La Sicilia è terra di misteri, d’ogni tipo, pagani, religiosi, naturali. Tra Agrigento, Selinunte e Siracusa c’è la culla dei mysteria.
Così venivano chiamati i riti segreti a cui erano ammessi i mysti, devoti di Demetra e Kore, dee greche, madre e figlia, la cui epopea mitica Visitare quest’isola è come tornare al passato per scoprire le radici del presente. Tra alti e verdi picchi dei Nebrodi, e, andando verso Palermo, delle Madonie, montagne che dominano il Tirreno, dai Peloritani, fino al maestoso complesso del vulcano Etna (3.400 m s.l.m, il più alto d’Europa, uno dei maggiori del mondo), l’isola è un immenso contenitore di episodi storici, vicende magiche e poi ancora misteri di ogni epoca e tipo.
La fantasia incontra la storia e finisce con il diventare cronaca. Ai mysteria ho dedicato molti libri, da “Miti, riti, misteri e magia della Sicilia” a “Sicilia antica”, entrambi pubblicati da Newton & Compton di Roma, “Sicilia mysterica”, edito da Tipheret.
Ho anche dedicato corsi su “Culti orientali e mysteria”, in strutture universitarie, eppure è un mondo che non ha mai finito di stupirmi. Ecco una sintesi.
Sull’Etna, i misteri si sovrappongono ad apocalittiche manifestazioni naturali. Spettacolo di fuoco: è qui la porta dell’Inferno? Fioriscono leggende che hanno il Diavolo come protagonista. Qui ci sono alberi, come un gigantesco millenario albero, il “Castagno dei cento cavalli”, dove storia, magia, erotismo si sono sempre confuse. Pare che, all’interno del tronco, abbia trovato ospitalità una regina Giovanna con i suoi cento cavalieri. Vero? Quale Giovanna? E’ già!
La storia è ricca di regine che portano questo nome, protagoniste di episodi tra gossip, magia ed erotismo.
E poi l’acqua, magica, misteriosa. Ai piedi dell’Etna i “faraglioni” ricordano il Ciclope Polifemo, Ulisse, l’epopea dell’Odissea. A Catania, l’Amenano scivola dalla montagna al mare sempre sottoterra, se non fosse per un paio di metri quadrati all’aperto, dove una marmorea fontana ne distilla la limpida acqua.
Gli antichi lo consideravano magico, gli Arabi scaramantico, i giovani d’oggi scendono nelle cavità della terra per bagnarsi. Sperano nella sacralità delle sue acque.
«Miti e misteri sono la colonna portante non solo della letteratura ma di tutta la cultura siciliana – spiega la professoressa Sarah Zappulla Muscara, ordinaria di letteratura italiana all’università di Catania, nonché personaggio di spicco della cultura isolana e nazionale – il mito lo troviamo anche nel periodo più “verista” di Luigi Pirandello».
Ecco una chiave che spiega l’esistenza di una nugolo di scrittori in una terra dove, nei secoli scorsi, l’analfabetismo imperava.
Su quest’isola miti e storia si sovrappongono dando vita a misteri, spesso destinati a restare tali. Che dire di Sant’Angelo Muxaro, nell’Agrigentino, il cui colle è da secoli indicato come il luogo d’atterraggio di Dedalo, precursore del volo grazie alla sue ali di cera. Leggenda? Non solo.
Qui, infatti, esistono le uniche tombe micenee (II millennio a.C.) nel Mediterraneo Occidentale. Nelle necropoli preistoriche del Siracusano, da Stentinello a Cassibile compaiono strani simboli: ghirigori stilizzati, labirinti, Immagini di donne in amore.
Cosa vogliono dire? Qual è il loro messaggio agli uomini delle generazioni succedutesi nel corso dei millenni? Il mistero resta, forse in eterno. Proviamo ad entrare nei luoghi dove l’arcano è più fitto, scenari di eventi che derivano dall’imperscrutabile.
