testo e foto di Antonella Pino d’Astore.
Non vorresti più andare via, non vorresti mai lasciare una terra nel cui abbraccio bisogna abbandonarsi, forte e passionale, tra gente calorosa e appassionata, nei colori vividi del Caribe, nel mondo misterioso dei Maya.
Si rimane incantati dalla natura che esplode in tutte le sue manifestazioni, dai tramonti su scogliere infinite,
dalle lunghe spiagge di sabbia bianca e mare cristallino: una terra che ti travolge in un turbinio di emozioni, tra magiche attrazioni e incanti. Carlos Fuentes descrive così il suo Messico: “ …Non ci sono parole per descrivere quello che da molti è considerato la perfezione! Cultura e bellezze naturali si fondono in un luogo dove la storia è vita…”.
Chichen Itza: il pozzo dei maghi
La passione per la propria cultura accende gli occhi di Orlando, la guida messicana che m’introduce nel magico e misterioso mondo dei Maya, degli Olmechi, degli Zapotechi, dei Toltechi. Attraverso i racconti di Orlando, come fotogrammi, davanti ai miei occhi si materializzano i miti, le storie, le leggende delle popolazioni arcaiche nella giungla abitata da coccodrilli e giaguari, le gesta di fieri guerrieri, i misteriosi riti degli sciamani.
Sotto il sole tropicale, ammaliata dalla bellezza misteriosa delle piramidi, nell’immenso e incredibile sito, a Chichen Itza mi sono lasciata trasportare dall’immaginazione e ho sentito gli incitamenti ai giocatori di pelota, le urla strazianti dei prigionieri massacrati, il terrore rassegnato delle vergini destinate al sacrificio.
In questo imponente complesso archeologico maya, nel nord della penisola dello Yucatan, tra le rovine che si estendono per tre km, svetta El Castillo, alto 17 metri, nove piani e 91 scalini per ognuno dei quattro lati: durante gli equinozi di primavera e autunno sulla scalinata si forma un’ombra che rievoca il rito propiziatorio del Serpente Piumato. Milioni di visitatori da ogni parte del mondo vengono in “pellegrinaggio” a Chichen Itza per rivivere il miracolo dell’alternarsi del giorno e della notte, osservando il tramonto e il sorgere del sole da dietro le colline e per individuare la stella polare in corrispondenza del lato nord del tempio. Alcune fonti indicano che intorno al 987 d.C.
Quetzalcoatl, un re Tolteco, arrivò in armi dal Messico centrale e, con l’aiuto di alleati locali, fece di Chichen Itza la sua capitale. Il Castillo fu costruito per Kukulkan, nome maya del re Quetzalcoatl; nel 1930 all’interno della camera del tempio fu scoperta la statua Chac Mool, il dio della pioggia, e un trono a forma di giaguaro, dipinto di rosso con intarsi di giada.
Il popolo del Serpente Piumato, ci ha lasciato il Caracol, l’osservatorio astronomico, il Tempio dei Guerrieri e il Tempio dell’Uomo Barbuto; un trono simile a quello di Chac Mool domina la piazza antistante il Tempio del Giaguaro e nella parte opposta si apre il Campo di Pelota, il più grande di tutto il centro-america, lungo 166 metri e largo 68. I Maya ci hanno sempre colpito per il livello di conoscenza raggiunto, la bellezza dei loro edifici e della loro arte. Ci hanno impressionato per l’incredibile crudeltà che caratterizzava la celebrazione di riti religiosi e sociali, con uomini che scarnificavano, mortificavano, ferivano il proprio corpo infliggendosi le torture più cruente, perché solo il sangue umano che scorreva lungo i gradoni del tempio poteva dare potere ai loro dei.
Per i Maya, oltre l’orizzonte, dietro le colline e le montagne sacre, c’era un mondo parallelo dove le forze del bene combattevano contro i demoni maligni e tutto questo comportava un’ingente tributo di sangue. In quest’ottica anche le regole del gioco della pelota erano ben lontane dai dettami del fair play: i vinti, ma a volte anche i vincitori, a fine partita venivano decapitati, non senza essere stati prima sottoposti ad inaudite sevizie e torture.
