I nuovi sentieri del benessere tra turismo lento, sostenibilità e pellegrinaggio

 

Il pellegrinaggio, oggi, non è più solo un’esperienza di fede ma anche un percorso alla ricerca di benessere, spiritualità, cultura e contatto con la natura, con il sé più autentico e la comunità. Tuttavia, senza reti locali e nazionali solide, consapevolezza, formazione adeguata e strumenti operativi, il rischio è che la sostenibilità resti soltanto uno slogan.

È quanto emerso dal  convegno “Turismo religioso e sostenibilità ambientale”, svoltosi presso l’Università Europea di Roma, nell’ambito del progetto “I nuovi sentieri del benessere tra turismo lento, sostenibilità e pellegrinaggio”, coordinato e moderato dalla professoressa Carmen Bizzarri, associata in Geografia all’UER e responsabile scientifica dell’iniziativa.

Il convegno  ha riunito relatori internazionali per fare il punto sul turismo religioso e interrogarsi sui nuovi modelli di accoglienza e governance necessari, in occasione del Giubileo 2025 e oltre. Da qui l’appello dei relatori a costruire modelli concreti e inclusivi, con il coinvolgimento diretto di studenti, operatori e comunità.

“La sfida della sostenibilità nel turismo religioso richiede di considerare il benessere del corpo, dell’anima e dell’ambiente come dimensioni interconnesse, ha dichiarato  Bizzarri  sottolineando come “il concetto di benessere non può essere oggi disgiunto da una visione integrata della persona e del paesaggio attraversato, i cammini spirituali diventano così infrastrutture preziose per la rigenerazione umana e territoriale”.

Ma qual è oggi l’identikit del pellegrino contemporaneo? “Accanto alla fede emergono la ricerca interiore e spirituale, il desiderio di cultura, il turismo tout court e persino l’enogastronomia”, ha fatto sapere Samanta Tata di FS Treni Turistici Italiani attraverso i dati più recenti della Via Francigena e degli itinerari spirituali italiani. “Le motivazioni dei pellegrini oggi sono sempre più ibride e diversificate, con una chiara preferenza verso esperienze autentiche e sostenibili” ha precisato richiamando anche la necessità di rafforzare le reti logistiche e i servizi lungo i cammini.

Il prof. Kiran Shinde (La Trobe University, Australia), tra i massimi esperti internazionali di turismo religioso ha offerto una prospettiva comparativa tra paesi e culture diverse, illustrando casi studio dall’India, all’Europa, fino al Medio Oriente. “Per gestire l’impatto ambientale del turismo religioso dobbiamo comprenderne a fondo le dimensioni spirituali e culturali e sviluppare modelli di sostenibilità che rispettino il valore sacro dei luoghi visitati”, ha spiegato,  evidenziando come la sacralità non sia solo una qualità astratta, ma un elemento che modella la fruizione del territorio. Ne sono un esempio i cammini urbani, che possono diventare strumenti di riqualificazione territoriale e coesione sociale.

E gli fa eco Silvio Marino (Associazione Europea Vie Francigene) raccontando  l’esperienza dei cammini urbani attorno alla Capitale, come il Cammino di San Francesco, le iniziative che hanno portato i cittadini a riscoprire i margini della città: “È una nuova forma di turismo, centripeta e partecipata, che fa emergere l’orgoglio civico e connette la città con i suoi abitanti”.

Tra i rischi crescenti, tuttavia, c’è quello della mercificazione del sacro e della compromissione dell’equilibrio economico e ambientale delle comunità locali.  “Oltre alla sostenibilità ambientale, occorre un equilibrio culturale che richiede rispetto e ascolto”, interviene Tiberio Graziani (Vision & Global Trends), “ l’importanza di un’educazione al ‘sacro’ è cruciale, anche per evitare fenomeni di sfruttamento predatorio sul territorio e favorire relazioni equilibrate tra visitatori e luoghi”.

Il prof. Vito Roberto Santamato dell’Università degli Studi di Bari, Aldo Moro, ha evidenziato i risvolti della complicata integrazione tra turismo e accoglienza attraverso l’esempio di San Giovanni Rotondo, raccontando i rischi delle conseguenze negative sull’economia locale e sulla sostenibilità ambientale a causa degli elevati costi sociali (gestione rifiuti, servizi sanitari, sicurezza) legati all’afflusso di un pellegrinaggio di massa non regolato e non consapevole.

Parlando di criticità la prof. Claudia Caneva (Università Ecclesia Mater) ha aggiunto: “Servono percorsi formativi per gli operatori, per esempio per le guide turistiche, che siano capaci di restituire senso e codici simbolici a chi accompagna e accoglie i pellegrini: una formazione ispirata, storica e umanistica”.

 Il prof. Luigi Russo dell’Università Europea di Roma ha offerto una lettura storica del pellegrinaggio e delle sue implicazioni culturali e sociali. Russo si è soffermato in particolare sul Medioevo, periodo in cui il turismo religioso si è affermato con grande vigore, permettendo la nascita di una rete di ospitalità religiosa diffusa e necessaria per sostenere i lunghi viaggi dei pellegrini.

Il prof. Fernando Martínez de Carnero Calzada (Sapienza Università di Roma) ha portato uno studio comparato sull’esperienza dei pellegrini tra Italia e Spagna, analizzando anche le narrazioni turistiche e i dati biometrici sulla percezione dell’autenticità, spesso costruita più dai dispositivi di promozione che dalla reale esperienza del pellegrino.

“C’è bisogno di maggiore ascolto e di una governance che valorizzi l’esperienza spirituale, non solo i flussi”, ha dichiarato. Il contributo di Roberta Alberotanza (ECHE Lab, Università Mediterranea di Reggio Calabria) ha messo in luce l’evoluzione degli itinerari religiosi come strumenti di integrazione europea, dialogo interculturale e coesione sociale: “I cammini a tema religioso non sono solo percorsi di fede, ma veri ponti culturali che uniscono territori, comunità e patrimoni”.

A chiudere i lavori, l’intervento della giornalista Claudiana Di Cesare, che ha sottolineato come il turismo religioso, se ben governato, possa diventare un vero laboratorio per costruire modelli di sviluppo sostenibile davvero integrati, ma ha evidenziato il punto di vista degli operatori e delle varie realtà della filiera dell’accoglienza che «”i sentono spesso isolati, senza strumenti concreti, senza il supporto di una promozione integrata ed emozionale e con reti di coordinamento ancora troppo deboli”.

Bizzarri h in vitato i relatori alla raccolta dei contributi in vista di una prossima pubblicazione e al prosieguo del dialogo attivo con studenti e operatori. Il progetto di terza missione finanziato dall’Università Europea di Roma, infatti, prevede che gli studenti lavorino, in collaborazione con gli operatori, alla creazione di prodotti turistici innovativi pensati per le nuove tipologie di viaggiatori delineate durante la tavola rotonda, alla ricerca di spiritualità, benessere e bellezza nella propria vita.