Allorchè si procede a sostituzioni nei vertici di una compagnia aerea, vi sono due fattori i quali, se disattesi, potrebbero significare risultati deleteri e controproducenti. Il primo è dato da una eccessiva frequenza al rimescolamento delle cariche, l’altro alla mancanza di conoscenza del settore che si va a dirigere. Usiamo il verbo al tempo condizionale “potrebbero” in quanto come vedremo non mancano eccezioni alla regola.
E’ alquanto banale soffermarsi a spiegare le ragioni del primo fattore dal momento che un management al quale non viene dato il tempo di mettere in pratica piani e budget che verosimilmente vengono sottomessi al momento dell’insediamento, non si comprende quali responsabilità possa avere – dovendo lavorare in tempi limitati – circa l’eventuale non raggiungimento di positivi risultati. Vi è inoltre da considerare come, una volta che tale deprecabile pratica venga sistematicamente ripetuta, dovrebbe tenersi conto anche delle condizioni psicologiche nelle quali si troverà ad operare ogni nuovo management successivamente insediato. E’ un fattore scontato e ovvio eppure disatteso in ripetute occasioni.
Molto più interessante e ricco di osservazioni è invece il secondo fattore ovvero l’ipotesi che ai vertici della compagnia vengano prescelti personaggi che non hanno alcuna esperienza diretta nel settore dell’industria aerea commerciale. Nell’introdurre l’argomento non si può fare a meno di ricordare le non poche peculiarità che distinguono la produzione del settore in esame.
Alta competitività; bassi margini di profitto; elevati costi fissi; variazioni minime nel numero passeggeri trasportati e/o nel pricing che possono avere effetti devastanti sui risultati operativi e finanziari del vettore; posti rimasti vuoti al decollo che non sono più recuperabili. E al contrario di industrie che dipendono in misura determinante da fattori tecnologici, l’industria aerea è soggetta più di altre a fattori legali, istituzionali, ambientali e culturali. Indubbiamente il processo di deregolamentazione e le privatizzazioni che sono seguite hanno apportato consistenti cambiamenti e più snellezza nel modello, ma è opinione diffusa che questa industria necessiti di ben altri cambiamenti radicali in quanto le contraddizioni in cui si muove sono sotto gli occhi di tutti noi, basta guardarsi intorno.
Si reclama più libertà nelle acquisizioni extrafrontaliere ma in Europa mentre si permette che un vettore di bandiera austriaco sia controllato al cento per cento dalla Lufthansa, un tale radicale controllo non è fattibile se il vettore che acquista è extracomunitario; in questi giorni Alitalia sta attendendo di conoscere il responso sulla sua unione con Etihad anche se il controllo di quest’ultimo è limitato al 49 per cento. In base a quale logica ciò avvenga non è dato sapere. Quello che appare evidente è che in tal modo si procede nella costruzione di “blocchi” geografici con buona pace di chi parla di abbattimento delle frontiere.
Tra deregulation, acquisizioni e fusioni
Negli USA, Paese fondatore della deregulation, a vettori stranieri non è ancora permesso acquisire la maggioranza azionaria di aerolinee a stelle e strisce. Insomma, ovunque ci si rigiri si dovrà constatare che acquisizioni e fusioni sono avvenute solo nell’ambito di compagnie dello stesso Paese ma non a livello di compagnie aventi nazionalità estera: ciò non avviene in altri comparti commerciali o industriali. Ma le peculiarità di questa industria vanno ben oltre e coinvolgono, ad esempio, le modalità della costruzione tariffaria nonché dei vari modelli operativi, si rifletta sulla scelta dell’hub & spoke verso il point-to-point.
Infine un argomento di stretta attualità è quello del fair playing field, in quanto la natura dell’industria aerea è tale che il prodotto offerto dall’aerolinea di un determinato Paese deve necessariamente confrontarsi con quello di altri paesi ed ogni asimmetria nei costi che gravano localmente non può far altro che creare condizioni sfavorevoli di operatività.
L’identikit del perfetto manager di una compagnia aerea
A nostro modesto modo di vedere il perfetto manager di una compagnia aerea, specialmente se di calibro internazionale, è colui il quale all’interno della stessa struttura si è formato dalla gavetta e come tale ben conosce i meccanismi che sottointendono al modello chiamato a presiedere. Una caratteristica fondamentale di un tale personaggio è che di fronte ad una platea egli sarà capace di rispondere a domande tecniche senza bisogno di suggerimenti o di foglietti di accompagno. Uno di questi personaggi, sia ben chiaro che la lista potrebbe comprendere altri nomi, è stato Bob Crandall di American Airlines o per rimanere in casa nostra Domenico Cempella di Alitalia.
Quando una compagnia è diretta da tali elementi non si ha bisogno di analisti esterni per prendere le decisioni o meglio ancora per sapere a quali obiettivi e strategie puntare.
Come tuttavia abbiamo osservato ogni regola ha le sue eccezioni. Quando Michael O’Leary ha preso in mano le redini di Ryanair (e stessa osservazione va fatta per Herb Kelleher di Southwest) portandola al successo, non aveva alcuna esperienza diretta di compagnie aeree, provenendo da tutt’altri settori. Eppure il modello che egli ha creato è stato vincente ed ha avuto innumerevoli tentativi di imitazione.
Attenzione tuttavia a non sottovalutare il particolare che O’Leary e Kelleher non si sono dedicati a dirigere aerolinee dal modello tradizionale, bensì sono stati i diretti artefici del lancio di un nuovo, inedito modello di compagnia aerea nei confronti del quale nessuno prima di allora aveva avuto il coraggio di cimentarsi. La differenza è basilare. Condurre una aerolinea che anziché immettersi nel solco del modello affermato, viene ideata su base innovativa e su regole non applicate da altri, denota uno spirito di iniziativa imprenditoriale e una buona dose di coraggio, ma quel che è certo è che un tale personaggio può fare a meno del bagaglio di esperienza che invece è indispensabile a chi vuol dirigere una aerolinea tradizionale, quelle che oggi vengono denominate “legacy”.
Allorchè abbiamo esternato tali nostri concetti in pubblico, l’obiezione che più spesso ci è stata rivolta è che ormai ogni industria attiva sul nostro pianeta non è altro che una impresa finanziaria la quale è alle prese con problemi economici uguali per tutti e l’industria aerea commerciale non fa eccezione. Il particolare è senz’altro corretto ma di certo – anche prendendone atto – non crediamo che l’aggiunta della conoscenza del settore possa creare danni alla conduzione, tutt’altro. E forse potrebbe essere quel particolare che fa la differenza in un settore ove la concorrenza è spietata.