di Antonio Bordoni.
Prepariamoci. In fase di corto finale l’acquisizione da parte di Lufthansa, per Ita Airways si prospetta un cambio di alleanza ovvero il passaggio da Parigi a Francoforte o, se preferite, da SkyTeam a Star Alliance.
Come tutti ben sanno la valenza dell’appartenere ad una delle tre sacre alleanze dei cieli è oggi molto relativa. Presentate alla loro nascita come l’indispensabile toccasana per i problemi che assillano le aerolinee, oggi esse altro non rappresentano che mettersi sotto le ali di una capogruppo e proclamare di volare in centinaia di destinazioni laddove in realtà volano gli altri e non i tuoi aerei.
Come ci si renderà conto leggendo questo nostro intervento le alleanze fanno comodo ai grandi (perché minimizzano i concorrenti più fastidiosi) ma servono ben poco ai piccoli/medi i quali vogliono far credere di far parte di una grande famiglia.
I vantaggi possono consistere in una rete estesa, spesso realizzata attraverso accordi di codeshare. Molte alleanze sono nate solo come reti di codeshare. Per i viaggiatori i vantaggi consistono in più opzioni di lounge aeroportuali condivise con i membri dell’alleanza, accesso rapido a tutti i membri dell’alleanza se si ha lo status di frequent flyer, premi di miglia più rapidi grazie all’accumulo di miglia per un singolo account su diversi vettori, biglietti round-the-world, che consentono ai viaggiatori di volare in tutto il mondo a un prezzo contenuto.
Ma di certo il fatto che questi accordi implicano la condivisione del personale operativo (ad esempio, personale di assistenza a terra, ai banchi di check-in e di imbarco) significa pure che l’assistenza aeroportuale al passeggero sarà sempre più critica e deficitaria: uno stesso dipendente sarà chiamato ad assistere voli di più compagnie.
E’ indubbio che le alleanze tra compagnie aeree possono creare ben altri svantaggi per i viaggiatori, come prezzi più alti quando la concorrenza viene eliminata su una determinata rotta o voli meno frequenti. Appare evidente infatti che se due compagnie fanno parte di una stessa alleanza le tariffe che esse praticheranno su una determinata rotta sulla quale entrambi operano non potranno essere concorrenziali fra loro, mentre una volta fuori alleanza lo erano.
Non tutti i vettori, anche quelli più grandi e di grido, possono venir accettati in una alleanza poiché, non dimentichiamolo, si tratta pur sempre di soddisfare gli altrui interessi. Pertanto, a molti di loro sarà interdetto l’ingresso. I vettori low-cost (LCC) operano su un modello di business diverso e le strategie utilizzate dalle alleanze globali non sono vantaggiose per loro.
Le LCC si concentrano sull’ottimizzazione delle operazioni, riducendo un certo numero di servizi e utilizzando aeroporti secondari per offrire tariffe basse sui voli regionali. Questo è l’opposto di ciò che di solito le alleanze propongono (destinazioni a lungo raggio, servizi di business e prima, accesso alle lounge, ecc.) Non c’è da stupirsi quindi che le LCC non facciano parte di associazioni globali. Ma deve essere ben chiaro che non è una Ryanair che non viene accettata da una alleanza, quanto è proprio Ryanair che girerà alla larga dall’alleanza.
Tuttavia le LCC possono ancora formare i propri gruppi. Per ora, Value Alliance, creata nel 2016, è l’unica unità funzionante di questo tipo. È composta da cinque vettori low cost con una flotta combinata di circa duecento velivoli che operano nel mercato dell’Asia-Pacifico. L’alleanza serve oltre 160 destinazioni da 17 hub in Australia, Asia settentrionale e Sud-Est asiatico. Ciò la rende la quarta alleanza al mondo. I passeggeri possono costruire itinerari attraverso la rete e acquistare un singolo biglietto a un prezzo competitivo attraverso un sistema di prenotazione indipendente. (1)
Fra i critici delle alleanze vanno annoverati personaggi di rilievo come ad esempio il presidente di Emirates Airline, Tim Clark, il quale in più occasioni ha espresso forte preoccupazione per il crescente potere delle alleanze tra compagnie aeree. Egli ha più volte ribadito la resistenza di Emirates ad aderire ad una di esse, affermando che questa diventerebbe un “freno artificiale” ai piani commerciali del vettore.
