di Antonio Bordoni

 

Vorremmo commentare con voi la seguente notizia apparsa in questi giorni sulla stampa di settore: “Air India and Lufthansa Group expand codeshare relationship to 60 more cities”.

Leggendo titoli di tal tenore i giovani di oggi potrebbero credere che le compagnie aeree si diano un gran da fare per cooperare fra loro. Ma se  la notizia può far colpo su chi ha pochi anni di esperienza nel settore, lascia invece del tutto indifferenti chi, come il sottoscritto, ha i capelli bianchi.  Per quest’ultimi infatti più corretto sarebbe dire che la notizia suona come una presa in giro, il riproporre una vecchia ricetta.

Non si tratta di una battuta ad effetto ma della semplice verità:  per oltre cinquant’anni, ovvero dal dopoguerra e fintantoché le aerolinee non si sono raggruppate in quei fortini chiamati alleanze, qualunque compagnia aerea purché aderente alla IATA  (e tutte lo erano) attraverso uno strumento chiamato “pro rata” poteva sempre emettere un proprio biglietto aereo il quale comprendeva settori, tratte volate su altri vettori.

La procedura prendeva il nome di “interlining” ed era uno strumento comunissimo di cooperazione fra vettori che facilitava di molto la vita del passeggero.  Quindi un primo commento che possiamo fare di fronte alla notizia da noi riportata è che quanto viene presentato per una “novità” in realtà non è affatto tale e serve a dimostrare che i vettori che in tempi recenti hanno cercato di vendere solo e soltanto loro servizi, stanno ingranando la retromarcia.

Ciò che sta accadendo è la prova che le compagnie aeree sono diventate estremamente selettive riguardo alle consorelle con cui collaborare e tendono a valutare in modo più scientifico la qualità della relazione, quantificando i benefici reali, e se così non facessero i loro conti potrebbero risentirne negativamente. In poche parole per loro il biglietto ideale sarebbe quello che permette l’incasso del 100 per cento della tariffa venduta.

Indubbiamente la pianificazione della rete, la scelta delle destinazioni è un importante primo passo per una ottimale gestione di una compagnia aerea, ma il successivo step anch’esso basilare è il pricing e la gestione dei rendimenti. E’ qui che, a nostro parere, oggigiorno molti vettori si giocano il loro futuro penalizzati però dall’appartenenza ad una alleanza. 

Se infatti nel passato il vettore aereo era libero di far vendere i propri settori a tutte le compagnie aderenti alla IATA, oggi questa vendita viene incanalata su quei vettori che fanno parte della stessa alleanza. Ecco fra l’altro spiegato il motivo per cui un vettore che entra a far parte di una alleanza improvvisamente dichiara di volare su centinaia di destinazioni anche se in realtà i suoi aerei volano solo su una manciata di rotte; ennesimo esempio di fumo negli occhi per la clientela.

Ma che si faccia parte di un’alleanza o meno, è un dato di fatto che  le compagnie aeree tradizionali (quelle che operano sul corto, medio e lungo raggio) hanno bisogno di altre compagnie aeree per l’alimentazione e il deflusso da e verso la propria rete. E non si tratta solo di trasportare un maggior numero di passeggeri: troppe  aerolinee pagano troppo ad altre compagnie attraverso le odierne ripartizioni, e ricevono troppo poco per trasportare i passeggeri allorché un altro vettore vende un loro servizio.

Ecco, quello che una volta qualunque dipendente di compagnia aerea poteva agevolmente quantificare usando il Pro-rate Agreement della IATA, oggi è diventato obsoleto e al suo posto troviamo accordi che possono però ridurre di molto il revenue generato e soprattutto a chiusura di esercizio finanziario mostrare inaspettate sorprese. 

E’ senz’altro vero che abbondonate dai rispettivi governi le odierne aerolinee sono molto attente a non vanificare le loro entrate ma, precisato ciò, è bene ricordare che oggi – aldilà dei proclami con cui abbiamo aperto questa newsletter –  non poche aerolinee incasserebbero un revenue più sostanzioso se potessero vendere settori “secchi” point-to-point esclusivamente sui loro voli.

Le ricette per ottimizzare i ricavi non sono un segreto, ma per ottenerle ci vuole esperienza. La corretta definizione delle condizioni di un accordo di pro-rata può garantire alcuni punti percentuali di ricavi aggiuntivi senza incorrere in maggiori costi. I flussi di traffico interlinea devono essere analizzati per ottenere le impostazioni ottimali. Accordi speciali di pro-rata, i cosidetti SPA, Special Pro-rate Agreement, ben progettati consentono a una compagnia aerea di offrire mercati e destinazioni supplementari a tariffe competitive per il mercato, grazie a costi di pro-rata accettabili.

Chi sembra aver tratto le migliori lezioni dall’altalenante industria dell’aviazione commerciale sono oggi le compagnie low cost. Avvantaggiate dalla peculiare tipologia di rotte da loro svolte (point-to-point) possono fare a meno di entrare nelle alleanze  e ciò fa sì che il revenue da loro prodotto venga introitato completamente nelle loro casse. Forse sono proprio le compagnie tradizionali quelle che dovrebbero meglio ponderare la politica commerciale da loro adottata.

 

Tratto da  Aviation-Industry-News.com