Esattamente un anno fa, il 3 aprile del 2009, i lettori di Travelling Interline potevano leggere su queste stesse pagine un lungo comunicato della Iata nel quale si annunciava “che tutte le 224 compagnie aeree che ne fanno parte, e che rappresentano il 93% di tutto il traffico aereo internazionale, sono iscritte nel registro IOSA (Iata Operational Safety Audit), la certificazione della sicurezza operativa della IATA. Essere membro della Iata è ora sinonimo di rispetto delle migliori procedure per la sicurezza nelle compagnie aeree. Si tratta di una rassicurazione per i viaggiatori di ogni parte del mondo sulla serietà dell’impegno dell’aviazione in teme di sicurezza”. Era una grossa novità. Era accaduto che durante l’assemblea dell’anno 2006 la Iata aveva concretizzato un progetto che bolliva da qualche anno stabilendo -di concerto con le compagnie associate- che l’organizzazione che una volta controllava il cartello tariffario e l’applicazione delle tariffe aeree nelle varie regioni del mondo, da ora in avanti si sarebbe occupata anche della safety.  Era una Iata alla ricerca di nuovi ruoli dopo che la deregolamentazione e le indagini antitrust avevano vietato i cartelli tariffari.

Venne stabilito un calendario operativo: entro il 31 dicembre 2006 si sarebbero completate le pratiche contrattuali di iscrizione al progetto; entro la fine dell’anno successivo tutti gli audit avrebbero dovuto essere finalizzati. Infine entro il 31 dicembre 2008 le risultanze che scaturivano dagli auditing avrebbero dovuto portare o all’iscrizione del vettore nel registro IOSA o, in alternativa, alla cessazione dello stato di membro Iata.

“Soddisfare gli alti standard IOSA rappresentava una sfida per tutte le compagnie aeree. Oggi grazie a questo impegno si viaggia in aereo con maggior sicurezza” aveva avvertito nell’aprile del 2009 Giovanni Bisignani, direttore generale e a.d. dell’associazione.

Bene ora riportiamoci ai giorni nostri. Dal 30 marzo 2010, data in cui la Commissione Europea ha diramato la sua tredicesima black list, è accaduto che gli agenti di viaggio italiani (e supponiamo anche di altri Paesi) non hanno più potuto vendere tramite BSP la Philippine Airlines e gli altri vettori di questa nazione, in quanto le compagnie lì certificate erano tutte incluse nella black list e la Iata aveva preso la decisione di sospendere la vendita dei documenti di viaggio.

La ragione dell’inclusione nella black list di Bruxelles è che la FAA statunitense aveva downgradato l’aviazione civile del Paese asiatico al grado 2, ma è da sottolineare come la stessa FAA avesse permesso, e permette tuttora, alla Philippine Airlines di collegare Manila con le destinazioni negli Usa e in Canada. In poche parole:

-agli agenti è stata interdetta la vendita dei documenti di viaggio;

-la Philippine Airlines continua però a volare nel Paese cui appartiene l’ente che ha sollevato problemi circa lo stato della safety della nazione filippina. Ciò in quanto evidentemente la FAA distingue tra lo stato generale dell’aviazione di quel Paese, e la safety del vettore in questione;

-la Philippine Airlines, che non volava in ogni caso in Europa per sua scelta fin dal 1999, continua ad operare normalmente su tutto il suo network che si svolge nel sud est asiatico e nel Pacifico.

 

Ora, la domanda che è lecito porsi è la seguente: per quale motivo la Iata che ha promosso la Philippine Airlines con il suo Registro Iosa (certificazione tuttora valida),  ha dato più importanza alla black list emessa da Bruxelles?

Come ciliegina sulla torta di questa surreale vicenda, vogliamo riportarvi le testuali parole contenute in un bollettino della Iata dell’Aprile 2006 (Iata, Industry Times, n.4) :

“The European Union ha published a blacklist of airlines which are now banned from the EU.

 A blacklist is one approach to safety but it is not the answer. It doesn’t address the problem of bringing less safe airlines up to standard.

IATA’s approach is to tackle the root causes of safety concerns. We have developed a world-class safety examination that guarantees the highest possible safety standards in those airlines that pass it. And they have to keep those standards up through regular repeat testing. It is called IOSA.”

Quindi, malgrado la Iata affermi che il suo sistema di safety audit è decisamente migliore di quello della black list avanzando addirittura delle critiche ad esso, però la stessa Iata non ha dubbi nel sospendere le vendite BSP – un sistema da lei direttamente gestito- allorché la UE include un vettore – promosso IOSA –  nella sua black list.

Non è difficile vedere la incoerenza che trasuda da tutta questa storia.

La morale che si può trarre è che nel settore della safety ci sono ormai troppi galli a cantare. Comunque gli agenti di viaggio ne hanno imparata un’altra dalla Iata: la compagnia aerea può essere certificata Iosa dalla stessa Iata; la compagnia aerea può continuare ad operare i suoi servizi nel mondo; ma agli agenti di viaggio IATA-BSP non è permesso emettere biglietteria.

Antonio Bordoni