A dimostrazione di ciò, oltre il tempio del giaguaro, si trova un’iscrizione muraria in rilievo raffigurante uno tzompantli, sorta di scaffale riempito di teschi umani allineati. Sappiamo che tanta crudeltà ed efferatezza era dovuta e giustificata da radicate credenze e fanatismi religiosi; in compenso, purtroppo, non sempre noi riusciamo a spiegare le motivazioni che alimentano tanta violenza negli incontri sportivi della nostra epoca.
Un tuffo nella leggenda del Cenote
In uno Yucatan prevalentemente arido, mi lascia senza fiato la scoperta del Cenote Sagrado, un pozzo naturale largo e profondo, un complesso sistema di gallerie, grotte e caverne sotterranee, dalle acque incredibilmente azzurre e trasparenti, ingioiellato da liane e vegetazione intricata. I Maya consideravano i Cenote l’entrata di un mondo mitico e spirituale e qui compivano sacrifici per il dio della pioggia Chac e in onore del dio delle grotte “Balam Ha”: numerosi prigionieri di guerra e giovani vergini vi venivano periodicamente gettati e lì lasciati affogare.
Erano anche l’unica fonte d’acqua dolce nel mezzo della giungla: la parola cenote deriva dal termine maya “D’zonol” che significa cavità sotterranea che contiene permanentemente acqua. Milioni d’anni fa la penisola dello Yucatan era coperta dall’Oceano; poi durante l’ultima era glaciale il livello delle acque si è abbassato, così tutti i reef e la normale vita marina si sono trasformati in fossili. La pioggia filtrando lentamente ha scavato giganteschi sistemi sotterranei, caverne e tunnel, piccole lagune o collasi rocciosi, disseminati di fossili e conchiglie.
Lungo la riviera Maya si trovano alcuni dei cenotes più importanti dello Yucatan: Chac Mool, El Eden, Taj-Mahal, Chikin Ha, Dos Ojos, Nohoch Nah Chich, Akctun Ha, Gran Cenote, Temple of Doom. Calarsi con una scala di bambù nel cenote è un’esperienza che difficilmente si può descrivere con una foto, una video o con le parole. È il luogo dove si effettuano le immersioni più belle del mondo; in queste perle della natura, il gioco di luci che filtrano dalla superficie fino a 100 metri di profondità e le sculture naturali di stalattiti e stalagmiti fanno immaginare di essere sospesi nello spazio, in un’atmosfera magica e irreale.
Nella lussureggiante foresta sub-tropicale può capitare di fare un salto nel tempo e di essere catapultati, dopo i misteri dell’impero maya, nei fasti dell’epoca coloniale. L’atmosfera intima ed esclusiva che si respira all’interno dell’ Hacienda offre all’ospite la conoscenza della storia, del ruolo nel contesto sociale di queste terre in continua evoluzione, il connubio della cultura antica e moderna, permette inoltre di scoprire villaggi coloniali e le riserve naturali che circondano l’hotel. L’antica fabbrica di sisal e i cunicoli scavati nella rocce si alternano ai lussuosi servizi di un hotel a cinque stelle.
Amache e cappelli di Panama a Merida
Le amache, fatte in cotone o in sisal, un tessuto ricavato da un tipo di Agave, nello Yucatan vengono usate per la dormire e per la siesta. Le migliori sono quelle intrecciate finemente, più robuste e realizzate anche dopo diverse settimane di lavoro. Passeggiando tra le vie di Merida e sbirciando nelle case immacolate di calce bianca, intravedo interi gruppi familiari su una sola grande amaca intenti a guardare la tv o a dormire.
I cappelli di Panama sono realizzati intrecciando foglie di palma jipijapa all’interno delle grotte in cui nelle condizioni di umidità mantengono le fibre flessibili fino al momento della lavorazione. Merida, candida per le case ricoperte di calce e intonaco bianco, bianca per l’usanza degli abitanti di vestire di bianco. Tihò era il nome di Merida al tempo dei Maya, quando Francesco de Montejo il Giovane la conquistò consacrandola capitale dello Yucatan. Plaza Mayor, il cuore religioso e politico della città, ospita la Cattedrale, eretta tra il 1561 e il 1568 con materiali provenienti dal tempio maya che sorgeva sulla piazza, il Palazzo del Governo e il Museo d’Arte Contemporanea.
