Il “fai da te” porta lavoro e soldi all’estero bypassando i programmi dei T.O. nostrani e le prenotazioni attraverso i dettaglianti. Non è delocalizzazione del lavoro questo? Qual è la differenza fra l’industria che fa lavorare operai e impiegati nelle fabbriche fuori dai nostri confini e chi si prenota sul web tutti i servizi con gli operatori esteri?

Mi capita spesso di viaggiare nei Press Tour e volare con tante compagnie diverse, soprattutto per viaggi a lungo raggio. Il viaggiare e confrontarsi con culture diverse le considero fra le cose più belle e gratificanti della mia vita e, se non fosse per gli impegni lavorativi in Italia, confesso che, a volte, resterei nei paesi che vado a visitare. Appartengo alla vecchia guardia e, per fortuna o per sfortuna, sono ancora molto attaccata a ciò che appartiene al passato – solo alle cose positive, s’intende – e in alcuni paesi esteri ho trovato stili di vita molto diversi dal nostro.

Rimpiango i tempi in cui c’era un grande rispetto per le persone anziane, il senso della famiglia, il vivere un po’ tutti insieme. Ma come è nella logica delle cose, tutto cambia e tutto si evolve. Il progresso ha portato tanti benefici ma anche tante cose negative.

Non a caso, quando accade qualcosa di brutto, si dice “è lo scotto che si deve pagare per il progresso”. Sono cambiati i costumi e se mi capita di rivedere qualche vecchio film mi rendo conto di quanto realmente siano mutati.

Oggi manca quel senso di solidarietà, che apparteneva a chi veniva fuori dalla guerra e dalla fame, e che rendeva il vivere più umano, più sopportabile (questo avveniva soprattutto nei piccoli centri o nelle province, ma anche in città non si era mai lasciati soli se si aveva bisogno del prossimo).

Oggi assistiamo allo sgretolamento dei valori ai quali ci hanno abituato i nostri genitori e, chi ha la mia età, si trova un po’ come “un pesce fuor d’acqua” in questa società che ha creato tanto individualismo e così poca solidarietà umana (la colpa, probabilmente, è anche nostra perché non abbiamo voluto far passare ai nostri figli ciò che abbiamo provato noi e, a volte, li abbiamo resi deboli, incapaci di prendersi delle responsabilità e a ragionare non più con il cuore e la testa ma con il…portafogli).

Se penso a quanti mestieri sono scomparsi, o a quanti lavori non vengono più effettuati dai nostri giovani, mi sembra di tornare agli anni ’50, quando dall’Italia partivano gli uomini per la Svizzera, il Belgio e la Germania, alla ricerca di un lavoro di grande fatica che i locali non volevano più fare.

Oggi la situazione si è ribaltata e noi siamo diventati “l’Eldorado” di tante popolazioni – provenienti da varie parti del mondo – che hanno trovato un’occupazione da noi, in maggior parte nel campo dell’assistenza agli anziani, in quello dell’edilizia e, per gli egiziani, in quello della ristorazione (pizzerie).

Ormai il mondo è “globalizzato” e quasi ovunque puoi trovare le stesse cose, gli stessi oggetti, gli stessi cibi. L’avanzamento della tecnologia nelle industrie ha creato una diminuzione di posti di lavoro e l’informatizzazione, se da una parte ha tolto lavoro, dall’altro ne ha creato di nuovo.

Precariato, cassintegrazione etc…sono parole nate con il progresso, ma per chi si trova a vivere queste condizioni credo che non sia proprio soddisfatto di questo sviluppo (altro scotto da pagare…).

La crisi economica poi, non ha fatto altro che peggiorare tutte le situazioni lavorative – e credo che siano poche le realtà che non abbiano sofferto per questa congiuntura.

Nel settore turistico, chiaramente, si è avvertita maggiormente – non essendo il viaggio un bene primario e irrinunciabile. Certo, chi ci lavora spera sempre che la situazione possa cambiare da un momento all’altro e che ci sia il grande ritorno della clientela. Non ci si aspetta un miracolo, ma una ripresina, sì.