Restiamo nell’ambiente delle grotte. Nel 1954, gli studiosi, studiando le pareti della “Grotta Niscemi”, sul versante ovest di Monte Pellegrino, nel Palermitano, hanno scoperto importanti incisioni preistoriche. I calchi è possibile ammirarli nel Museo archeologico di Palermo.
C’era la sagoma di un bovino, forse un toro oppure un bisonte. Ma questi animali non appartenevano alla fauna locale di quel periodo. Chi, dunque, aveva tracciato quel graffito? L’animale cornuto che vi raffigurava?
Nessun dubbio che si tratti della rappresentazione grafica della potente forza della fecondazione. Nella grotta, dunque, c’è la più antica testimonianza della grotta intesa come ventre della Grande Madre fecondatrice.
Altre grotte di Palermo e dintorni, come quelle dell’Addaura, testimoniano riti magici antichissimi per propiziare la fertilità, temporalmente collocati tra il VI ed il VII millennio avanti Cristo.
Alcuni graffiti mostrano figure umane con le braccia alzate in segno di invocazione. Altre incisioni, di epoca successiva, molto probabilmente del Neolitico, rappresentano, con crudo senso della realtà, un rito propiziatorio della fecondità.
L’isola di Trinacria, come la Sicilia viene anche chiamata, storico crocevia del Mediterraneo e ponte di culti orientali, all’insegna del mistero, da Oriente a Occidente, è anche scenario di episodi tra magia e mistero, legati all’immaginario nordico.
I Normanni, infatti, vi hanno portato re Artù e la sorella Morgana, la fata, in Sicilia. Quest’ultima provocherebbe ancora oggi miraggi sullo Stretto di Messina. Re Artù, secondo antichissime fonti, avrebbe finito i suoi giorni sull’Etna.
Excalibur, sua mitica spada, è, dunque, in Sicilia? Le Cronache medievali indicano una traccia della presenza di questa spada in Sicilia. Riccardo Cuor di Leone l’avrebbe trovata in occasione di un viaggio nell’isola, una delle basi di partenza dei Crociati alla volta della Terra Santa. Proviamo a rivivere l’epopea.
Il 3 marzo dell’anno 1191, il re d’Inghilterra lascia Messina, diretto a Catania per incontrare Tancredi, re di Sicilia. I due si abbracciano, scambiandosi ricchi doni. Tancredi offre cinque navi attrezzate per lunghe navigazioni e quattro carri con i cavalli. Riccardo, in segno di stima, lascia a Catania la spada magica Excalibur, precisando di averla ritrovata nella tomba di re Artù.
La prova che sia davvero la leggendaria arma del primo tra i Cavalieri della Tavola rotonda? C’è solo la parola di Riccardo. Secondo una tradizione egli lascia anche la corona di re d’Inghilterra, a sant’Agata, padrona di Catania. Il busto-reliquario della Santa ancora oggi è ornato da una preziosa corona medievale.
La Sicilia è un grande libro, con molte pagine di santità e misteri, ancora aperto. Tutto da leggere, su cui meditare. C’è scritta la storia del Mediterraneo, con la formazione culturale e sociale dell’Europa grazie agli apporti della Trinacria, ponte culturale tra Oriente ed Europa.
Cicerone, nella stringente architettura accusatoria contro Verre, indegno rappresentante di Roma in Sicilia, a proposito di uno degli abusi da lui commessi, rivela la grande venerazione per Persefone a Catania, l’antica Katana.
L’ingresso al tempio era riservato solo alle donne. C’era una statua di Proserpina, ornata con oggetti preziosi, venerata con un nome particolare, Basilissa, “regina”, come in altra zona remote della Grecia. Ateneo, nell’opera “I deipnosofisti”, spiega: «nella città di Cipselo, in Arcadia, c’è un tempio dedicato a Demetra e Persefone dove questa è chiamata Basilissa.
