Scarso appeal del Mezzogiorno d’Italia non solo per gli stranieri ma anche per gli italiani del Centro-Nord mentre crescono le posizioni di Spagna, Grecia e Croazia che si confermano i principali concorrenti del Sud Italia nel Mediterraneo con la Turchia in costante risalita. E se davvero nei prossimi anni dovesse arrivare un forte flusso di turisti soprattutto dai Paesi più lontani, il Meridione d’Italia non sarebbe in grado di accoglierli. Ecco alcuni dei punti discussi ieri pomeriggio a Palazzo Jung a Palermo durante il convegno “Southern Italy: gli alibi della crisi” nell’ambito delle Giornate dell’Economia del Mezzogiorno. “Dal 1999 al 2007 – ha spiegato Mara Manente, direttore Ciset Venezia – è cresciuta di poco la quota di turisti internazionali gravitati sull’area mediterranea, passando dal 58,2% del ‘99 al 61,5% del 2007. In particolare a crescere di più sono stati Egitto e Croazia (+11%) e Turchia (+15%) mentre il Sud Italia è cresciuto del 4,9%. Nel contesto italiano, nel Mezzogiorno si trova il 26,5% dei posti letto alberghieri, il 22% delle presenze alberghiere nazionali mentre è di 23 miliardi la spesa effettuata da italiani e stranieri nel Sud Italia pari al 24% di tutta la spesa turistica. Inoltre – aggiunge Mara Manente – da rilevare che la media italiana del tasso di occupazione lordo per gli alberghi è di 32,5 mentre al Sud si ferma al 26,9″.
Ma come può competere il Sud Italia nei confronti degli altri Paesi del Mediterraneo? “La competitività del Mezzogiorno – ha osservato Manente – continua a giocarsi su elementi che vengono ancora considerati tratti distintivi, e quindi bellezze naturali e culturali, enogastronomia, tradizioni locali. Più contenuta invece la capacità di competere, rispetto ai principali concorrenti, per quel che riguarda ricettività, servizi di informazione al turista, professionalità degli operatori. ordine e pulizia. Insufficiente, inoltre, la concorrenzialità in termini di prezzo. Tra gli aspetti critici, la scarsa qualità delle strutture ricettive, la carenza di collegamenti diretti, la ridotta stagionalità dell’offerta“. Elementi che anche a detta di Antonio Magliulo, docente di Economia del turismo all’Università di Firenze porterebbero il Sud Italia a non riuscire a rispondere a un boom turistico. “Nei prossimi anni si muoveranno sempre più turisti, in particolare verranno da Paesi lontani, saranno più anziani, voleranno low cost ma sceglieranno sistemazioni in strutture di qualità. Inoltre saranno sempre più informati grazie al web e tenderanno a cercare destinazioni con un’offerta variegata e quindi non solo o mare o solo arte. In particolare sempre più persone viaggeranno per short-break e scomparirà la figura del turista affezionato che torna più volte nella stessa destinazione e nello stesso albergo. Per questo è fondamentale capire il profilo dei nuovi turisti, conoscere la loro lingua, le loro abitudini, le loro scelte alimentari. Così, considerato che anche il Sud Italia attende nei prossimi anni un aumento esponenziale dei turisti che vengono da lontano, prima è necessario studiare i punti di debolezza. Intanto il Sud può essere visto come un ‘non-sistema puntiforme’ con punte di eccellenza come Taormina, Ischia e Capri che non vengono percepite come parte di una destinazione integrata. D’altro canto, però, tra i punti di forza il Sud ha un’enorme domanda potenziale, un grande capitale turistico (coste, mare, sole) largamente sotto-utiizzato che però offre vantaggi notevoli poiché permette tutti i tipi di turismo (balneare e culturale)”.
Ma quali sono i possibili rimedi? Per Magliulo “serve governance di sistema, una politica integrata europea perché la politica turistica non può farla da solo il ministro o l’assessore di turno. E il fatto che il ministro Scajola e il sottosegretario Brambilla recentemente abbiano iniziato a parlare di ‘programmazione unitaria’ è un segno dei tempi che fa ben sperare”.
Per Emilio Becheri, direttore di Turistica nonché amministratore della Mercury, bisogna recuperare il turismo che non appare. Come quello delle seconde case. “Se si considera anche tale fenomeno, in base al’indagine Mercury Rescasa del 2005, la Sicilia balza al primo posto con circa 114 milioni di presenze per un moltiplicatore di 8,7 ed una quota di mercato del 10,6% precedendo così il Veneto che si ferma a 97 milioni di presenze”. Ma non solo. Becheri propone un progetto di ‘capitali del Sud Italia’ come passo primario per far fare un salto di qualità al Mezzogiorno e alla Sicilia. Insomma ancora una volta si parla di politica integrata. E poi dice sì al Ponte sullo Stretto insieme all’ammodernamento delle linee ferroviarie, dei porti e degli aeroporti. Il Ponte sullo Stretto invece non è indispensabile per lo sviluppo turistico del Sud Italia secondo Gavino Maresu, direttore del Dipartimento per le Politiche del turismo dell’Eurispes. “L’opera servirebbe solo ad aumentare il turismo di prossimità – ha sottolineato – ma per i turisti stranieri e non solo, il vero problema non è attraversare lo Stretto, è attraversare la Sicilia. Con il ponte non arriverebbero più stranieri, i turisti oggi arrivano sempre più in aereo. Per questo serve un piano degli aeroporti e un piano di rinnovamento delle infrastrutture per promuovere la mobilità interna all’Isola“.
Per Girolamo Cusimano, docente di Geografia all’Università di Palermo, il modello da seguire dovrebbe essere quello del Sud-Est siciliano. “La zona del barocco è riuscita a vincere la competizione della rappresentazione: non importa che si trovi in Sicilia o nel Sud Italia. La gente va lì a fare turismo. E poi in quel territorio si fa anche la ricerca petrolifera. Ulteriore dimostrazione che il turismo non è incompatibile con lo sviluppo. Anzi è vero proprio il contrario”.