1 – D.  Mi sfugge un particolare. Se tutta questa manovra sul TFR ha come scopo la possibilità di dare al lavoratore una pensione più “consistente” nel momento in cui esso lascerà l’attività lavorativa, cosa c’entra il fatto che, in taluni casi,  il TFR passi dalle casse del datore a quelle dell’Inps rimanendo TFR senza trasformarsi in pensione?
R. Gentile lettore, abbiamo scelto il suo quale primo quesito, in quanto tocca un punto fondamentale dell’intera vicenda, da troppi sottotaciuto. Effettivamente la decisione di far gestire all’Inps il TFR, ossia la liquidazione, al posto dell’imprenditore, non ha alcun senso, né  legame alcuno con il fatto della pensione. E’ una pura questione di “cassa” che mischiandosi alle norme sulla pensione integrativa, è così passata sottotono nella sua gravità. E’ inoltre da notare che contemporaneamente a questo “dirottamento forzoso” a favore dell’Inps, i contributi a carico di tutti i lavoratori sono pure aumentati dello 0,30%, passando dall’8.89 al 9,19.

2 -D.   Come si computano i 50 dipendenti oltre  i  quali scatta l’obbligo di versamento al fondo Inps ?
R. Il limite dei cinquanta dipendenti si calcola sulla base della media annuale dei dipendenti in forza nell’anno 2006. Nel fare questo conteggio si devono considerare tutti i dipendenti con contratto di lavoro subordinato a prescindere dalla tipologia del rapporto di lavoro.
Per quanto riguarda i lavoratori part-time, questi devono venir calcolati in proporzione all’orario svolto; è stato inoltre precisato che anche i “distaccati all’estero” rientrano nel conteggio dei 50. Effettuato il calcolo, inizialmente si era detto che questo era valido per il solo 2007, anche se per caso durante quest’ultimo anno varierà il numero dipendenti; in pratica il conteggio effettuato sulla base della forza lavoro dell’anno precedente, valeva per l’anno successivo. Successivamente è stato precisato che il calcolo del 2006 vale anche per gli anni futuri, anche  se il totele dovesse scendere al di sotto dei 50.

3- D. Il dipendente ha deciso di far passare il TFR su fondo Inps. Cosa accade in caso di dimissioni o licenziamento del dipendente? Chi mi pagherà il TFR?
R. Una volta che il trattamento viene trasferito al fondo tesoreria gestito dall’Inps, la somma maturata al momento di cessazione del rapporto di lavoro verrà pagata direttamente dal datore di lavoro che la recupererà dall’Inps. Quindi fra dipendente e Inps non intercorrerà alcun rapporto per quanto riguarda il pagamento del TFR..

4 – D. La mia società ha più di 50 dipendenti quindi se decido di non passare ai fondi pensione, il TFR andrà in ogni caso all’Inps, è corretto?
R. E’ esatto; il TFR confluirà nel fondo Inps, ma sarà il datore di lavoro a erogarlo al dipendente al termine del rapporto lavorativo (vedi anche domanda 3). Precisiamo anche che il rendimento del TFR rimane calcolato con la normale modalità, come nel passato.

5- D. Per una azienda con meno di 50 dipendenti, la stessa è tenuta a versare i contributi in un fondo di previdenza integrativa?
R. L’azienda fino a 49 dipendenti,  non ha l’obbligo di versare i contributi ai fondi integrativi. E’ il dipendente che eventualmente può optare per una tale soluzione, ma senza alcun obbligo legislativo.

6 – D. Non ho ben afferrato il ruolo dell’Inps in tutta questa storia della riforma del TFR.  Ora oltre alle pensioni, si prende cura anche delle liquidazioni dei dipendenti?
R. L’Inps, nei confronti della nuova normativa, viene ad assumere una duplice veste. Per le aziende che hanno almeno 50 dipendenti, l’istituto gestirà le quote TFR di quei lavoratori che non avendo espresso alcuna scelta vedranno automaticamente confluire il loro TFR presso l’apposito fondo TFR; il TFR  verrà poi regolato come da noi chiarito al suesposto quesito 3).  Inoltre l’Inps gestirà, tramite altro apposito fondo, le prestazioni di previdenza complementare per i lavoratori privi di fondo di categoria aziendale; quest’ultimo fondo ha preso la denominazione di FondInps.