Così come, ripetendo costumi e riti catanesi, la onorano organizzando gare di bellezza tra donne». La veneratissima Sant’Agata, il cui busto-reliquario è coperto d’oro, rappresenta la continuità storica di quel culto? Il 5 febbraio di ogni anno, infatti, si celebra la festa della santa. La città si anima di uomini in camice bianco, sono i fedeli, che tirano, con lunghissime funi, la vara con Agata. I camici bianchi e le corde riportano indietro nel tempo.
Basta leggere l’Asino d’oro di Apuleio per rivivere, con quella festa, il navigium Isidis, la magica processione in onore della dea egiziana Iside. Tra l’altro, proprio a Catania, c’è un obelisco egiziano, dedicato a Iside. Vi è di più. Nei giorni della festa, vengono portate in giro alte “candelore”, scolpite in stile barocco, pittoresche, spettacolari, tanto simili a obelischi.
L’obelisco di pietra e queste forme realizzate in stile barocco forse testimoniano una pagina dimenticata della storia siciliana. Giustino, infatti, racconta che, nel 306 a.C., Teossena, figliastra di Tolomeo Soter, si trasferì in Sicilia, essendo andata in sposa ad Agatocle, signore di Siracusa.
Non giunse da sola, ma con il seguito di ancelle, cortigiani, sacerdoti e maghi. Ierone II, signore di Siracusa nel II secolo a.C., poi, sviluppò una grande politica filo egiziana. La Sicilia, insomma, divenne non solo uno dei terminali dell’economia egiziana proiettata verso l’Europa, ma anche la culla dello sviluppo di una religiosità, quella cosiddetta “alessandrina”, fondata sui misteri di Iside e Osiride, che qualche tempo dopo sarebbe approdata a Roma.
L’insolito obelisco di Catania, forse, rispecchia l’”egittizzazione” dell’isola filtrata dall’arte e dal costume siciliano poco aderente alla originale tradizione del Paese del Nilo.
Donne e misteri. Da Demetra e Persefone, protagonista dei mysteria, a Symeta la strega innamorata, protagonista di un “Idillio” del poeta siracusano Teocrito, fino a misteri del gineceo che voleva le donne equiparate alle orse. Chi erano le “ragazze orse”?
Certamente dalla Grecia arriva in Sicilia il rito delle “orse”. Così vengono chiamate le fanciulle consacrate al culto di Artemide. Queste, in occasione della “festa delle Brauronie” officiano un servizio particolare in onore della dea, chiamata anche “Signora degli orsi”.
Il rito delle “ragazze orse”, evoca il lontano ricordo di sacrifici umani femminili. La liturgia è quella di danze lascive in luoghi appartati per evitare sguardi indiscreti. In occasione di questi balli rituali, le ragazze indossano abiti color zafferano, molto simili a quelli portati dalle ierodulae, le prostitute rituali, oppure sono coperte esclusivamente da pelli d’orso, come Aristofane scrive in Lisistrata. Artemide, dunque, svolge una funzione molto importante: quella di accompagnare la vita di una ragazza dal momento della nascita a quello del matrimonio.
«Il significato di questo rito è ancora oggi valido”, spiega la dottoressa Nunzia Fasano, psicologa e psicoterapeuta, «significa ritrovare nel passato la purezza dell’anima che aiuta a vivere meglio il presente, per questo l’orsa è diventata il nostro simbolo».
Tanto basta a comprendere come certi misteri antichi, quelli che riguardano l’anima, costituiscono modelli validi anche nel giorno d’oggi. Così tornare nei luoghi archeologici più misteriosi e intriganti può significare riacquistare la forza interiore perduta.
Nella piazza principale di Catania, tra il Duomo ed il palazzo del Comune, campeggia un gigantesco elefante costruito in pietra lavica. Quando è stato costruito? Cosa rappresenta? Pare che, in origine fosse sistemato all’ingresso delle mura cittadine, ma nessuno è mai riuscito a spiegarne il significato e, soprattutto, l’epoca di realizzazione e l’origine.
