di Antonio Bordoni
Se cercate notizie sull’argomento le troverete con esclusivo riferimento alla collezione di punti fedeltà da parte dei viaggiatori. “Perderò i punti se la mia aerolinea passa sotto un’altra alleanza?”. Ecco, questo è il dilemma basilare che si può trovare in rete. Ma per quanto riguarda cosa ciò comporta per l’aerolinea, silenzio completo.
Certo è lecito chiedersi cosa succede ai piani di fidelizzazione, ma i media dovrebbero anche occuparsi di informare il pubblico sui risvolti che un cambiamento del genere produce nella gestione dell’aerolinea. Non è allora un caso se proprio in questi giorni in uno dei primi comunicati fatti in merito alla neo-alleanza fra ITA e LH si parla specificatamente dell’aspetto dei punti. (1)
“Programmi di fidelizzazione
A partire dal 3 febbraio 2025 chi fa parte di Miles & More potrà accumulare e spendere miglia sui voli con ITA Airways, mentre partecipa a Volare ora potrà raccogliere e utilizzare punti anche volando con Austrian Airlines, Brussels Airlines, Lufthansa e SWISS.”
Ma come valutare il passaggio da SkyTeam a Star Alliance da parte di ITA? Premesso che in base alle ultime notizie l’ingresso in Star Alliance è previsto per l’inizio del 2026, era scontato che venir acquisiti da una compagnia fondatrice di una delle tre mega alleanze oggi vigenti non poteva non comportare la migrazione sull’alleanza dell’acquirente.
Nel dettaglio cosa comporta un cambiamento del genere dal punto di vista dell’aerolinea? E soprattutto, le alleanze dei cieli sono ancora validi strumenti o dobbiamo ritenerle superate?
Le alleanze tra compagnie aeree, altro non sono che partnership strategiche tra vettori le quali consentono di cooperare su vari aspetti della loro attività, come il codesharing e l’accesso alle lounge aeroportuali. Queste alleanze sono state una pietra miliare del settore fin dagli anni Novanta e possono offrire vantaggi significativi sia alle compagnie aeree che ai passeggeri, ma non sono affatto permanenti. Esse, si dice, che offrano ai passeggeri esperienze di viaggio più fluide e seducenti dal punto di vista delle operazioni.
Nel corso degli anni, tuttavia, diverse compagnie aeree hanno cambiato alleanze o hanno deciso di agire da sole e ciò dovrebbe costituire motivo di riflessione e analisi. In effetti qualunque delle tre alleanze oggi si volesse prendere in esame la si troverebbe molto differente dai membri che essa aveva dieci, quindici anni orsono; migrazioni e/o scomparse sono all’ordine del giorno. La scomparsa di una iconica compagnia come Alitalia dai cieli malgrado essa facesse da tempo parte di SkyTeam è la prova più evidente che le alleanze non salvano dal fallimento: prima inderogabile regola rimane pur sempre una sana e oculata gestione.
In merito alle alleanze, la prima domanda da porsi è per quale motivo una aerolinea dovrebbe entrare in una alleanza anziché procedere da sola tenendo presente che la possibilità di interlinea, ovvero il fatto di poter “agganciare” un proprio settore con quello di un altro vettore è sempre esistita? Altra interessante domanda che ci si dovrebbe porre è per quale motivo un vettore decide di cambiare maglietta e passare ad un’altra alleanza.
Ebbene per questa seconda domanda potremmo citare molteplici ragioni quali ad esempio i cambiamenti di strategia commerciale, le considerazioni finanziarie, i fattori geopolitici (ad esempio, Aeroflot e S7 Airlines sono state sospese dalle rispettive alleanze a causa dell’invasione russa dell’Ucraina). Non mancano infine i casi di fallimento, ma per quanto riguarda la migrazione di ITA, come abbiamo detto, se una compagnia viene acquistata da un’altra e quest’ultima fa parte di un differente alleanza non è pensabile che la prima non venga forzata a dirigersi sull’alleanza di cui fa parte l’acquirente.
Vi risparmiamo il solito specchietto che mostra i membri delle rispettive alleanze, ci limiteremo invece a ricordare che la Star Alliance che fa capo al duo Lufthansa-United ha preso il via nel 1997, la Oneworld che fa capo al duo British Airways-American Airlines è partita nel 1999, infine la Skyteam che fa capo a Air France/KLM con Delta Airlines è decollata nel 2000. Già da questo sommario schema appaiono in evidenza due particolarità comuni alle tre alleanze: esse fanno capo ai tre principali mercati europei (Francoforte, Londra, Parigi) e ognuna di esse ha un partner battente bandiera Usa. La storia delle alleanze è costellata da entrate e uscite infinite.
