“Da oggi cambia la storia nel trasporto aereo….è stata eliminata la più grande asimmetria presente in questo mercato….finalmente ci sarà una sana competizione dove tutti potranno competere ad armi pari”
Chi ha letto il 13 dicembre dello scorso anno questo comunicato emesso da Assoaereo avrà indubbiamente pensato che le cose per l’aviazione civile in Italia, e in particolare per le compagnie aeree italiane, avrebbero volto al bel tempo. Quelli che sono stati chiamati invasori, predoni, cavallette, tutti coloro in pratica che reclamavano il “campo livellato” d’ora in avanti non avrebbero avuto più ragione di lamentarsi in quanto era stata annullata la grande asimmetria. Di cosa si trattava?
Qualcuno l’aveva chiamato addirittura “il decreto anti-Ryanair”; varata dall’ex governo Monti la norma chiarisce cosa debba intendersi per “base aerea” precisando in pratica che laddove vi sono “«locali e infrastrutture dove si esercita in modo stabile e continuativo l’attività di trasporto aereo avvalendosi di lavoratori dipendenti» quella è una base, e in tal caso tasse e contributi del personale lì impiegato debbono essere gli stessi validi per tutte le altre aziende operanti nel territorio italiano.
In poche parole il fatto che Ryanair sia chiamata a mettere a libro paga italiano tutto il personale delle sue basi ha fatto si che i vettori nostrani avessero delle buone ragioni per sperare che l’aggressività e l’espansione del vettore irlandese venissero ridotte. Ma volendo tirare le somme, e soprattutto leggendo le quotidiane notizie sullo stato di salute delle nostre aerolinee, possiamo dire che la speranza si è concretizzata? Personalmente non abbiamo mai creduto che i malanni delle compagnie aeree nostrane derivassero esclusivamente da Ryanair ed infatti da come si stanno evolvendo le cose non crediamo di esserci sbagliati.
Certo è importante che la compagnia di O’Leary paghi tasse e contributi ai dipendenti impiegati nelle sue basi alla pari di come fanno tutte le altre compagnie aeree che operano in Italia, ma i punti di vantaggio che distanziano Ryanair dalle sue concorrenti non sono solo rappresentati da questi, ma anche da altri fattori.
I vettori principali, quelli tradizionali per intenderci, operano sui “grandi” aeroporti, scali cioè dove bisogna mettersi in fila se per caso vuoi aggiungere un volo in più e sui quali se qualcuno lascia uno slot libero c’è la corsa per accaparrarselo. Su questi aeroporti le operazioni si pagano profumatamente e nessuno ti da sussidi per il fatto che tu apri un servizio su di essi.
In modo ben differente vanno le cose sui cosiddetti aeroporti “minori” quelli preferiti da compagnie come Ryanair e questa precisazione non vale solo per l’Italia, ma un po’ ovunque. In tale ipotesi entrano in gioco i sussidi dati dai gestori alle aerolinee che di fatto comportano un abbassamento del costo di rotta un particolare questo che nel caso del vettore tradizionale non si verifica.
Ma non è solo questo il particolare da considerare. Ipotizziamo per un momento che sia Ryanair come Alitalia paghino in maniera uguale il loro personale basato su stazioni estere; ipotizziamo altresì che le spese aeroportuali siano le stesse su tutti gli scali ove entrambi i vettori operano; ebbene anche ipotizzando un tale scenario rimane però fuori un altro elemento capace di creare asimmetrie: il regime fiscale vigente all’interno dei rispettivi paesi.
Se l’Irlanda fa pagare alle aziende irlandesi tasse sulle società e sui stipendi minori di quelli vigenti in altri paesi, anche questo fatto -quando a fine anno si tirano le somme di chi ha guadagnato e chi ha perso- avrà il suo indubbio peso; nel condurre l’esercizio ricordiamo che per le compagnie aeree il maggior numero di dipendenti si trova nel paese di bandiera.
La Francia è stata una delle prime nazioni ad aver preteso chiarezza sui dipendenti Ryanair e il loro impiego nella basi francesi. Dopo aver preso provvedimenti che hanno causato la chiusura delle basi o la riduzione dei voli, si è fatta avanti Air France la quale meno di un anno fa a sua volta ha aperto basi a Marsiglia, Nizza e Tolosa offrendo servizi a basso costo; ma proprio in questi giorni la compagnia francese ha precisato che queste operazioni dovranno essere riviste (sottolineiamo che ciò avviene a meno di un anno dal loro lancio), ed ha aggiunto che, insieme alla consorella Klm, dovrà procedere a tagliare 2600 posti di lavoro.
Il problema non è solo Ryanair
Come vedete quindi il problema non è “solo” Ryanair. Il fatto è che le compagnie che hanno flotte con un solo tipo di aereo e svolgono collegamenti a breve-medio raggio hanno più possibilità di far soldi rispetto a quei vettori che usando un vecchio schema vogliono fare il giro del mondo ed hanno flotte composite per il lungo e il corto raggio. E ciò è particolarmente vero per i vettori europei che operano sull’intercontinentale pretendendo però di riempire questi voli con traffico a corto-medio raggio usando i loro servizi, o servizi di loro controllate: è questo il modello che non funziona più, salvo che non siate la compagnia aerea di una nazione ove se fai un buco nel terreno ti becchi una spruzzata di petrolio sul viso.