Chiunque si faccia carico di voler condurre Alitalia deve prendere atto che questo vettore è italiano e come tale deve confrontarsi con un mondo politico e una realtà socio-economico fra le più complesse e astruse del mondo occidentale
A queste caratteristiche “locali” bisogna poi aggiungere i problemi specifici del settore i quali, come ben sanno gli addetti ai lavori, non sono affatto di poco conto. Cosa vogliamo dire quando parliamo di astrusità italiane? Stiamo cadendo nel solito autolesionismo? Bene, per chiarire il concetto si indichi un altro Paese ove, autorità titolate, oggi affermano che in Italia ci sono troppi aeroporti e il giorno dopo vanno ad inaugurarne uno nuovo; trovate un altro Paese ove oggi si dice che le compagnie italiane sono a rischio estinzione, e il giorno successivo apprendete che vengono concessi diritti di traffico di quinta libertà a vettori stranieri su direttrici ove opera il nostro principale vettore.
Quante cose storte!
Volete che continuiamo? Altri argomenti non mancherebbero come quello di impiegare anni per stabilire se un vettore low cost comunitario -il quale insidia il primato nazionale per passeggeri trasportati- ottempera o meno alle norme sull’impiego della forza lavoro in Italia oppure, altro eclatante esempio, quello che due aeroporti nazionali debbano litigare e fare la voce grossa per convincere un vettore aereo a instaurare i servizio sull’uno invece che sull’altro.
Diciamolo francamente: in Italia fare impresa e barcamenarsi fra lobby e interessi particolari non è certo facile e la parabola al ribasso di quello che una volta era un vettore internazionale di prim’ordine che incuteva timore e rispetto ai suoi concorrenti è coincisa in maniera simmetrica con la parabola del declino del Paese-Italia. D’altra parte lo abbiamo ribadito in più occasioni: una grande compagnia aerea deve avere alle spalle un grande Paese, non vi sono vie di mezzo, senza l’uno non vi può essere l’altro.
Ammesso e non concesso che si riescano a dribblare e risolvere i problemi nostrani, chi guida Alitalia dovrà poi confrontarsi con l’odierna realtà dell’industria aerea commerciale globale ed anche su questo aspetto c’è talmente tanto da dire che non si sa da dove iniziare.
E’ normale una industria ove si emette un documento di trasporto nel quale sempre più spesso la tariffa è inferiore alle “tasse” che accompagnano il costo del trasporto aereo del passeggero?
Oggi fanno più notizia gli aeroporti delle aerolinee…
E vi pare normale che sui giornali l’apertura di un servizio anziché venir annunciato come un nuovo collegamento aereo inaugurato da un certo vettore viene invece presentato come “finalmente l’aeroporto X ora vola sulla destinazione Y”? Come in una camera oscura ove l’immagine è rovesciata, non sono più le aerolinee e i loro nuovi collegamenti a far notizia, bensì il fatto che un determinato aeroporto ha finalmente il servizio per una certa destinazione.
Sembra quasi che a volare siano gli scali e non le aerolinee. E che dire poi del costo carburante sopra i 100 dollari al barile che strangola le aerolinee e del fatto che nemmeno con una apposita surcharge si riesce a far fronte a questa voce di spesa?
Detto ciò e non certo perché ci mancherebbero altre incongruenze o fatti strani dell’industria aerea, ora veniamo ai recenti cambiamenti avvenuti ai vertici di AZ e al piano presentato dal nuovo numero uno di Alitalia, Gabriele Del Torchio. Si tratta di un piano – dobbiamo riconoscerlo – molto dettagliato che almeno si distingue da quello dei predecessori in quanto non annuncia l’utile l’anno prossimo, bensì forse nel 2016: è già un segno di distinzione rispetto alle precedenti investiture e alle non mantenute promesse “quest’anno si perde, il prossimo anno si fa utile”. Ebbene sull’argomento c’è un particolare, una prassi che non ci sentiamo di condividere allorché un nuovo personaggio viene chiamato al timone del nostro principale vettore aereo ed è la marea di lodi, osanna e “sviolinamenti” che accompagnano la sua investitura.
Speriamo che sia la volta buona, ma…
Intendiamoci bene, può darsi che questa sia la volta buona, ce lo auguriamo sinceramente, ma facendo esperienza di quanto appreso dalle precedenti investiture e di come esse si sono concluse troveremmo che sarebbe alquanto opportuno adottare un po’ più di distanza e di cautela nel decantare lodi e virtù taumaturgiche dell’ultimo arrivato. Qui non si tratta di aver poca fiducia verso chi prende le redini del comando quanto, lo ripetiamo, nel far tesoro di come sono andate le cose fino ad oggi; e piuttosto ci sia permesso evidenziare come cambi al vertice ripetuti e ravvicinati danno un segno di instabilità che non giova certo alla proposizione ed attuazione di strategie continuative.
Ma questo è un appunto personale che ovviamente non entra nel merito delle misure annunciate da Del Torchio il quale, cosa non nuova, si è trovato ad ereditare una gestione in peggioramento nei conti con debiti in aumento.
I ricavi viaggiano sopra i tre miliardi di euro ma ben distanti dai cinque indicati nel piano del 2008. Altro dato preoccupante è rappresentato dal numero passeggeri che essendosi quest’anno attestato a 25,3 milioni vuol dire che ha perso quasi seicentomila teste rispetto ai 25,9 milioni del 2011.
Sull’operativo la novità più rilevante è il ritorno in auge dell’intercontinentale, quelle rotte a lungo raggio cioè che negli ultimi anni venivano aperte e chiuse con la velocità del fulmine. Ovviamente a questa scelta non deve essere stato estraneo il particolare di cosa sta accadendo sul corto-medio raggio e di quanto poco opportuno sia continuare a puntare su rotte dominate dagli ultimi arrivati low cost i quali hanno costi gestionali decisamente più contenuti
Italia, mercato importante per altri vettori ma non per il nostro…
Tuttavia il grosso punto interrogativo sarà ancora una volta costituito dalla scelta del socio e in quale direzione si vorrà puntare: il medio oriente (Etihad), l’Europa (AF/KL), o Roma (cassa depositi e prestiti), tenendo presente che l’aumento di capitale da parte degli attuali soci o trovare nuovi soci nazionali è una missione impossibile.
Nel mezzo di questa ennesima crisi, la beffa: Lufthansa ha dichiarato che l’Italia, dopo la Germania e Stati Uniti, è il mercato più importante per LH. Dichiarazioni similari sono state fatte anche nel passato da altri vettori.
Allora alle anomalie già elencate aggiungiamoci anche questa: vi pare normale che l’Italia è il mercato “più importante” per tutti ma non è stato capace di dar lustro al proprio vettore di bandiera?
Complimenti Antonio… le tue analisi sono sempre chiare e sono la rappresentazione senza coni d’ombra della situazione/compagnia aerea che si sta analizzando.