di Antonio Bordoni
Aggiornamenti dal fronte medio-orientale ove da tempo è in atto una guerra dei cieli che si inquadra nelle politiche attuate dai vettori per assicurarsi il controllo di un certo segmento dei traffici aerei. L’ultima notizia in merito è di pochi giorni fa: la IAG il gruppo che vede riunite la spagnola Iberia e la britannica British Airways ha deciso di uscire dall’associazione delle compagnie aeree europee (AEA) a causa delle diverse vedute di queste due compagnie rispetto agli attacchi portati avanti in questi anni dalle consorelle contro le aerolinee del golfo, le tre grandi del medio oriente che in pratica hanno spodestato le big europee sui collegamenti long-haul: Emirates, Qatar Airways e Etihad. Non a caso le tre aerolinee in questione vengono soprannominate le “MEB3” ossia i tre Middle East Big.
Volendo risalire alle origini delle ostilità potremmo riportarci ai primi mesi del 2011 quando Ulrich Schulte-Strathaus, segretario generale dell’Associazione dei vettori europei (AEA) in una conferenza che si tenne a Washington affermò, fra non poca sorpresa degli intervenuti, che le tre compagnie in questione rappresentano un nuovo tipo di sfida incompatibile con l’attuale ordine sull’aviazione civile, aggiungendo che esse “hanno in ordine più posti-widebody di quelli che attualmente l’intera industria Usa ha nella sua corrente flotta”. Per la cronaca Strathaus era un ex dirigente di Lufthansa.
Mai era accaduto che una associazione regionale di compagnie aeree criticasse con toni così apertamente ostili vettori appartenenti ad un’altra regione geografica su un argomento di pertinenza strettamente “individuale” quale è quello di decidere quanti aerei ordinare per rinnovare o potenziare le proprie flotte. Di fatto in tutta la storia dell’aviazione commerciale non si è mai verificato il caso di lagnanze di fronte all’ordine fatto da un determinato vettore di un numero rilevante di velivoli.
Ad ottobre del 2012 prendendo la parola all’Aviation Club di Londra Akbar Al Baker, ceo di Qatar Airways, rispose alle accuse chiamando in causa direttamente la Lufthansa: “per anni la Lufthansa è riuscita a costruire ed ampliare il proprio network ponendosi come nostra avversaria, lamentandosi che loro perdevano denaro sotto l’attacco di una scorretta concorrenza; per la verità non sono le compagnie del golfo che fanno perdere denaro alla Lufthansa, ma soprattutto la loro incapacità nella ricerca di operare con profitto.”
Chiaramente dietro ad un così insolito scambio di reciproche accuse devono celarsi interessi di notevole spessore.
Le aerolinee europee, questo lo sanno tutti, si trovano in difficoltà ed hanno quasi abdicato sul fronte dei collegamenti europei ove le low cost hanno conquistato un ruolo di primo piano. Nel rapporto annuale chiuso al 31 dicembre 2014 di Lufthansa, nel capitolo riguardante il mercato continentale, si può leggere che “The European low-cost airlines expanded disproportionately and the share of direct connections in point-to-point traffic thereby increased.
Market-leading low-cost airlines are increasingly penetrating the high-grade business travel segment, both by offering flights to primary and secondary airports and by adapting their products and distribution channels to different target groups. This is causing their unit costs to rise, but they are still well below those of the established network airlines.
Andando al settore asiatico la Lufthansa sempre nel stesso rapporto lamenta invece il problema della troppa offerta immesso sul mercato dale compagnie dell’area medio-orientale: “Overcapacities, caused particularly by the fast-growing Middle Eastern airlines, are depressing yields and so ultimately the earnings reported by the Passenger Airline Group.”
Appare evidente che le mancate entrate sul fronte del medio raggio, causa compagnie low cost, trovavano una compensazione nelle entrate a lungo raggio, un’area questa dove Lufthansa è diventata una compagnia aerea di prima grandezza, superando Air France e British Airways.
Nel 2014 il gruppo Lufthansa ha trasportato complessivamente 106 milioni di passeggeri; il gruppo AF-KL 87 milioni; il gruppo Iberia-British Airways 77 milioni. Quindi a livello di traffico internazionale, escludendo Ryanair e Easyjet il cui traffico internazionale è solo continentale, Lufthansa è la prima compagnia aerea nella graduatorie mondiali. Le entrate derivanti dal traffico passeggeri, avverte il rapporto LH, rappresenta l’88,4 per cento del totale entrate ma il traffic revenue è calato dello 0,8 per cento attestandosi a 21.6 miliardi di euro, e ciò mentre il volume delle vendite aumentava del 2,4 per cento.
Ma è andando nel dettaglio di quei 21,6 miliardi di euro che emergono le ragioni delle lamentele nei confronti delle compagnie del golfo:
TRAFFIC NET REVENUE PER REGIONI (2014):
(milioni di euro)
quota
MEDIO ORIENTE/AFRICA 1,618 (-7,4%) 7.50%
ASIA/PACIFICO 3,735 (-2,4%) 17.32%
EUROPA: 10.060 (-0,8%) 46.65%
AMERICA 6.151 (2,0%) 28.52%
Totale revenue 21,564
Le entrate risultano in calo per tutte le aree geografiche tranne che per rotte atlantiche le uniche per ovvie ragioni che non sono interessate dai collegamenti delle MEB3, in quanto ben difficilmente chi si deve recare nelle americhe dall’Europa vorrà passare per il golfo.
Se adesso noi ci spostiamo dieci anni indietro troveremo che nel 2005 il traffic net revenue della regione Asia/Pacifico era di 2.296 milioni di euro su un totale entrate di 11.309 milioni: ovvero questa area forniva oltre il 20 per cento del revenue. Se volessimo fermarci a meta strada e dare una guardo al 2010 troveremmo che la stessa area forniva ancora oltre il 20 per cento del revenue. Quindi quella perdita di 3 punti percentuali nella sola area in esame agita non poco i sonni dei dirigenti Lufthansa tanto da far affermare, sia pure da interposta persona: ma che ci devono fare con tutti questi aerei le compagnie del golfo?
Tutta questa vicenda, lo ribadiamo, cela un evidente nervosismo da parte dei dirigenti di una compagnia che negli anni passati ha costruito un impero acquisendo Swiss, Austrian, Air Dolomiti e parzialmente Brussels Airline con lo scopo di incanalare traffico long haul da questi paesi sui suoi hub, (Francoforte, Monaco) ed ora vede questi piani compromessi dall’aggressiva penetrazione delle 3 big.