Papa Pio VII e Canova contro Napoleone: in mostra l’arte contesa alla fine del XVIII secolo. Nella primavera del 1796 un esercito francese, al comando di Napoleone Bonaparte, irrompe nella Valle Padana, sbaragliando austriaci e truppe locali. Fra le prede di guerra compaiono, per la prima volta in modo esplicito, anche le opere d’arte. Il governo di Parigi, che le vuole nel suo splendido museo dedicato all’arte universale, le requisisce e le porta via. Comincia allora una storia, fatta di espropriazioni, di furti, di salvataggi fortunosi, di recuperi, che si concluderà solo dopo Waterloo, nel 1815.
Una storia avvincente, che verrà raccontata a Cesena dal 14 marzo al 26 luglio 2009 dalla mostra “L’Arte Contesa. Nell’età di Napoleone Pio VII e Canova”, con oltre 200 opere tra dipinti, incisioni, documenti, libri, “tesori” rubati e recuperati. Protagonisti indiscussi di questa vicenda, sul versante italiano, sono un papa cesenate, Pio VII Chiaramonti, e il maggiore fra i “geni” del tempo, Antonio Canova (a cui, in contemporanea, è dedicata un’esposizione monografica nella vicina città di Forlì). Sarebbe toccata a loro la “missione impossibile” di recuperare i tesori sottratti, ricostituire il “Museo Italia” e fondare, nella penisola, il moderno concetto di patrimonio culturale.
 
La mostra è frutto di un imponente lavoro di ricerca che tenta di ricostruire lo splendido mosaico artistico di fine ‘700 nei territori delle Legazioni Pontificie, completamente sconvolto dalle requisizioni, riavvicinando tasselli che il destino aveva irrimediabilmente allontanato tra loro e dal loro luogo di origine. E così, ad esempio, il San Giovanni Battista che predica del Guercino, conservato nella Pinacoteca Comunale di Forlì, si riunirà finalmente dopo secoli al Cristo benedicente, la sua “cimasa”, conservata ora alla Pinacoteca di Brera; la Santa Margherita da Cortona, sempre del Guercino, ospitata nella Pinacoteca Vaticana, farà ritorno per la prima volta nella sua città d’origine. Tra i tanti dipinti in mostra (una trentina in totale, provenienti dai Musei Comunali di Milano, Accademia di Brera, Accademia Carrara di Bergamo, Pinacoteca Vaticana, Museo Napoleonico e Pinacoteca Capitolina a Roma, Pinacoteca Nazionale Bologna, oltre che dalle Pinacoteche di Cesena, Forlì, Rimini e da numerose collezioni private) spiccano alcune opere prestigiose, come l’Allegoria della Storia di Mengs, dal Museo Civico Bassano del Grappa, e il Ritorno dei cavalli a San Marco di Vincenzo Chilone, custodito a Venezia a Palazzo Treves.
Accanto ai dipinti, enciclopedie, incisioni, litografie, stampe, racconti di viaggio, collezioni epistolari, arredo sacro, e persino uniformi militari in uso a fine ‘700, che restituiscono, in maniera variegata e dettagliata, un fotografia completa dell’assetto storico e artistico nei territori delle Legazioni Pontificie prima dell’arrivo di Napoleone.
 
Splendida cornice della mostra sono due celebri biblioteche, entrambe a Cesena: la Biblioteca Malatestiana, dichiarata Mémoire du Monde dell’Unesco per la sua straordinaria unicità e conservazione, e la Biblioteca Piana, che contiene la raccolta privata di Pio VII, espressione dei gusti e degli interessi del “Papa dei Beni culturali”.
Ideale prosecuzione della mostra è l’intera città di Cesena, conosciuta come “La città dei 3 Papi”, che reca numerose tracce dei tre pontefici che qui nacquero o vissero a lungo (Pio VI, VII, VIII): di particolare interesse la Chiesa di Santa Cristina, splendido “Pantheon” in miniatura realizzato dall’architetto Giuseppe Valadier, fatta costruire da Pio VII come ex voto al ritorno dalla prigionia in Francia; l’antica Abbazia benedettina della Madonna del Monte, dove Pio VII compì i suoi primi studi; il Palazzo Chiaramonti, ancora ben conservato, residenza della famiglia del Papa Barnaba Chiaramonti.

L’Arte Contesa in sei sezioni

La mostra si articola in sei sezioni.
La prima è dedicata a La memoria del mondo in uno Stato, con dipinti, opere d’arte, carte geografiche, letteratura di viaggio, incisioni che documentano la persistente centralità di Roma nella cultura europea alla fine del XVIII secolo.
La seconda sezione racconta La rivoluzione in Italia: attraverso stampe, figurini militari, dipinti, divise del tempo rivive l’epopea napoleonica in Italia e l’avvio delle requisizioni delle opere d’arte. Da segnalare, Le triomphe de la République Française, incisione di David su disegno di Monnet che rappresente La Republica francese alla guida di due leoni che trascinano un carro sul quale la pace s’appoggia allo scudo con la leggenda (Milano, Raccolte Bertarelli),
La terza sezione, Il patrimonio conteso, mette in mostra alcuni esempi emblematici di opere trafugate dalle collezioni delle Legazioni pontificie del territorio, che furono trasferite nella Pinacoteca di Brera a Milano, e in Francia. Molte opere furono in seguito recuperate grazie alla politica promossa da Pio VII e da lui affidata a Canova, mentre altre rimasero nella collocazione nuova che gli eventi politici dell’epoca determinarono. Questa sezione conterrà esempi dell’una e dell’altra casistica, a testimonianza dei diversi destini dell’Arte contesa.
La quarta sezione è dedicata alle origini del museo moderno: Antonio Canova, Carlo Fea, Quatremére de Quincy e Pio VII sono i protagonisti di un serrato dibattito culturale da cui prende avvio la prima legislazione di tutela delle opere d’arte promulgata da Pio VII.
La quinta sezione si sofferma sulla figura di Pio VII, Gregorio Barnaba Chiaramonti, il Papa cesenate, racconta il suo rapporto con la città natale e gli anni eroici del suo pontificato fino al ritorno trionfale, dopo la fine dell’avventura napoleonica. Una figura nota nell’immaginario collettivo grazie all’interpretazione di Paolo Stoppa nel film “Il Marchese del Grillo” di Monicelli, con Alberto Sordi, che delinea un Papa saggio e quasi eroico di fronte all’ingiusta prepotenza di Bonaparte. Collegata alla sezione precedente la sesta sezione, la biblioteca Piana, conserva la raccolta personale dei volumi di Pio VII, specchio dei gusti e degli interessi del “Papa dei Beni culturali”.
 
La mostra si avvale del Comitato scientifico composto da Antonio Paolucci, (Presidente) Roberto Balzani, Gianfranco Brunelli, Andrea Emiliani, Angelo Mazza, Marino Mengozzi, Daniela Savoia. Il curatore della mostra e del catalogo è Roberto Balzani.