Gli agenti di viaggio, quelli attenti a quanto accade nel settore, si saranno sicuramente accorti che da molti mesi i charter in circolazione sono nettamente diminuiti. Le agenzie di viaggio non vengono più sommerse da offerte dell’ultimo minuto (anche se ancora ce ne sono). Cattivo segno da un lato e buon segno dall’altro. Cattivo perché è il sintomo della grave crisi che attaglia il settore da vari anni con il conseguente e vistoso calo di italiani che viaggiano, Buon segno perché, finalmente, i pochi aerei noleggiati – con i posti suddivisi tra vari operatori – mettono meno a rischio le finanze degli operatori.
Negli anni passati, infatti, si è verificata l’anomalia del ricorso massiccio al volo charter, anche da parte di operatori che si affacciavano per la prima volta nel panorama turistico (alcuni dei quali falliti) – anche quando scarseggiava la domanda. La grave e perdurante crisi del turismo sembra che abbia reso più oculati i T. O. meno propensi a rimetterci soldi e, soprattutto, la propria sopravvivenza. Il risultato di una politica basata sulla cautela, quando il mercato lo impone, può dare anche un revenue (anche se non eccessivo) agli operatori, non sempre costretti a vendere sottocosto e all’ultimo minuto l’invenduto.
L’abbattimento dei prezzi dei pacchetti tutto compreso – i sempre duri a morire “viaggi last minute” – ha sempre ridotto quei margini di guadagno dei T. O., ottenuti con la vendita effettuata a prezzi da catalogo.
L’eccessiva offerta di posti per alcune mete ha fatto sì che venissero premiate quelle persone che non pianificavano le proprie vacanze, ma che diventavano turisti soltanto se trovavano l’occasione dell’ultimo minuto. Questa politica, certamente pagata a caro prezzo da parecchi nostri operatori, ha creato un’anomalia rispetto al modo di operare tradizionale delle compagnie aeree di linea che hanno sempre avvantaggiato nel prezzo chi prenota il proprio volo con molto anticipo rispetto alla data di partenza.
Non è una novità per i nostri lettori che Travelling Interline abbia sempre affermato che negli ultimi 15 anni gli operatori hanno agito in maniera poco avveduta e troppo individualista. Troppi hanno azzardato per lungo tempo più di quanto avesse richiesto il nostro mercato e troppi hanno pensato di diventare come certi grossi T.O. – presi come riferimento per il successo e i guadagni. Sfortunatamente, molti di questi T.O. dai nomi altisonanti e dai villaggi sparsi in varie parti del mondo, hanno fatto una gran brutta fine!
Purtroppo dalla fine degli anni novanta il mercato turistico è diventato come il mercato alimentare del sabato: la mattina i prezzi dei prodotti sono più alti di quanto lo siano all’ora di pranzo, quando c’è la chiusura dei banchi. Ma una considerazione seria va fatta: il viaggio non è come un alimento che può deteriorarsi nei 2 giorni di chiusura del negozio. Il commerciante, alla fine della giornata lavorativa che precede il week-end, svende la merce per non gettarla nell’immondizia, ma sicuramente non ci rimette niente. L’acquirente, però, si deve accontentare di ciò che rimane esposto sui banchi – e non è sempre la merce migliore!
Ma il viaggio, invece, può essere paragonato ad un alimento o ad uno scarto? Direi proprio di no! Il prodotto e l’operatore, infatti, è sempre lo stesso che sul suo catalogo vende una settimana di soggiorno a 1.800,00 Euro, mentre c’è chi se lo è accaparrato anche alla metà, e questo non è affatto giusto perché l’articolo” venduto è sempre quello iniziale, e quello rimane fino alla fine.
C’è, quindi, il previdente che paga lo scotto di prenotare in anticipo il suo viaggio, e c’è il “furbastro” che viene premiato per la sua scaltrezza. Sono cose che capitano ma che, in realtà, non dovrebbero avvenire, proprio per una fatto di serietà.
Cosa ha insegnato la crisi?
La crisi che li ha colpiti duramente per molti mesi ha insegnato qualcosa ai T.O.? E agli ADV, lasciati sempre più soli a competere con chi lavora con commissioni ben più elevate di quelle che ricevono loro e devono arrampicarsi sugli specchi per “guadagnarsi la giornata”?
E il settore dell’outgoing, lasciato sempre più solo, che fine farà se nessuno, neppure il Ministro del Turismo, se ne occupa?
A noi va benissimo la promozione del nostro paese all’estero, l’approviamo incondizionatamente. Ma esiste tutto un comparto che si occupa di mandare gli italiani all’estero e nel quale lavorano migliaia di persone. Perché non si da ad entrambi la stessa importanza? I posti di lavoro sono posti di lavoro, comunque!
Non sappiamo quanto la crisi abbia cambiato le persone che lavorano nel turismo. Noi auspichiamo che abbia reso tutti un po’ più saggi; che abbia fatto scendere dal piedistallo quegli operatori che si sentivano/sentono tanto arrivati “al cielo” da guardare gli altri dall’alto verso il basso; che abbia fatto diventare un po’ meno arroganti quanti hanno perso – strada facendo – quell’umiltà necessaria nei rapporti umani e lavorativi.
Anche se ormai si lavora soprattutto con i computer, non dobbiamo dimenticare che davanti ad uno schermo ci sono delle persone. Gli uomini/donne-computer non ci piacciono affatto e, per ora, lasciamoli come personaggi di film di fantascienza. Per favore, restiamo ancora con i piedi saldamente poggiati sulla terra, forse è l’unico modo per poter ancora andare avanti a lungo.
Liliana Comandè
mi complimento per la sagacia dell’articolo.
antonio Percario