7- D. Per chi è stato iscritto a uno o più fondi, causa cambiamenti dei datori di lavoro, come funziona la richiesta di anticipo per necessità urgenti?
R. La nuova normativa stabilisce che il lavoratore che decide di trasferire da un fondo all’altro la quota montante accumulata, dal primo gennaio 2007 può senz’altro richiedere l’anticipazione nell’ambito dei casi previsti dalla legge,  purchè il montante accumulato risulti da almeno 8 anni di lavoro. Cogliamo lo spunto per rammentare che l’osservanza dei requisiti (quale appunto ad esempio l’anzianità degli otto anni) che era discrezione del datore di lavoro non tenere conto, nel senso che era sua facoltà erogare l’anticipo anche con meno di otto anni, verosimilmente in caso di passaggi a fondi, sarà ora un vincolo più stringente.

8-D. Tutta la nuova procedura riguarda il TFR che maturerà dal gennaio 2007, la quota precedente che fine fa?
R. Poiché appunto, come correttamente annotato, la nuova procedura riguarda solo il TFR cosiddetto “maturando”, il TFR maturato fino al 31 dicembre 2006 rimane presso il datore di lavoro, fatti salvi quei casi in cui i dipendenti hanno optato nel passato per destinare il TFR in appositi fondi pensione.

9-D) I datori di lavoro versavano all’Inps un contributo dello 0,20% quale garanzia del TFR; suppongo che ora lo stesso debba decadere, dal momento che il TFR che andrà a maturare, lo prende in carico direttamente l’Inps.
R. L’articolo 10 del decreto legislativo n. 252, modificato dalla legge 296/2006, chiarisce che i datori di lavoro siano esonerati dal versamento del contributo che lei ha citato (fondo garanzia) nella stessa percentuale di TFR maturando conferito alle forme pensionistiche complementari. La misura è stata anche ribadita dalla circolare Inps n. 23 del 24 gennaio 2007.

10-D) Fondi aperti & fondi chiusi: chi ci capisce qualcosa è bravo…io vorrei la liquidazione.
R. Concordiamo pienamente sul fatto che quella che una volta era la semplice liquidazione pari a X mensilità di stipendio a seconda dell’anzianità di servizio, si sia trasformata in una complessa procedura. Se continuiamo di questo passo, occorrerà rivolgersi al consulente finanziario pure per sapere cosa conviene fare con la liquidazione.
Tornando alla sua domanda sui fondi chiusi e fondi aperti, senza scendere in dettagli tecnici ricordiamo solo che i fondi negoziali “chiusi” offrono minori rendimenti ma maggiori garanzie, quelli denominati “aperti” invece -specialmente gli azionari- offrono maggiori rendimenti ma anche maggiori rischi.

11- D. Per chi ha aderito ad un fondo della categoria di appartenenza come lavoratore dipendente, se poi si passa a un lavoro autonomo, cosa succede a quanto versato?
R. Chi ha aderito ad un fondo per pensione complementare, trascorsi due anni dalla data di entrata, può senz’altro trasferire la propria posizione individuale ad un’altra forma pensionistica senza alcun problema: la portabilità è ammessa.

12-D. Se un dipendente opta per il fondo, nel mio caso aperto, è necessaria una qualche autorizzazione da parte del datore di lavoro circa quale fondo scegliere, o posso io sceglierlo di mia iniziativa?
R. L’azienda deve semplicemente accettare la decisione del lavoratore; non è necessaria alcuna autorizzazione preventiva del datore.

