Noi a questo punto vorremmo pure suggerire che ai passeggeri che lo richiedono venga concesso di prendere visione del certificato di pilotaggio e di buona salute del comandante che guida l’aereo…
Effettivamente, se pensiamo che l’Africa è soprannominata il continente nero, dobbiamo annotare che la denominazione di blacklist riferita alla compagnie “a rischio” ben si addice a questa lista, tenendo conto che dei 92 vettori elencati, 84 appartengono a paesi del continente africano.
Ora rimane da vedere quale uso pratico che gli utenti e le loro associazioni, che tale lista hanno reclamato a gran voce, riserveranno alla stessa.
Da parte nostra ribadiamo quanto più volte annotato su queste colonne sull’argomento safety. I “grandi” incidenti che hanno funestato l’aviazione civile, volendo con questo aggettivo intendere quegli eventi che hanno sollevato più scalpore e polemiche, hanno riguardato soprattutto vettori insospettabili. E in molti di queste occurrences va pure precisato che l’incidente è stato causato da fattori esterni non imputabili al vettore coinvolto; eppure l’evento si è verificato.
È sulla base dell’esperienza maturata nel raccogliere e catalogare incidenti che siamo fermamente convinti circa la inutilità della divulgazione delle famigerate liste nere, almeno per quanto riguarda il loro presunto intento di “rendere più sicuri” i voli degli utenti.
Come era assolutamente fin troppo immaginabile i nomi dei vettori inclusi nella lista – la quale ci dicono verrà aggiornata ogni tre mesi – potrebbero tranquillamente far parte della serie “chi l’ha visti?”, tanto essi sono sconosciuti e mai sentiti.
Ci spiace girare il coltello nella ferita, ci duole illudere chi aveva pensato che esistesse un modo per volare tranquilli, ma vorremmo nuovamente ricordare che quando l’MD11 della Swissair precipitò in data 2 settembre 1998 nel suo volo fra New York e Ginevra, nessuna autorità aeronautica si sarebbe sognata di includere la Swissair fra le compagnie a rischio, in quell’incidente perirono 229 persone fra passeggeri ed equipaggio.
Ci spiace girare il coltello nella piaga, ma quando il Concorde Air France precipitò subito dopo il decollo da Orly perché sulla pista dell’aeroporto vi era un pezzo di metallo, il quale mise in moto una catena di eventi imprevedibili, nessuna autorità si sarebbe sognata di mettere Air France nella lista delle compagnie a rischio. Vogliamo ricordare pure l’incidente di Linate occorso all’MD82 della SAS? Volete che continuiamo nell’elencare incidenti di compagnie insospettabili? Non saremmo certo a corto di altri esempi.
La verità cui bisogna prendere atto è molto semplice: l’incidente aereo potrebbe purtroppo accadere a qualunque compagnia e non può essere abolito d’autorità. Un comportamento razionale deve tener conto di una tale impostazione.
Cosa si nasconde dietro questo accanimento di voler a tutti i costi trasformare l’incidente aereo in un tabù?
È interessante ripercorrere la metamorfosi che ha accompagnato il fenomeno durante il trascorrere degli anni.
Inizialmente si volle far credere che era pericoloso volare charter mentre era più sicuro volare con compagnie di bandiera- regolari; successivamente, con il rarefarsi del fenomeno a domanda, si puntò sull’età del velivolo e sulle “carrette del cielo”. Venuto a decadere anche questo filone si è iniziato a parlare della necessità di rendere pubblica la “lista dei cattivi”.
A tutti i costi ci si vuole illudere che esiste un metodo, una classifica, uno studio, capace di fornire l’indicazione se una compagnia è a rischio o meno: tutto ciò è semplicemente puerile e immaturo.
E non è finita qui, perché resa nota la blacklist c’è chi si è spinto oltre, reclamando ora analoghe liste per gli aeromobili, per gli aeroporti e per gli Stati. Noi a questo punto vorremmo pure suggerire che ai passeggeri che lo richiedono venga concesso di prendere visione del certificato di pilotaggio e di buona salute del comandante che guida l’aereo….
Battute a parte, le suesposte richieste troverebbero pure un fondamento se non fosse per un piccolo, insignificante particolare che tutti fingono di dimenticare: non è che per caso in ogni Stato esiste un’Autorità competente in materia cui è stato demandato in via ufficiale, e non ufficiosa, il preciso compito di vagliare, autorizzare, monitorare ogni velivolo, ogni aeroporto e in generale tutte le operazioni dell’aviazione commerciale? E non è altrettanto vero che tale compito di controllo si riferisce non solo a velivoli immatricolati nel proprio paese, ma che si estende pure a paesi i cui velivoli sono autorizzati ad operare nei nostri aeroporti?
Ciò a cui seriamente si deve puntare è che le autorità preposte mantengano sempre alta la guardia, evitando per quanto possibile sommari giudizi di piazza. A tal proposito annotiamo un particolare di cui non abbiamo sentito parlare: la Flash Air, la compagnia egiziana cui apparteneva il Boeing 737 caduto a Sharm El Sheikh nel gennaio 2004, ha chiuso i battenti dopo l’incidente, ma solo a marzo di quest’anno è stato reso noto il rapporto finale il quale è tutt’altro che trasparente circa gli esatti motivi per cui quel Boeing è precipitato in mare, fuori controllo. Un nuovo esempio che dimostra l’inutilità dei processi sommari condotti sui quotidiani: non è così che si aiuta l’aviazione civile a progredire.
Antonio Bordoni