Giusto qualche giorno fa, chiacchierando di viaggi in casa di amici, notavamo come le persone che se li organizzano da soli – prenotando non solo gli hotel all’estero ma anche acquistando tour culturali direttamente da operatori locali – non fanno altro che delocalizzare il lavoro.

In effetti, non fanno niente altro che toglierlo alle agenzie e ai T.O. italiani e portarlo, assieme ai soldi, direttamente all’estero. Questo quando non prenotano con alcuni Tour Operator italiani che, a loro volta, scavalcano i dettaglianti e accettano prenotazioni on-line dai clienti, proprio perché questi ultimi, presumono che l’agenzia intermediaria applichi loro un prezzo maggiorato!

Questo perché, grazie anche alla pubblicità dei grossi portali che promuove sconti fino al 50%, i clienti sono portati a pensare che le agenzie o i T.O. abbiano sui viaggi dei ricarichi enormi mentre, invece, come ho ripetuto fino alla nausea, il turismo è il settore che ha meno margini di guadagno di qualsiasi altro tipo di commercio. Inoltre, se una persona va al mercato a fare la spesa quotidiana, prima fa il giro dei banchi per controllare il rapporto qualità-prezzo, poi decide dove comprare.

Ma fa sempre una comparazione! Nel turismo, invece, accade che le agenzie partano già perdenti…perchè svantaggiati da una pubblicità insistente e convincente sul risparmio delle prenotazioni sul web.

Se si parlasse del valore aggiunto, oltre che del prezzo conveniente che si può trovare anche nelle agenzie (l’amato cliente significa posto di lavoro per gli ADV, ma nessuno sembra rendersene conto…), e se si facesse lo stesso tipo di pubblicità alle persone che lavorano per organizzare i viaggi, molto probabilmente il fenomeno del web verrebbe ridimensionato.

Non bloccato, nessuno vuole fermare il progresso e le innovazioni, ma dovrebbero essere messi sul piatto della bilancia sia il fattore informatico sia quello umano e, non ultimo, quello del risparmio anche nelle agenzie.

C’è chi obietta che nelle agenzie non sempre si trovano dei veri professionisti. Giustissimo, nessuno lo nega. Però, così come accade in ogni campo – compreso, purtroppo, anche quello della medicina – oltre ai bravi professionisti può capitare di incontrare l’incompetente della situazione. Ma non per questo si deve fare di tutta un’erba un fascio!

Ritornando, quindi, al discorso del malcostume di alcuni T.O. nostrani, sempre con gli amici, abbiamo avuto modo di riflettere su alcune cose, a mio avviso importanti ma mai messe in evidenza.

Fra le prime considerazioni ce n’è una che riguarda problemi di grande attualità. Perché critichiamo tanto quegli industriali che fanno fare, o vorrebbero far fare, il lavoro in fabbriche situate all’estero, togliendo così il lavoro a tanta gente italiana, anche padri di famiglia, e non viene giudicato nello stesso modo ciò che accade nel settore turistico, che corrisponde alla stessa cosa?

Mi risulta che nessuno abbia mai prestato la dovuta attenzione a questo fenomeno, visto dal punto di vista lavorativo. Ritengo che i posti di lavoro siano sempre posti di lavoro, anche se in campi totalmente diversi, e…i padri di famiglia lavorano ovunque.

Per quale motivo i mezzi d’informazione danno spazio a questa o a quell’industria, anche piccola, che sta per chiudere perché il titolare la vuole trasferire all’estero, mentre di ciò che accade nel turismo non se ne parla mai?

Quante persone sono al corrente della chiusura di T.O. e piccole agenzie e di quanta gente sta a spasso perché non ha più trovato un’occupazione nel campo turistico e non solo in quello?

Il turismo, come sempre, non fa “rumore”, non fa numero – anche se vi lavorano milioni di persone – e non fa sentire la sua voce a chi dovrebbe farla ascoltare

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E’ un mondo di silenziosi che ha timore, o non ha voglia, di far valere i suoi diritti, di far conoscere le problematiche che l’affliggono e che sembrano irrisolvibili.

Indubbiamente, non è un settore che crede nel motto “l’unione fa la forza”. Ed è un vero peccato!

Liliana Comandè