorio nazionale. Se, infatti, negli anni passati, le buone prassi di turismo sociale e associato risultavano particolarmente diffuse nel Centro Italia, nel Sud e nelle Isole, quest’anno sono le imprese del Nord Ovest ad essere maggiormente inserite in questo giro. Ulteriore dato significativo riguarda le destinazioni. Gli italiani che prenotano attraverso il circuito del turismo sociale e associato spendono il 63,1% delle loro vacanze nelle destinazioni turistiche del nostro paese, mentre il 36,9% va all’estero. Le scuole, in particolare, veicolano la quota più consistente di vacanza all’estero (50,2%), seguite dai Comuni (43,2%) e dalle organizzazioni religiose (39,5%). In questo caso i paesi preferiti sono nell’ordine Spagna, Francia e Germania. I cral aziendali e i circoli/associazioni contribuiscono, viceversa, maggiormente al turismo interno. L’identikit del vacanziere italiano che prenota tramite il turismo sociale e associato è quello di un turista mediamente giovane che nel 43,8% ha una età compresa fra i 15 e i 34 anni e solo nel 7,5% dei casi supera i 65 anni. In particolare la quota dei giovani cresce per le vacanze all’estero, evidenziando una maggiore percentuale di studenti (24,2%) rispetto alle vacanze in Italia. “In realtà a essere in crisi non è il turismo in quanto tale, ma l’economia nel suo complesso – ha spiegato nel dibattito che ha preceduto la presentazione del rapporto, la dottoressa Caterina Cittadino, capo dipartimento Sviluppo e Competitività del Ministero del Turismo – Con meno soldi a disposizione, molte famiglie tagliano il budget destinato ai viaggi e alle vacanze. In questo contesto, il Tsa può essere un settore chiave per la ripartenza dell’economia turistica. Proprio con questa convinzione, il Ministero del Turismo ha messo in campo già dallo scorso anno i ‘buoni vacanze’, per i quali anche nel 2011 sono stati stanziati 5milioni di euro, un terzo dell’intero budget del dicastero, destinati alle famiglie meno abbienti da spendere sul territorio nazionale per beneficiare anche l’indotto”. “E’ inutile nasconderci –  ha proseguito il professor Tommaso Paolino, docente presso l’Università de L’Aquila – il turismo italiano non gode di buona salute, eppure resta tra i settori economici più importanti del Paese, con il suo contributo al Pil di circa il 10% e 2,5 milioni di impiegati. Il tsa è l’unico in crescita e risponde ai legittimi bisogni di vacanza per le classi più svantaggiate e le categorie più colpite dalla crisi: giovani, precari, disoccupati. Gli operatori turistici devono comprendere che per avviare la ripresa è necessario investire di più sulla formazione del proprio personale, per tenere il passo con un mondo sempre più globalizzato e competitivo”. “Anche il tsa, come spesso capita ad altri aspetti del turismo – ha concluso il dottor Benito Perli, presidente nazionale Fitus – è quasi nascosto e sottovalutato. Le politiche del turismo devono essere strettamente collegate alle politiche del territorio a livello locale, mentre a livello nazionale la politica deve svolgere un ruolo di coordinamento delle diverse realtà”.