Quando, dopo 39 anni in solitaria, la Compagnia britannica Virgin Atlantic ha deciso nel 2023 di entrare in SkyTeam non sono mancati analisti ed esperti del settore che hanno storto il naso e fra questi vi è Rob Burgess, editor-in-chief del UK frequent flyer site Head for Points. “Burgess ritiene che il vantaggio aggiuntivo di estendere i collegamenti di Virgin non farà molta differenza: Non c’è certamente nulla di sbagliato nell’entrare in affari con compagnie aeree come Korean, XiamenAir, Tarom, Czech, ecc. ma per la maggior parte di coloro che seguono Head for Points queste compagnie non saranno mai una parte fondamentale dei loro piani di ‘guadagno’ o ‘consumo’ di miglia. Più interessante, secondo Burgess, è il segnale che la mossa di Virgin può dare sul concetto di alleanze, cosa che le due grandi compagnie aeree con sede negli Emirati Arabi Uniti, Emirates e Etihad non hanno mai fatto.” (2)
Valutare le dinamiche delle alleanze in un settore decisamente turbolento come quello dell’industria aerea commerciale è molto impegnativo e il rischio di fallire nelle valutazioni è molto alto. Per la maggior parte delle compagnie aeree che operano a livello internazionale comunque la questione non è tanto se aderire o meno a un gruppo di alleanze, ma piuttosto con chi e in che misura. Affermiamo ciò in quanto sono veramente poche le compagnie aeree di calibro internazionale che riescono a tenersi fuori dalla ragnatela alleanze e fra queste va citata in primo luogo la Emirates di Tim Clark.
L’opinione di Clark in merito è molto chiara: “un accordo con uno dei “tre grandi” vettori statunitensi ha senso dal punto di vista commerciale. Ma Emirates non è disposta ad abbandonare la sua avversione a entrare in un’alleanza per concludere un accordo… è molto più sensato che Emirates abbia a che fare con una delle tre grandi compagnie e che possa fornire un’enorme quantità di affari, perché siamo il più grande produttore… in uscita dall’Oriente [oltre l’Europa] verso gli Stati Uniti”, ha detto Clark. C’è un’enorme opportunità che Emirates potrebbe portare negli Stati Uniti senza entrare in un’alleanza. Sarebbe un rubinetto che si apre, ci si siede e ci si guarda riempire un gran numero di aeroplani”. (3) In più occasioni Clark ha ribadito che, sebbene Emirates continuerà a valutare le opportunità, le alleanze globali sono fuori discussione.
Se è ormai di dominio pubblico che tramite le alleanze le aerolinee possono vendere i posti di un altro vettore partner e ampliare il numero delle destinazioni che esse dichiarano di poter raggiungere (4) è indubbiamente anche vero che gli accordi di condivisione tra i membri dell’alleanza finiscono per limitare le entrate dell’alleanza nel suo complesso. E’ anche da notare che da tempo ormai il modello alleanza si confronta e si scontra con il modello low cost nel quale le compagnie offrono strutture tariffarie più semplici e rotte più dirette.
I dettagli gestionali non sono semplici da spiegare. Aderendo ad una alleanza da un lato la compagnia aerea massimizza i propri ricavi, ma dall’altro si potrebbe trovare nella scelta di escludere (o ridurre) dal sistema l’accettazione di passeggeri in code-share e danneggiare significativamente i profitti dell’intera alleanza. Il comportamento di ciascuna compagnia aerea è influenzato dalla ripartizione dei ricavi tra i partner: il cosiddetto prezzo di trasferimento.
Le alleanze tra compagnie aeree sono particolarmente spinose perché le decisioni sono molto complesse, in quanto comportano scelte di prenotazione dei passeggeri in una frazione di secondo in rete con migliaia di voli e di itinerari possibili. Ed è proprio a causa di questa complessità, che i partner in genere negoziano una soluzione semplice: la condivisione dei ricavi basata su un fattore statico come il chilometraggio. Sebbene questi accordi semplici siano facili da gestire, le proporzioni di revenue sharing non cambiano con la vendita dei posti e non riflettono il valore in tempo reale dei posti su ogni aereo (il cosiddetto fattore dinamico). Di conseguenza, i ricavi non vengono massimizzati né per i partner, né per l’alleanza nel suo complesso.