A sud della della Plaza Mayor si trova un Mercato tra i più grandi del Messico meridionale: un alveare pieno di negozi e di merce variopinta, dalle amache alle magliette, dagli oggetti d’artigianato ai cappelli di Panama, ma anche dal pesce alla carne. Lasciata la bianca, vivace, movimentata Merida, lungo la Ruta Puuc si intraprende un nuovo viaggio nel passato più mistico e misterioso che porta fino al sito di Uxmal. La strada poco trafficata e intervallata da simpatici paesini, pian piano lascia lo spazio ad una immensa e variegata vegetazione: all’interno si materializzano in tutto il loro splendore le rovine di Uxmal.
Nelle antiche cronache dei Chilam Baalam, i sacerdoti maya, Uxmal viene descritta come una città ricca e fiorente che sorgeva sulle terre collinose di Puuc. La Piramide dell’Indovino, costruita in forma semi-ellittica in stile puuc, dà un’idea delle abitudini maya di costruire nuovi monumenti inglobando le costruzioni già esistenti. Nonostante il caldo tropicale, si provano brividi e sensazioni fortissime di fronte alla magnificenza e all’eleganza del Palazzo del Governatore, della Casa delle Tartarughe e del Quadrilatero delle Monache. In quest’atmosfera mistica, con gli ultimi bagliori di sole che illuminano le pietre sacre, basta chiudere gli occhi e lasciar scorrere le immagini di sacerdoti che praticano l’automutilazione in onore del dio Chac con lo scopo di propiziare la pioggia.
Da Playa del Carmen a Cancun: nel “corazon” del Caribe Messicano
Il suo antico nome è Xaman-Ha che significa “luogo dove sorgono le acque del nord”. Da Playa del Carmen i Maya salpavano per andare a rendere omaggio alla dea della fertilità, Ixchel, nell’isola di Cozumel. Le opportunità di lavoro e il clima gradevole tutto l’anno, oltre alla bellezza del Mar Caribe, hanno trasformato questo villaggio di pescatori nell’epicentro di uno sviluppo turistico esponenziale. L’offerta turistica alberghiera è variegatissima: dalle strutture “all inclusive” alle decine di piccoli e carismatici alberghi lungo le splendide spiagge della Riviera Maya. Il villaggio di pescatori di una volta si è trasformato in un calderone di iniziative culturali, opportunità infinità di vacanze divertenti e indimenticabili.
Con economici taxi è possibile scorazzare tutta la notte lungo la Quinta Avenida, tra ristoranti tipici, taquerias e locali alla moda. Incorniciata dal tramonto del sole sul mare più turchese, la lunga, bianca e incantevole spiaggia del Barcelò Maya Palace è la location ideale per il matrimonio più romantico. La luna di miele è perfetta in una delle fantastiche suite dell’hotel e poi, da Playa del Carmen, è facile raggiungere Tulum, Cobà e qualsiasi altro sito archeologico o organizzare un tour ecologico. Risalendo di 65 km più a nord c’è Cancun, “nido di serpenti” per gli antichi Maya, oggi la destinazione molto rinomata e richiesta dal turismo proveniente dagli Stati Uniti e dal Canada.
Ecco una giornata tipo nel paradiso yucateco: di giorno baciati dal sole e deliziati dal mare turchese e le bianche spiagge, di notte inebriati da puro divertimento. L’offerta di servizi turistici di alta qualità e la varietà delle attrazioni si concentrano su una stretta lingua di sabbia, la Zona Hotelera, delimitata a nord dalla Bahia de Mujeres, a est dal Mar di Caraibi, ad ovest dalla Laguna Nichupte habitat preferito da iguane ma anche da coccodrilli. Tra esperienze Cosmo-Chic e Spa in alberghi di lusso a 5 stelle, c’è la bellissima spiaggia Kin Ha e a pochi passi i centri commerciali. Da Cancun si parte per avventurosi ecotour, alla scoperta dei segreti della giungla, dell’incredibile ecosistema, dei tesori nascosti nelle viscere della terra, dell’eredità preziosa custodita dalle attuali comunità Maya.
Antonella Pino d’Astore