Di Cecilia Emiliozzi.

 

Mai come in questo momento parlare di crociere desta qualche imbarazzo. Il naufragio della Costa Concordia -propinato dai media in tutti i modi e a tutte le ore-si è prestato al consueto bisogno di sensazionalismo che dobbiamo soddisfare. Grande debolezza di casa nostra, che si unisce ad un’altra strana propensione: quella del “tanto peggio, tanto meglio”. Ovvero: nonostante sia stato chiaro da subito l’errore umano – l’imperizia, la leggerezza, la tracotanza di una persona – non è mancato chi ha voluto estendere le accuse all’intera compagnia di navigazione, alla marina tutta, alle crociere, al settore turismo in genere e persino al paese che non avrebbe sistemi di selezione adeguati.

Sembra che la responsabilità personale non sia mai sufficiente in Italia per dare un senso alle cose: c’è sempre qualcun altro o qualcos’altro con cui dividerla. E giù a coinvolgere intere categorie e a prendersela con le istituzioni, possibilmente prefigurando scenari ancora più catastrofici.

Per fortuna però, guardando un po’ altrove, certi nostri vizi vengono smascherati e tutto si ridimensiona. Nel caso in questione, ecco smentiti tutti coloro che hanno parlato di crisi del settore e di inevitabile tracollo del mercato: Singapore annuncia investimenti plurimilionari sulle crociere. Nella Conferenza annuale che vede riunirsi tutti i paesi del Sud Est Asiatico, Singapore ha infatti dichiarato di voler raddoppiare il volume di traffico crocieristico entro il 2020.

A maggio prossimo inaugurerà il “Singapore International Cruise Terminal”, porto di Marina South, costato già 350 milioni di dollari. Gli altri numeri, di un mercato che più che in crisi è in piena espansione, sono impressionanti: crescita annua del 9,5% e 29 miliardi di dollari di fatturato nel 2011.

Il governo di Singapore si propone di diventare il punto di riferimento per tutto il Sud Est Asiatico, credendo anche nell’indotto delle crociere, altra fonte di reddito notevolissima. Ecco, quando cediamo alla nostra tentazione autolesionista del darci addosso, figlia del qualunquismo e del pressappochismo, cerchiamo almeno di valutare le conseguenze.

Quanto ci costerà questo discredito gettato in abbondanza e alla rinfusa? Un’altra occasione persa e presa al volo da altri, un altro treno (ma dovremmo dire nave?) che passa senza di noi a bordo, che pure avremmo avuto le credenziali. Verrebbe da chiedersi la ragione, di questo essere sempre i peggiori nemici di sè stessi.

Cecilia Emiliozzi