di Antonio Bordoni

 

Lo avevamo scritto senza mezze misure che la storia del caro-voli e del tetto che il governo italiano voleva mettere alle tariffe aeree non si reggeva in piedi. Dalla nostra newsletter del 16 luglio 2023:

Abbiamo visto sugli schermi TV apparire tabelle che mostravano percentuali di incremento a doppia cifra delle tariffe applicate dai vettori sulle destinazioni più gettonate. Su questo specifico tema crediamo si sia davvero esagerato. E’ noto e risaputo che il cartello tariffario della Iata non esiste più e pertanto ogni compagnia aerea è libera di applicare le tariffe che ritiene più opportune; inoltre  tutti sanno che quanto si sborsa per l’acquisto di un biglietto aereo non è più solo e soltanto il costo della tariffa, ma ad essa vanno aggiunte varie voci corollari (le cosiddette Ancillary revenue) le quali dipendono dalla scelta personale del passeggero. Quindi,

-ogni compagnia applica tariffe differenti,

-ogni passeggero è libero di aggiungere a questa tariffa gli optional che lui ritiene più opportuni, 

precisato ciò  come si fa ad affermare, sic et simpliciter, che volare -ad esempio- a Sharm El Sheik  questa estate costa X euro ?

Ma non finisce qui.  Come non ricordare infatti che la tariffa che si decide di acquistare, dieci minuti prima costa meno, e dieci minuti dopo costa di più?  Ovvero come poter determinare in modo certo il costo di un biglietto quando è noto che la tariffa aerea varia a seconda  del tempo di prenotazione in cui è stata effettuata?  Ed ancora, quando si afferma che quella tariffa (che non si sa come è stata determinata) rappresenta un incremento del tot per cento, il metro di paragone con quale tariffa è stato fatto?

Come è noto sull’argomento il governo italiano (leggi il Ministro delle Imprese Adolfo Urso) è successivamente intervenuto  effettuando manovre correttive anche perché – come era ovvio che fosse- le misure tendenti a mettere un tetto alle tariffe rischiavano di finire nel mirino della Commissione Europea.

Dal punto di vista fattuale, la dinamica del pricing dei biglietti aerei è ben nota a tutti gli utenti così come è noto che si deve solo a compagnie come Ryanair se il mezzo aereo è divenuto abbordabile per tutte le tasche. Ed è proprio grazie a questa politica se i viaggiatori hanno abbandonato le compagnie tradizionali per rivolgersi sempre più a quelle di basso costo. E’ così che si spiega fra l’altro  perché Ryanair è diventata il principale vettore nazionale mentre Alitalia è sprofondata nei conti in rosso e la nuova Ita Airways si trova sempre alle sue spalle.

Ma nella storia del caro-tariffe, originatasi la scorsa estate, si è inserita una scia di polemiche che non fa bene ad alcuna delle parti in causa.

Quando è stata lanciata la notizia del decreto “Asset” che riguardava due punti in particolare,  la tassa sui cosiddetti extra profitti delle banche e il tetto ai prezzi dei biglietti aerei, quest’ultima misura ha prodotto l’apertura di una richiesta di informazioni per verificare il rispetto del diritto dell’Unione. Si temeva la violazione del regolamento europeo – con apertura della relativa procedura di infrazione – che prevede per i vettori la facoltà di fissare liberamente le tariffe aeree.

Ryanair da parte sua non ha perso tempo  dichiarando il decreto “spazzatura” e avvertendo che non aveva intenzione di rispettarlo. Allo stesso tempo ha contestato le cifre sulle tariffe messe in circolazione.  (1)

Più precisamente Ryanair  ha definito il “decreto illegale”  “di cui né il ministro né il suo Ministero sono in grado di spiegare il funzionamento” con la motivazione che “viola il Regolamento UE 1008/2008 sui servizi aerei”. Un testo che, dice la compagnia, ha concesso “libertà di fissare i prezzi” “ha permesso di abbassare le tariffe e di ottenere un’incredibile crescita del traffico in Italia”. (2)

Ma ciò che non può non suscitare perplessità e sorpresa è quanto dichiarato dal presidente dell’Enac Pierluigi Palma in una intervista al quotidiano La Repubblica.

“In Italia si è determinata una situazione di oligopolio. Pochi vettori dettano legge. Il regolamento UE assicura alle compagnie la libertà di stabilire le tariffe. Ma la mobilità è un diritto costituzionale e fondamentale che non può essere compromesso.” E alla davvero sorprendente domanda “non siamo più liberi di volare?”  la risposta del direttore dell’Enac è stata: “non del tutto se il mercato assume un aspetto oligopolistico, come è avvenuto in Italia, dove pochi vettori dettano la legge.  E se il volo diventa un privilegio riservato ai soli ricchi”  (3)

Rivolgersi alla capostipite dei vettori low cost europei lamentando che il volo  diventa un privilegio riservato ai soli ricchi è una affermazione che andava indirizzata ai tempi in cui gli italiani tutti lamentavano che un volo di sessanta minuti Roma-Milano, fatte le dovute proporzioni, costava come un Roma-New York.

Inoltre parlare di oligopolio, ovvero di presenza di un numero limitato di venditori, proprio oggi che noi italiani abbiamo voluto fondare una nuova compagnia e siamo in attesa che qualcuno la compri è davvero troppo.

L’oligopolio si è formato – come era stato previsto da non pochi esperti del settore – allorché varata la deregulation si sapeva che si sarebbero formati gruppi di vettori che avrebbero inevitabilmente limitato la scelta delle offerte.

Detto in parole più chiare, l’oligopolio esiste ma non è certo imputabile alle compagnie low cost, le quali sono le uniche che non ne vogliono sapere di unirsi fra loro.

Insomma quello del caro-tariffe che avrebbe dovuto essere regolamentato è stato l’ennesimo esempio di come in Italia nascono artificiose polemiche non supportate da leggi e regolamenti in vigore. Estremamente eloquente  quanto commentato in merito  sul quotidiano “Il Foglio”  (4)

Ad aggiungere confusione, infatti, al procedere un po’ sgangherato delle istituzioni c’è il fatto che l’Enac si è messa a fare il lavoro dell’Antitrust sui biglietti aerei denunciando l’esistenza di un oligopolio, mentre l’Antitrust attraverso il suo presidente Roberto Rustichelli si è messa a criticare la politica monetaria della Bce per giustificare la tassa del governo sugli extra profitti delle banche. Tutti la sparano grossa e ognuno fa il lavoro di un altro. Il metodo è chiaro, anche se un po’ folle”.

 

 

 

Tratto da www.Aviation-Industry-News.com