Dopo Houston e Berlino, è la volta di Roma: al Palazzo delle Esposizioni, dal 6 marzo al 21 luglio, faranno mostra di sè 200 dei più famosi scatti di Helmut Newton. Il fotografo-icona che ha reso icone le donne che ha ritratto viene raccontato dalla moglie June, che ha scelto alcune delle sue immagini più forti e rappresentative. Il titolo della mostra richiama i titoli di tre raccolte uscite fra la fine degli anni ’70 e i primissimi anni ’80, in un ordine che è nello stesso tempo cronologico e narrativo: “White women”, del 1976, segna l’ingresso del nudo patinato nelle fotografie di moda e vale a Newton il prestigiosissimo “Kodak Photobook Award”, “Sleepless nights”, del 1978, sposta il set fotografico nelle strade e comincia a suggerire delle storie dietro ai volti non più ieratici delle modelle, ed infine “Big Nudes”, del 1981, esalta il corpo e diventa una serie di gigantografie esposte nei musei di tutto il mondo. A consacrare Newton come un grandissimo della fotografia contemporanea e ad elevare la fotografia di moda a fotografia d’autore c’è senz’altro un occhio che scava dietro le immagini e suggerisce sempre “altro”. C’è un’ambiguità di significati, spesso opposti, e può accadere che l’estrema raffinatezza rimandi alla decadenza, la passione alla morte, la staticità al movimento. Ma la maggior parte delle volte sono storie, o spunti di storie, che l’obiettivo coglie senza però raccontarle del tutto.
E’ come se le immagini non avessero solo due dimensioni, non fossero tutte lì, ma richiamassero ad altro che è compito di chi guarda riconoscere. Ecco allora Andy Warhol nella medesima posa di una Madonna ritratta in una chiesa in Toscana, Nastassia Kinsky che abbraccia una bambola che assomiglia a Marlene Dietrich, o il cimitero di Père Lachaise, a Parigi, che fa da sfondo ad un ritratto di donna. Lo spettatore arricchisce di proprie suggestioni le suggestioni di Newton e non avrà difficoltà a percepire lo spessore dell’artista.
cecilia emiliozzi