13-D. Dire “fondi pensione” e “previdenza complementare”, è la stessa cosa?
R. Parliamo sempre di qualcosa che si va ad aggiungere alla forma pensionistica obbligatoria, ma che segue differenti percorsi.
I fondi pensione raggiungono lo scopo attraverso il finanziamento dei lavoratori iscritti, tramite la capitalizzazione di quanto il lavoratore ha versato; è in pratica una gestione finanziaria la quale, nel momento del raggiungimento dell’età pensionabile, il lavoratore vedrà il capitale convertirsi in una rendita vitalizia che equivale appunto a una pensione supplementare. Nel caso dei fondi pensione viene usato il TFR (vedi anche risposta 16).
Con il termine previdenza complementare invece, si suole intendere in senso generale qualsiasi forma pensionistica che si va ad aggiungere a quella obbligatoria per legge. Solitamente essa viene alimentata con contributi versati sia dal datore di lavoro e dal dipendente, i quali contributi non concorrono a formare reddito (quindi trattamento fiscale favorevole) per un importo di 5167 euro annui. I contributi in questione possono essere fatti usando lo stipendio e senza necessariamente usare il TFR.

14 – D. Una volta fatta una scelta, si può cambiare?
R. Chi sceglie di far rimanere in azienda il TFR può ripensarci, ma la legge non ammette  ripensamenti nel caso contrario, ossia nel caso si fosse scelto di passare ai “fondi”.

15 – D. Il Fondo denominato “di categoria” con che cosa esattamente può essere alimentato?
R. Chi aderisce ad un fondo di categoria può alimentarlo sia con il solo versamento del TFR, oppure usando i contributi previsti dal contratto di categoria ed anche il TFR

16 – D. Ho aderito a un fondo pensione aziendale, quando raggiungerò l’età pensionabile cosa accadrà?
R. Quando giungerà all’ambita meta potrà scegliere fra due opzioni: lei potrà farsi liquidare fino a un massimo del 50% la parte del montante in capitale (la restante sarà usata per la pensione), oppure l’alternativa è di non ritirare alcun capitale e iniziare a far decorrere la pensione (che ovviamente sarà maggiorata rispetto all’ipotesi precedente).

17 – D. Per chi oggi aderisce ad un Fondo pensione e poi dovesse decidere, prima di raggiungere l’età pensionabile, di non lavorare più e vivere di rendita, cosa accade alle quote versate ?
R. Nella fortunata ipotesi in cui lei non dovesse aver più bisogno di lavorare, il riscatto è possibile in maniera integrale in caso di non occupazione per un periodo superiore ai 48 mesi; però attenzione: se questa ipotesi si verifica nei cinque anni che precedono il raggiungimento dei requisiti per andare in pensione, il riscatto totale non è ammesso. La legge poi prevede altre possibilità di riscatto parziale o totale in altre ipotesi quali invalidità,  mobilità, cassa integrazione, eccetera.

18 – D. Se il dipendente non riconsegna alcun modulo, ossia non sceglie, cosa succede?
R. Invitiamo in ogni caso a restituire il modulo indicando una scelta, poiché se non vi è restituzione del modulo, scatta il silenzio-assenso che automaticamente trasferirà, dal mese di luglio 2007, il TFR ai fondi pensionistici.

19 – D.  Nell’ambito della riforma del Tfr sento anche parlare di contributi trattenuti sulla busta paga del dipendente.  Sono alquanto confuso  perché se è il Tfr che viene usato per la pensione per quale motivo si parla anche di contributi trattenuti al dipendente?
R. L’ipotesi di una percentuale di contribuzione a carico del dipendente (ed anche a carico del datore) si verifica nel caso di aderenza ai fondi collettivi; sono questi che solitamente prevedono una quota paritetica a carico del dipendente e del datore. Precisiamo che mentre la quota del dipendente va a scalare il salario, la quota del datore costituisce un importo aggiuntivo del salario. I due importi, nell’ammontare complessivo di 5164,57 euro annui,  godono di esenzione fiscale.