di Liliana Comandè

Un’isola pacifica dove convivono tante razze. Hotel di livello e la cordialità della popolazione ne fanno un paradiso.

La bella isola che affiora come una gemma solitaria nell’Oceano Indiano ad oriente del Madagascar, poco sopra il Tropico del Capricorno.

E per innumerevoli millenni era rimasta disabitata, coperta da fitte foreste di ebano e di altre piante pregiate su cui si ergevano picchi improvvisi dalle forma bizzarre, abitata solo da alcune specie di animali tipici dell’isola, finché, nel 1498, un gruppo di navigatori  olandesi provenienti dall’Africa del Sud, con un seguito di schiavi neri, la scoprì e la colonizzò.

Il piccolo paradiso incantò quei primi avventurosi, come ancor oggi incanta tutti quei turisti che vi giungono, più comodamente, a bordo di aerei.

Forse il pensiero dominante di quei primi avventurosi, non fu quello di passare un’indimenticabile vacanza sulle spiagge dorate, cosparse di coralli, e di fare un bagno in acque sicure ,perché le barriere coralline, a non grande distanza dalla costa, tengono lontani i pescatori.

Il loro impulso era quello di trovare una nuova patria in cui vivere. Avevano scelto bene, anche se il loro comportamento, ai fini strettamente ecologici, non fu irreprensibile.

 

Infatti, essi distrussero le foreste nelle zone pianeggianti e vi impiantarono la canna da zucchero, che ancor oggi costituisce la prima risorsa agricola di Mauritius; poi fecero lauti pranzi a base di “Dodo”, una specie di gallinaccio goffo e panciuto che esisteva solo su quest’isola e che sventatamente portarono all’estinzione.

Oggi il Dodo sopravvive malinconicamente solo nelle riproduzioni di quadri dell’epoca, nonché in statuine di legno o metallo, apprezzato dai turisti come souvenir.

I primi coloni trovarono poi un caratteristico pappagallo, purtroppo estinto, nonché il piccolo rapace Kestrel, il piccione rosa, e grandi pipistrelli, detti volpi volanti. Dall’Africa vi importarono cervi e scimmie macachi.

Il turista, che riesca talvolta a resistere al fascino delle spiagge e al bagno in acque cristalline può ritrovare la natura selvaggia risalendo le pendici delle montagne, alcune delle quali superano gli 800 metri d’altezza.

Tra queste mete ricordiamo il Piton du Milieu, il Corps de Garde, il Pouce, l’aguzzo di Pietre Both,  la Montagne du Lion, quella du Rempart, nonché il Morne Brabant, “panettone” sporgente verso il mare, da dove, in un tragico giorno, molti schiavi fuggiaschi si buttarono in mare, non sapendo che, proprio allora, la schiavitù era stata abolita.

Sempre tra le montagne, ma più facili da raggiungere, sono altri luoghi, come cratere di Trou aux Cerf, vulcano spento dai cui bordi si gode un vasto panorama, le cascate di Tamarindo, le foreste di Macchebee, le terre multicolori di Chamarel, i molto laghi tra cui quello di Grand Bassin, divenuto sacro per gli Indù, che vi hanno costruito templi sulle rive.

Così il discorso torna sulla presenza umana nell’isola, che è lunga una sessantina di chilometri da nord a sud ed è larga al massimo una quarantina, con una linea costiera di 160 chilometri.

Dunque, gli olandesi la battezzarono con il nome del principe Mauritius di Nassau.

Ma essi la abbandonarono nel 1710.  Nel 1715 vi giunsero i francesi, che, specie con Port Louis, costruirono una roccaforte marina per la loro espansione coloniale in contrasto con gli inglesi, a cui peraltro dovettero cederla nel 1810, dopo scontri sanguinosi.

Dal 1968 è indipendente. Mauritius ha una popolazione multietnica: indiani, discendenti di quelli qui giunti durante la dominazione inglese, cinesi, africani, europei. Tutto ciò ha comportato una grande varietà culturale e religiosa.

A Mauritius troviamo chiese, moschee, templi indù e pagode buddiste. Si osserva un fitto calendario di cerimonie religiose e folcloristiche, quali riti indù con “fachiri”,che si infilano aghi nel corpo o camminano su braci ardenti, oppure giovani donne in abiti colorati che cantano e portano fiori alle divinità; o cortei e danze di pittoreschi draghi cinesi.

Naturalmente anche la gastronomia rispecchia le molte culture;  molte le specialità a base di pesce, abbondanti i frutti tropicali di produzione locale, l’ananas, piccole, gialle e dal sapore dolcissimo, banane, mango e papaia e altri ancora.

Così pure l’artigianato, con oggetti che si rifanno a tradizioni africane ed asiatiche, nonché alle avventure ed alle lotte dei secoli scorsi. Infatti vi è fiorente la produzione di modelli di velieri d’altri tempi.

Per tornare alla natura, senza salire sulle montagne, piante e fiori originari di Mauritius, ed altre provenienti da Africa, Asia ed America, si possono ammirare nel lussureggiante Giardino botanico di Pamplemousse.

Con molte specie di palme,  tra cui la “Corifa”, che fiorisce ogni 40 anni, o, nell’acqua,  la “Victoria Regia” provenienti dall’Amazzonia.

Il Giardino si trova nei pressi di Port Luis, la capitale, che presenta un parlamento ed un palazzo del governo, dinanzi a cui si erige una statua della regina Vittoria, in stile europeo, la cattedrale dedicata a Saint Louis, templi di altre religioni.

Un caratteristico mercato, dalle numerose e profumate spezie, nonché le Champ de Mars, popolarissimo ippodromo, il secondo per antichità al mondo, perché costruito dagli inglesi nel 1812, poco dopo quello londinese.

L’isola ha altre graziose cittadine, con le tipiche case di legno nonché edifici più moderni, quali Curepipe, Mahèbourg e Quatre Bornes, ma anche riviere più turistiche, punteggiate di splendidi alberghi, come Flic en Flac , Grand Bay e Belle Mare.

Per citare qualche esempio di alberghi di grande prestigio e molto diversi tra loro: il Sugar Beach Resort, in stile coloniale, ed il vicino la Piroghe, più “turistico”, il raffinato Le Touessrok con un corteggio antistante di isolotti, l’elegante Saint Geran, che ricorda nel nome un veliero naufragato e che ispirò allo scrittore Bernardin de Saint Pierre e alla vicenda di Paolo e Virginia, i due innamorati naufraghi separati per sempre dal mare. Infatti lui si salvò a nuoto mentre lei, troppo pudica per spogliarsi degli ingombranti abiti settecenteschi, finì con l’annegare.

 

E parliamo di altre attrattive: la barriera corallina, che quasi affiora poco distante dalle coste, ricca di pesci e “fioriture” appunto coralli, paradiso per sub esperti ma anche per chi si accontenta di sbirciare con la maschera dalla superficie. Infine,  la pesca d’altura, specie al marlin, pesce veloce, di grandi dimensioni, ottimo in cucina.