Averlo saputo prima, avrei partecipato anche io alla cordata di imprenditori che vuole ‘salvare’ la nostra compagnia di bandiera! Eh sì, avrei proprio messo nel calderone quei 4 soldi che ho messo da parte e  che mi avrebbero permesso di fare un investimento ‘sicuro’, addirittura con una previsione di recupero soldi dopo solo 2 anni di attività. Caspita, a momenti  neppure quando si apre una salumeria o una qualsiasi attività commerciale – economicamente stupida rispetto ad una compagnia aerea – si deve mettere in preventivo un recupero di quanto speso perlomeno in qualche anno. Questo sì che è un buon affare, è veramente un’occasione unica e irripetibile.
Beati coloro i quali si stanno ‘prodigando’ stoicamente per salvare la nostra storica compagnia di bandiera e, soprattutto, per non farla cadere in mani ‘straniere’!

I salvatori della nostra italianità
Mamma mia che bella presa in giro! Questa è veramente la ‘bufala’ dell’anno.
Al di là di ogni convinzione politica, qui bisogna far ragionare il cervello – se ancora lo abbiamo.
Siamo tutti bravi a comprare un’azienda priva di un qualsivoglia debito, ad avere la possibilità di dettare regole sul personale di terra e di volo ritenuto in eccedenza per i progetti futuri della nuova compagnia di bandiera, ad avere a disposizione aeromobili, hub e rotte già collaudate. Io credo che la cordata sia arrivata anche in ritardo, se consideriamo ciò che vuole comprare e a quali condizioni di favore vuole comprare.

E io…e noi paghiamo, come diceva Totò!
Il problema è che, negli ultimi mesi, c’è stato chi ha giocato allo scarica barile – ma questa non è una cosa nuova in Italia – mentre non è per niente un gioco il fatto di dover pagare tutti noi – cittadini italiani (padani compresi) – il grosso debito accumulato da Alitalia (e da Air One?). Inoltre, a carico di chi andranno gli oneri sociali corrispondenti al mantenimento di tutti quei dipendenti che andranno in cassa Integrazione o che verranno assorbiti da società statali – pagati sempre con i nostri soldi? Gira che ti rigira, la patata bollente va a finire nelle nostre mani.
E allora, ma che fortuna abbiamo avuto noi cittadini a non vendere Alitalia ad una compagnia straniera. Se la storia finirà in questo modo, saremo tutti contenti perché tutto rimarrà in famiglia, ed era quello che volevamo. Peccato che in questa famiglia ci sia un gruppo di imprenditori che acquisterà solo la ‘Good Company’, mentre ai più sfortunati (o fessi) – cioè a noi semplici cittadini – capiterà, senza averla richiesta né desiderata, la ‘Bad Company’. Ma che bella invenzione anche questa bad company, chissà chi ha avuto questa pensata intelligente!

Non c’era un nome migliore?
Italianità, che bella parola! Peccato che questa cosiddetta italianità ricada sulle spalle, o meglio, sulle tasche di chi già fatica ad arrivare alla fine del mese (come ci viene continuamente ricordato dai giornalisti dei nostri TG nazionali e regionali).
Siamo talmente tanto nazionalisti che un nome più brutto di C.A.I. non glielo potevano trovare. I responsabili della cordata hanno scelto un acronimo che si confonde facilmente con tante altre realtà che lo utilizzano da anni e anni – fra i più noti ricordiamo il Club Alpino Italiano…Non c’era proprio un altro nome più decente da dare a questa ‘nostra futura compagnia di bandiera’?
E poi, parliamoci chiaramente, il piano presentato dai futuri azionisti sembra proprio quello di un vettore in tono minore, non certo da primo livello. Poche rotte (ma le più remunerative rimarrebbero in piedi), pochi aerei, poco personale. Poco di tutto, insomma, tranne i debiti che andranno a carico nostro.
Ma è normale o da paese civile che gli errori di anni e anni di cattiva gestione e di ingerenza politica stiano ricadendo su chi non centra niente?

La ‘cattiva offerta’ di Air France…
Chi non ricorda l’offerta di Air France per acquisire Alitalia? A noi esterni alla compagnia, ma dentro questo settore da svariati anni, non era sembrata affatto una cattiva offerta.
Prima di tutto perché il vettore francese si sarebbe accollato l’ingente debito di Alitalia – e qui non stiamo parlando di milioni di Euro ma di miliardi di Euro – in più avrebbe pagato un tot per la sua acquisizione (quindi, soldi freschi che sarebbero entrati nelle casse italiane) – e gli esuberi, nota dolentissima, sarebbero stati ‘solo’ 2.500 anziché 7.000 – e c’è una bella differenza di numeri!
Ma la risposta sdegnata a tale proposta è stata quasi un ‘vade retro satana!’. La compagnia è nostra e nessuna società straniera se ne può appropriare! Che errore madornale!
Per una compagnia in uno stato di malattia terminale come la nostra, quanto offerto non era di certo poco. Non era tantissimo, ma in quel momento non c’era altra alternativa a quella prospettata da Air France che, tra l’altro, avrebbe mantenuto nome e logo della compagnia.
Siamo sinceri e non raccontiamoci fiabe, l’Alitalia è in condizioni ‘economicamente pietose’ da tantissimi anni. Non ha mai navigato in buone acque, nonostante i cambiamenti dei vari ‘conduttori’.
Ricordo che già 33 anni fa si diceva che c’erano 2.500 persone di troppo a lavorarci ma, cosa gravissima, in tutto questo tempo non si è fatto nulla per impedire che si arrivasse alla resa dei conti. Non mi risulta neppure che ci sia stato qualcuno, in oltre 30 anni, che si sia assunto la responsabilità del declino del vettore di bandiera. Ma se questo personale non era necessario, che cosa ci stava a fare in Alitalia, a scaldare le sedie? E, soprattutto, con quali soldi veniva pagato? Ma sempre con i nostri, s’intende, da quel Pozzo di San Patrizio dal quale si attinge ogni volta che ce n’è bisogno. E il guaio è che non ci si può neppure ribellare, paghi e basta!
Per tappare questi grossi buchi, alla fine verrà introdotto qualche altro nuovo balzello, mascherato da chissà cosa e da chissà quale nome, e finalmente saremo tutti felici e contenti di aver ingoiato la grossa pillola con un dito d’acqua o …Ma è meglio che mi fermi qui, di esempi poco eleganti ce ne sarebbero troppi da fare, e non è il caso di scriverli, basta solo pensarli!

Liliana Comandè