Una ricerca (5) ha confrontato i punti di forza degli schemi statici di prezzo di trasferimento delle compagnie aeree e degli schemi dinamici che regolano i prezzi di trasferimento in tempo reale man mano che i posti vengono venduti e che si rendono disponibili maggiori informazioni sulla domanda. I ricercatori hanno testato questi schemi in diversi tipi di alleanze e hanno scoperto che ciascuno di essi può funzionare bene o fallire a seconda delle caratteristiche particolari dell’alleanza. Un buon schema statico per una particolare rete può degradarsi al variare della rete stessa.
Gli schemi dinamici hanno spesso prestazioni migliori e sono più robusti, ma la loro implementazione richiede un maggiore scambio di informazioni tra le compagnie aeree e può essere più influenzabile al trasferimento di informazioni non veritiere. In poche parole il gioco rimane molto motivato dall’interesse personale di ciascuna compagnia aerea. In teoria, uno schema dinamico può fornire risultati quasi ottimali, ma le singole scelte possono danneggiare l’intera alleanza.
Avverte la ricerca: Immaginate due bambini che si dividono una fetta di torta mentre entrambi tengono il coltello. È un po’ come se due compagnie aeree si dividessero i ricavi in un accordo di code-sharing, solo che quando le compagnie aeree hanno finito, potrebbero finire per dividersi una torta più piccola.
A fronte dei tanti dubbi non sono pochi gli analisti che ritengono le joint ventures un migliore strumento.
Con una joint venture, due o più aziende creano un’unica entità legale di cui ciascuna possiede una quota. Nel caso delle alleanze invece, ogni società collabora senza creare un nuovo soggetto giuridico. Un passo avanti rispetto alla collaborazione basata sulle alleanze, i vettori dell’Atlantico settentrionale hanno iniziato a creare joint venture, che sono partnership parziali di condivisione dei costi che consentono alle compagnie aeree di ridurre il più possibile le spese operative, contribuendo a espandere i margini su queste rotte.
Vi sono esempi di accordi di J.V. fuori dagli schemi delle alleanze come ad esempio quello di Qantas, membro Oneworld, la quale ha siglato un accordo di joint venture con la Emirates su alcuni settori europei.
Volendo tirare le somme possiamo dire che le tre ben conosciute alleanze dei cieli sono solo una minuscola parte di un sommerso mondo di accordi e legami stretti fra compagnie aeree.
Questo mondo poco conosciuto mette comunque a nudo una evidente verità: anche i grandi players internazionali -quelli che una volta mai e poi mai avrebbero mischiato il loro brand con quello di un concorrente- sembra non possano fare a meno di operare in sinergia con altri vettori. Rimangono fuori da questa visione le low cost le quali non hanno affatto l’intenzione di diluire il loro revenue stringendo accordi con altri vettori.
Rimane di valida attualità una celebre battuta di Michael O’Leary: “L’unico settore in cui avrei potuto avere successo è quello delle compagnie aeree, perché è un settore fondamentalmente disfunzionale, non fa soldi. E sono stato molto fortunato a trovare un lavoro in un’industria disfunzionale, piena di persone disfunzionali come me”. (6)
- https://business.lufthansagroup.com/it/it/news/lhg-ita-airways?utm_medium=email&utm_source=nl-experts; Gli altri punti toccati dalla comunicazione riguardano “Lounge” e “Accordi di codeshare” la comunicazione porta la data del 3 febbraio 2025.
- https://www.independent.co.uk/travel/news-and-advice/airline-alliances-virgin-atlantic-skyteam-b2176473.html ;
- https://aviationweek.com/air-transport/airlines-lessors/emirates-clark-no-deal-big-us-airline-missed-opportunity
- Ci riferiamo al discutibile particolare che una volta entrato nell’alleanza il vettore dichiara e pubblicizza di volare non più sulle reali destinazioni da lui servite, bensì sul numero totale delle destinazioni toccate da tutti i membri dell’alleanza.
- Robert A. Shumsky, Professore di Operations Management Tuck School of Business, Dartmouth
- “Ryanair boss Michael O’Leary: ‘No company has done more in the last 30 years to boost the process of European integration than us’” The Independent , 24 dicembre 2014.
Tratto da Aviation-Industry-News.com