Capodanno 2009 il salvataggio di Alitalia coincise con le elezioni politiche, l’Alitalia restò italiana e il partito che aveva sostenuto questa scelta vinse le elezioni. Capodanno 2013 entro pochi giorni, a partire dal 13 gennaio, i soci della cordata tricolore potranno liberarsi -se lo riterranno opportuno- del loro investimento ma, ironia della sorte, gli italiani saranno a breve chiamati alle urne per rinnovare il Parlamento. Sembra di avere a che fare con una trama scritta da un abile novelliere ma è invece un dato di fatto che le sorti di Alitalia per la seconda volta si intrecciano con l’appuntamento delle elezioni politiche.
Si sono archiviati gli anni 2009, 2010, 2011 e 2012, si sono rimescolati i vertici aziendali ma un punto rimane costante nel tempo: del profitto non si ravvede traccia. Vuoi per il carburante, vuoi per la concorrenza delle low cost, vuoi per i treni ad alta velocità, vuoi per la fine monopolio sulla Roma-Milano, i motivi dichiarati variano ma i tempi rimangono in ogni caso critici e il pareggio di bilancio viene puntualmente rimandato all’esercizio successivo.
Ad onor del vero va detto che la crisi di Alitalia non è certo un caso isolato. A parte i guai di casa nostra con Meridiana (compagnia in ristrutturazione) e Blue Panorama (sotto chapter 11 italiano), anche Iberia e British Airways sono ai ferri corti perché gli inglesi vorrebbero tagli da parte della consorella spagnola e quest’ultima rispedisce le accuse al mittente affermando che ad affossare i conti del gruppo di IAG sono in primo luogo i fondi pensione della compagnia britannica.
E’ invece rientrata l’emergenza in casa Air Dolomiti dopo le voci di ridimensionamento che Lufthansa sembrava volesse imporre, le ultime notizie provenienti da Francoforte parlano di piena fiducia sull’ex vettore di Alcide Leali e di un suo ulteriore potenziamento con 5 nuovi aeromobili.
Un recente studio commissionato dall’Enav, Ente Nazionale Assistenza al Volo, ha messo in risalto che vi è una stretta correlazione tra il volume del traffico aereo e la dinamica di crescita dei Paesi misurata dall’onnipresente PIL.
Si è preso atto della contrazione dei voli laddove la crisi è più marcata e in effetti, studio a parte, non è che avevamo molti dubbi sul fatto che il vettore aereo cosiddetto di bandiera va bene purché il suo Paese di appartenenza goda di buona salute.
Partendo proprio da quest’ultima considerazione il futuro non solo di Alitalia ma di tutti i vettori europei non si può definire roseo. Degli 8.4 miliardi di dollari di profitto che la Iata stima possano essere prodotti nel 2013 3,4 vengono dal Nord America; 3,2 dall’area Asia/Pacifico; l’1,1 dal Medio Oriente; lo 0,7 dal Sud America, mentre Europa e Africa ristagneranno entrambe a profitti ZERO.
Credere che Alitalia, vettore di un Paese a crescita negativa, in un contesto regressivo come l’attuale potesse far meglio di altre aerolinee era pura utopia. Ora, dal 13 gennaio tutte le opzioni sono aperte. C’è chi vede la strada di Abu Dhabi (Etihad), chi ancora una volta quella di Parigi (AF/KL) e chi addirittura parla del rientro del pubblico adombrando l’ipotesi di un intervento della Cassa Depositi e Prestiti.
Con ogni probabilità comunque questa seconda puntata della nuova Alitalia vedrà una compagine meno numerosa nell’attuale azionariato oggi contraddistinto con il 75 per cento del capitale suddiviso fra una ventina di soci italiani.
Inutile nascondere che di tutte le ipotesi sul tappeto la più fattibile da un punto di vista pratico è quella con Air France, pur prendendo atto che ancora una volta a cinque anni di distanza dalla prima offerta, sarebbe ancora Parigi ad avere il coltello dalla parte del manico, un fatto questo che di certo non fa piacere ai soci italiani che dovrebbero rifiutare offerte che non consentano loro di rientrare del capitale investito.
Circa la Cassa Depositi e Prestiti, da quel che è dato sapere, essa effettua interventi solo in aziende che siano in equilibrio finanziario, una fattispecie lontana dalla realtà Alitalia, mentre per quanto riguarda eventuali interventi di compagnie fuori UE si potrebbe ipotizzare un qualcosa di simile a quanto già avvenuto per il salvataggio di Air Berlin operato da Etihad; l’operazione è avvenuta con una iniezione di capitale di 350 milioni di dollari tramite l’acquisizione del 29,2 per cento delle sue azioni (95 milioni di dollari) e con ulteriori 255 milioni in finanziamenti quinquennali.
L’accostamento a Etihad si concilierebbe anche da un punto di vista operativo dal momento che di recente la compagnia di Abu Dhabi è entrata in codesharing con Air France/Klm le quali, come Alitalia, fanno parte di Skyteam.
Insomma il dilemma “italiana o straniera” sembra nuovamente riproporsi anche con le prossime elezioni e l’unica variante sul tema sarebbe che questa volta l’opzione italiana non verrebbe più esercitata da nostrani imprenditori coraggiosi (le cui fila complice la globalizzazione si vanno sempre più assottigliando) bensì da un ritorno dello Stato.
Antonio Bordoni