La voce popolare vuole che sia la personificazione del mago Eliodoro. Chi era? Mistero. Di lui si raccontano tante cose, tutte fantastiche ma prive di riscontro storico.
Così il pachiderma di pietra ha finito con l’essere identificato con il personaggio magico. Viene chiamato Liotro, deformazione dialettale del nome Eliodoro.
Spostiamoci, adesso, nel “Bagno della Regina”, all’Acquasanta alle porte di Palermo, angolo dove la fiaba incontra i misteri. Qui le ombre del passato danzano accarezzate dal vento.
Ancora qui l’eterna musica del mare indica alle menti vivaci la via che porta indietro nel tempo fino ad incontrare antichi culti del passato. Chi era la “Regina”? Quali strani cerimoniali vi si celebravano?
Nel “Bagno della Regina”, c’è una vasca artificiale. Chi l’ha costruita? Non è facile entrare in questa grotta marina. Si respira l’atmosfera di antichi misteri.
Sotto la volta, stretta tra cielo e mare, l’uomo ha incontrato l’imperscrutabile, la sacralità divina espressa da stille d’acqua, dotata di proprietà terapeutiche, che brillano alla luce delle fiaccole.
Il mare signoreggia in questa grotta, ora accarezzando, ora sferzando con le onde l’ambiente ieratico. Una vasca per bagni rituali, e non solo, scavati nella pietra, con due sedili, uno più grande ed imponente, l’altro meno.
Chi aveva diritto a sedersi sul “trono”? A cosa servivano? Erano destinati agli officianti? Il sacerdote e l’assistente? Oppure erano riservati, rispettivamente, alla sacerdotessa di culti misterici e alla mysta, come erano chiamati i neofiti dei culti che cercava nel ventre della terra, inumidito da un’acqua particolare, la via della rigenerazione?
Un segno distintivo dell’antica religiosità mediterranea è rappresentato dalla spirale, espressione mistica ed esoterica della vita che nasce, si evolve e perisce il nome del principio dell’alternarsi delle stagioni, quelle della natura e della vita.
Tanto basta ad introdurre il tema, chissà perché trascurato, di questo simbolo, presente in Sicilia nell’antichissima necropoli di Castelluccio, nel Siracusano. La spirale, in epoca preistorica, rappresenta il segno stilizzato al divenire della vita. E’, dunque, il segno dell’alternanza di nascita e morte.
Qui, intorno al 1400 a.C., decoravano con questo simbolo le lastre sepolcrali. Cosa può significare la spirale, simbolo di vita, su una tomba?
E’ possibile che sia stata l’osservazione delle nebulose celesti a suggerire ai primi osservatori delle stelle, il concetto dinamico della spirale. Nessuna meraviglia. L’osservazione celeste è praticata dalle popolazioni della Mesopotamia e dagli Egiziani.
Le loro culture, mediate dalla società cretese e dal nomadismo dei “Popoli del mare”, si sono diffuse nel Mediterraneo, mare del quale la Sicilia è una delle isole più importanti, e non solo per grandezza e posizione geografica.
La rappresentazione della spirale, tra i Siciliani, si collegherà sempre al simbolismo cosmico della Luna, ma secondo alcuni, anche all’espressione erotica dell’organo femminile e, ovviamente, a quello della fertilità, quest’ultimo espresso anche dalla raffigurazione delle corna. E qui ritorna il tema dominante della Luna: le corna, infatti, rappresentano la falce lunare.
La conchiglia esprime il simbolismo della spirale. Rappresenta il sesso fecondo fin dall’Era del Paleolitico e del Neolitico e compare ancora nella Sicilia del II millennio a. C.