Sebbene il consolidamento possa essere giustificato in alcuni casi e il fallimento di vettori finanziariamente non redditizi sia necessario, Clark afferma che la combinazione dei due fattori, se considerata insieme al potere dell’alleanza, preoccupa Emirates. Nel passato Clark ha espresso la sua irritazione per l’influenza di Star Alliance. Cita esempi in cui le autorità canadesi e tedesche sembrano aver agito per difendere i vettori Star contro Emirates – e ridicolizza l’idea che tale concorrenza possa danneggiare l’alleanza.
“Il nostro timore è che la ripresa economica dell’aviazione nei prossimi anni veda una manciata di alleanze dominanti in grado di alterare radicalmente il panorama competitivo in molti mercati per i consumatori e le compagnie aeree non allineate.” (2) Una visione del tutto condivisibile.
Tutti conoscono le tre grandi alleanze di compagnie aeree: Skyteam, One World e Star Alliance. Queste grandi alleanze mondiali hanno molti partecipanti e sono caratterizzate da importanti conduttori/capofila (cosiddetti “anchor tenant”). Far parte di un’alleanza sembra una vera vittoria per le compagnie aeree, in quanto le rende parte di una rete molto più ampia e dà loro accesso a flussi di entrate altrimenti irraggiungibili, tuttavia un particolare sembra essere assodato: un’alleanza non è adatta a tutte le compagnie aeree. I partner non vengono trattati allo stesso modo e alcune compagnie aeree, soprattutto quelle piccole, finiscono per spendere molto di più di quanto ricevono di nuovo revenue.
Le alleanze infatti possono essere costose. Le tre grandi alleanze fanno pagare ai partecipanti una quota annuale, che in genere varia in base alle dimensioni. Tuttavia, questo è solo uno dei tanti costi in più che comporta l’aderire ad una di esse. Per far funzionare la biglietteria e altri aspetti all’interno delle partnership, è probabile che siano necessari investimenti e aggiustamenti informatici.
Una compagnia aerea che aderisce all’alleanza potrebbe dover spostare le proprie strutture in alcuni aeroporti per essere più vicina ai nuovi partner, e questo richiede denaro, tempo, persone e risorse politiche. Gli addetti al servizio clienti devono essere addestrati alle nuove procedure, come ad esempio il riconoscimento di un biglietto acquistato tramite l’alleanza ma non in modo diretto. I dipartimenti di fidelizzazione dovranno creare nuovi premi e affrontare i costi di viaggio gratuiti per i clienti che magari non hanno mai volato con quella compagnia aerea. Indubbiamente le alleanze aggiungono una notevole complessità alle operazioni di una compagnia aerea. Non si può infine sottovalutare il numero di casi problematici di assistenza a clienti, a livello mondiale, che impegneranno tempo, personale e uscite di cassa.
Il vero “peso” -che è poi quello cui accennava Tim Clark- deriva dal fatto che i membri dell’alleanza costringono le compagnie aeree a situazioni a dir poco scomode. Prendiamo il caso di una compagnia aerea che ha l’opportunità di espandersi rapidamente, ad esempio in Nord America. In quanto parte di un’alleanza con United, Delta o American (che, sfortunatamente, sono membri di ciascuna delle tre grandi alleanze, Sky Team, One World e Star Alliance), una tale possibilità sarebbe fortemente scoraggiata se non impedita per il semplice fatto che tale entrata disturberebbe il “loro” mercato.
