di Antonio Bordoni.
Facciamocene una ragione e mettiamoci l’anima in pace. Se sono fallite icone mondiali del trasporto aereo del calibro di Pan American – anno di nascita 1927 – o di Swissair -anno di nascita 1931 – per quale motivo tanto stupore per la scomparsa di Alitalia, anno di nascita 1947? Senza dimenticare poi che tutto possiamo dire tranne che la scomparsa sia stata improvvisa, inaspettata, tale da cogliere tutti di sorpresa.
Piuttosto, se c’è una cosa di cui meravigliarsi questa è certamente costituita dal ritardo con cui la chiusura è arrivata, solo oggi anno 2021, quando ripetutamente nel corso degli anni, e non certo una sola volta, personaggi istituzionali di spicco avevano annunciato che “Alitalia è clinicamente morta” o che “le casse erano vuote e che rimanevano pochi giorni di vita.”
Certo comprendiamo che erano tanti ormai coloro che si erano abituati, avevano fatto il callo su quella che era diventata una abitudine, o meglio sarebbe dire una droga: sono finiti i soldi? Ecco il governo sempre pronto a metter mano al portafoglio per continuare a far volare aerei di una compagnia che qualcuno disse pure che “più vola, più perde”. Ma anche se siamo in Italia, paese dalle mille meraviglie, è chiaro che prima o poi si sarebbe giunti al capolinea.
Intendiamoci bene: se i soldi dei contribuenti, se i soldi di tutti noi fossero serviti a far uscire la compagnia da una temporanea e inaspettata crisi dalla quale ci si sarebbe potuti risollevare in breve tempo per permetterle di volare più in alto di prima, non avremmo di certo nulla da dire e nulla da eccepire.
Ma oggi guardandoci indietro e ricordando le continue elargizioni fatte dai governi di cui si è perso il conto, qualcuno può dire a cosa sono servite queste se non a prolungare un’agonia , una inarrestabile emorragia di bilanci in perenne rosso?
Semplicemente vergognamoci!
L’Italia è un paese ai vertici delle graduatorie mondiali per i flussi turistici.
E l’aviazione commerciale è progredita ed è divenuta un fiorente business grazie al traffico turistico che lei stessa aveva generato mettendo in linea aerei a reazione che permettevano, e permettono tuttora, di spostarsi da una continente all’altro in poche ore.
Ciò ha favorito la nascita di nuovi vettori che, abolendo le elefantiache strutture delle aerolinee tradizionali, hanno snellito i collegamenti aerei aprendo servizi su città una volta tagliate fuori dai segmenti internazionali.
Ma una cosa la dobbiamo gridare ad alta voce: in nessun paese il vettore storico tradizionale, quello che prendeva l’appellativo “di bandiera”, è stato fatto fuori , è stato tenuto in terapia intensiva per anni e decenni come è avvenuto da noi.
E ciò è accaduto, lo ribadiamo nuovamente, malgrado in Italia il movimento turistico è in cima alle graduatorie mondiali. In Grecia, il giorno dopo la scomparsa di Olympic, è nata Aegean Airlines. In Svizzera il giorno dopo la messa a terra di Swissair, è nata Swiss International. In Belgio, dopo la chiusura di Sabena, è nata Brussels Airlines.
Tutti gli altri paesi, compresi quelli che non vantavano certo una aerolinea di grandezza pari all’Alitalia, quali ad esempio Portogallo, Malta e Lussemburgo, hanno mantenuto ed hanno visto crescere il loro principale vettore aereo.
Qualsiasi paese europeo si voglia prendere, troveremo un suo vettore aereo primario in salute. Da noi uno dopo l’altro, come i dieci piccoli indiani di Agatha Christie, siamo stati capaci di far fuori tutte le nostre compagnie.
Ora gli occhi sono puntati su ITA Airways così come nel 2008 lo erano su CAI . Per essa le usuali parole di circostanza di speranza e di augurio volano nell’aria, ma quali garanzie hanno i 2800 dipendenti della nuova compagnia che di fronte a loro si apra un brillante, radioso futuro?
Una novità dietro le quinte in effetti c’è e consiste nell’accordo siglato con la Airbus il 30 settembre scorso.