E non a caso: questa isola è punto d’incontro, più o meno pacifico, tra nomadi dei “Popoli del mare” mercanti micenei, avventurieri e popoli in cerca di terre dove sistemarsi, quali sono Siculi e Sicani.
Il segno della spirale, apposto su una lastra tombale, è da intendere come un richiamo alla vita. A Castelluccio e nelle altre località siciliane dove compare, può quindi rappresentare l’anticipazione dei concetti di resurrezione, celebrati dai miti religiosi orientali, quali quelli di Adone, Iside ed Osiride e, per molti versi, Orfeo ed Euridice. Ma vi è di più.
Non sfuggirà agli autori più attenti che la schematizzazione della spirale incisa sulle lastre tombali, espressa dalle linee può portare a riconoscere non solo un volto umano stilizzato, ma anche la rappresentazione grafica dell’atto sessuale, inteso come sorgente di vita.
Dal passato al presente attraverso un percorso di misteriosi simboli che nel Medioevo, con la cacciata degli Arabi e l’arrivo dei Normanni, si concretizzò con le costruzioni di grandi cattedrali, prima quella di Cefalù poi l’altra di Catania, ma anche di abbazie.
A Maniace, un paese aggrappato ai contrafforti dell’Etna che si uniscono alle prime balze dei Nebrodi, la regina Margherita di Navarra, moglie del re normanno Gulglielmo I, fece edificare una piccola abbazia, piena di strani simbolismi che ricordano quella francese di Chartres. Qui si incontravano astronomi orientali e sapienti europei.
Sarà mai possibile conoscere i segreti dell’Abbazia di Thelema, fondata da Aleister Crowley, mago, esoterista ed eclettico artista britannico di nascita ma cittadino del mondo, a Cefalù, dove non c’è solo la cattedrale ma anche un antichissimo tempio di Diana, da sempre velato dal mistero.
Gli anni di Cefalù sono molto importanti per la carriera di mago ed esoterista di Aleister Crowley. Egli sviluppa al massimo la sua forza creativa nei momenti riservati alla scrittura ed alla ricerca cabalistica.
«Basta con il tradizionale computo delle ore del giorno», Crowley diceva ai seguaci, «nell’abbazia di Thelema è abolito il sistema delle ventiquattro ore, lo sostituisco con un nuovo calcolo del tempo, segnato dai movimenti degli astri».
La stagione siciliana di Crowley coincise con la nascita ed il consolidarsi del movimento rivoluzionario e politico che porterà al potere Benito Mussolini capo del partito fascista. Diventa naturale chiedersi quale sia il vero rapporto, ideologico ma anche di contestazione, tra il fondatore dell’abbazia di Thelema ed il fascismo.
Non è una questione di poco conto, in considerazione dei collegamenti, molto spesso occulti, tra esoterismo e fascismo come, oggetto di disamina da parte degli esperti su una pubblicazione, appunto “Esoterismo e fascismo” (Edizioni Hera) del settembre 2004. E’ sostenibile la tesi del contrasto tra l’ideologia mussoliniana e quella dell’esoterista inglese?
Il suo soggiorno a Cefalù si concluderà tre anni dopo l’arrivo, nell’aprile 1923, quando Crowley riceve un ordine d’espulsione dal territorio italiano. Ma nel moderno tempio, anche se abbandonato ed in rovina, si continuerà a respirare l’atmosfera mistica dei luoghi senza tempo.
Scendendo verso Trapani, si incontra il magico scenario del Monte Cofano, dirimpettaio di Erice, splendido borgo antico. Vale la pena di visitarlo per la bellezza del paesaggio e per i grandi ricordi storici, dalla meravigliosa cattedrale normanna alla memoria della dea Afrodite che, secondo gli antichi, qui aveva residenza.
Salvatore Spoto
E viaggiando ho davvero visitato Augusta, Catania e le isole Eolie…ma Salvatore parlando di “misteri” mi invoglia a conoscere l’altra Sicilia!