Altri subdoli tranelli possono trovarsi nelle modalità di ripartizione del ricavato, un aspetto “tabù” su cui trapelano poche informazioni. Nel lontano 1993, British Airways acquistò il 20% di USAir. Nell’ambito di questo rapporto, venne firmato un contratto di ripartizione dei prezzi. Questo tipo di contratto definisce le modalità di ripartizione dei ricavi dei biglietti quando un cliente acquista un singolo biglietto che utilizza più compagnie aeree. Di conseguenza, quando un cliente volava dall’Europa a una città degli Stati Uniti che richiedeva un segmento, USAir non riceveva quasi nulla dei ricavi di quel biglietto. Eppure USAir continuava a far volare il cliente e a sostenere quei costi. La clausola che impone alle aerolinee la ripartizione delle tariffe incassate è solo uno dei tanti contratti che lega una compagnia aerea quando essa entra a far parte di un’alleanza. (3)
Esiste una alternativa alle alleanze?
La risposta è affermativa e molte compagnie aeree stanno scegliendo di ricorrere al modello joint venture. Oman Air, ad esempio, ha recentemente dichiarato di preferire la flessibilità offerta dalla scelta dei propri partner limitati, ovvero di adottare il joint venture. “Un piccolo vettore in un’alleanza globale è davvero inaudito. Credo che il futuro sia più incentrato sulle joint venture e sui partner, ottenendo altre risorse come i programmi frequent flyer e l’accesso alle lounge”, ha dichiarato Paul Starrs, CCO di Oman Air. Con una joint venture, si può scegliere di terminarla in qualsiasi momento senza controversie, si può scegliere cosa condividere e si può persino arrivare a una fusione in futuro. È davvero un modo migliore per gestire una compagnia aerea come un’azienda”.
Una compagnia aerea dovrebbe considerare l’alleanza alla pari degli altri canali di distribuzione. L’alleanza porta i clienti alla compagnia aerea a un certo valore di tariffa incassata a fronte di determinati costi. In questo senso, l’alleanza equivale al sito web della compagnia aerea o Expedia.
I ricavi dell’alleanza possono essere facilmente isolati e i costi di vendita dovrebbero includere tutto ciò che la compagnia aerea paga per far parte dell’alleanza: ebbene la trasparenza di un tale approccio dimostrerebbe che alcune compagnie facenti parte di un’alleanza farebbero meglio a lasciarla, perché è di gran lunga un metodo di distribuzione poco efficiente. Tuttavia sono in molti a farsi ammaliare dalla “figura”, dall’impressione che si fa sull’opinione pubblica annunciando l’entrata in una delle tre alleanze globali: l’emozione di un tale annuncio spesso rende i vettori ciechi di fronte a questa realtà. Come molte decisioni emotive prese dalle compagnie aeree, è necessario che anche questa sia guidata da una ponderata analisi costi/ricavi.
l prossimi mesi dovremmo assistere a parecchie novità: alcune delle principali compagnie aeree riconsidereranno le loro posizioni all’interno delle alleanze esistenti o esamineranno la possibilità di defezionare verso un’altra alleanza. Con vettori come TAP Air Portugal in cerca di investimenti, di ITA Airways in discussione con Lufthansa e la imminente fusione tra Korean Air e Asiana che probabilmente otterrà l’approvazione finale, ci sono i primi segnali di alcuni movimenti che creerebbero ripercussioni su altre partnership. Tuttavia, come sappiamo, queste cose richiedono tempo, l’uscita da un’alleanza può richiedere almeno un anno per essere districata in tutti i suoi nodi. Per chi ci vuol pensare e uscire fuori dal coro, la scelta di Oman Air è un’ottima possibilità.
Una delle ultime analisi (NOV/22) circa lo share di ciascuna allenza
Una proiezione di come si altererebbe la consistenza di Star Alliance in caso Emirates decidesse di aderirvi. (4)
- Attualmente fanno parte della Value Alliance, la Cebu Pacific, la Cebgo, (entrambe filippine), la Jeiu Airlines, (Giappone) la Nok Air (Tailandia) e la Scoot (Singapore).
- https://www.flightglobal.com/emirates-clark-outlines-concerns-over-alliance-power/90333.article
- https://simpleflying.com/are-airline-alliances-coming-to-an-end/ “Are airline alliances coming to an end?”
- Entrambe le tabelle sono tratte da uno studio di OAG: https://www.oag.com/blog/airline-alliances
Tratto da www.Aviation-Industry-News.com