In quella data è stato firmato Il Memorandum of Understanding (MOU) che prevede l’acquisto di 28 aerei Airbus, tra cui 10 A330neos, 11 A320neos e sette A220. ITA inoltre ha precisato che noleggerà fino a 56 nuovi Airbus nel corso del suo business plan, tra cui 13 tipi a lungo raggio – l’A350-900 incluso – e 43 modelli a corto raggio.
Tutto ciò sarebbe propedeutico all’’espansione della flotta che porterà la nuova compagnia, partita il 15 ottobre, da una flotta iniziale di 52 aerei a 105 nel 2025. Una flotta tutta Airbus, quindi, con i primi esemplari che dovrebbero entrare in linea alla fine del primo trimestre del prossimo anno. Ricordiamo anche che la ITA Airways ha firmato per il leasing di 31 aerei Airbus dal locatore statunitense Air Lease.
Indubbiamente il lancio della nuova dimagrita compagnia con contemporaneo annuncio di acquisto di nuovi velivoli è un particolare inedito che non era presente nelle precedenti ristrutturazioni e che merita di venir sottolineato.
Quando si è appreso che ITA voleva acquisire nuovi aerei non pochi osservatori hanno creduto che Airbus avesse più possibilità di Boeing per vincere questo business, non fosse altro perchè ordinare nuovi aerei da Boeing avrebbe costretto la neonata compagnia aerea a sopportare un rinnovo flotta alquanto complesso.
Come era logico che fosse, nel frattempo i vertici di ITA avevano continuato a negoziare anche con Boeing e alcune fonti ritenevano che il costruttore USA potesse offrire vantaggiosi sconti tali da non poter essere scartati.
Dietro la scelta l’eterno confronto fra i due giganti dell’industria aerea commerciale: Airbus vs. Boeing.
L’Airbus A220 ha ottenuto plausi per la sua autonomia, il basso consumo di carburante e il comfort. Tuttavia, Airbus alla data del 31 agosto contava per questo modello solo 470 ordini fermi.
Vincere almeno altri 22 ordini per consegne a breve termine, compresi i contratti di leasing, aiuterà Airbus ad incrementare la produzione di A220, anche se il suo obiettivo di produrne 14 al mese sembra per ora fuori portata.
Dubbi son presenti anche sul programma del modello A330neo a causa della debolezza della domanda in tutto il mercato dei wide-body.
Indubbiamente, la scelta di ITA di adottare una flotta interamente Airbus rappresenta un’altra sfida per Boeing. Nel corrente anno solo due clienti chiave, Southwest Airlines e United Airlines, hanno rappresentato la maggior parte degli ordini di Boeing.
E come tutti ben sanno i grandi clienti come quelli appena citati tendono a negoziare ed ottenere gli sconti maggiori sugli acquisti di aerei. Il censimento dei velivoli in circolazione presso tutte le compagnie mondiali al 31 dicembre 2020 mostra un confronto serrato fra i due contendenti, ed è inevitabile che con il ritorno in servizio del nuovo Boeing 737 Max e la ripresa dell’intera industria dopo la crisi pandemica, la sfida fra i due giganti tornerà ad essere bollente.
Boeing vs Airbus: Totale velivoli in circolazione al 31/12/2020 (1)
Boeing 717 91 A220 105
Boeing 727 34 A300 185
Boeing 737 5743 A310 14
Boeing 747 327 A320 6269
Boeing 757 479 A330 755
Boeing 767 544 A340 59
Boeing 777 1041 A350 293
Boeing 787 728 A380 18
TOTALE 8.987 7.698
Indubbiamente è vero che la scelta di un unico fornitore permetterà di superare le limitazioni di flessibilità nella gestione dell’equipaggio e di ottenere una maggiore efficienza nella fornitura dei pezzi di ricambio degli aerei e nelle attività di manutenzione, ma ci sia permesso avanzare anche l’ipotesi che dietro la scelta potrebbe esservi un non troppo celato richiamo indirizzato ai megavettori europei per rendersi allettante in vista di un futuro accordo o addirittura merger.
(1) “World Airliner Census” Flightglobal
Tratto da www.Aviation-Industry-News.com