Di Alessandro Valentini.

A Roma presso la Casa della Memoria e della Storia di Trastevere giovedì 7 luglio è stata inaugurata la mostra fotografica “Questi occhi hanno visto il diario di un medico volontario”, un’esposizione a cura di Giulia Turano che raccoglie scatti presi da una prospettiva originale e fedele sul campo della quotidiana lotta alla sopravvivenza nelle zone emarginate dell’Africa nera.

Le foto esposte infatti sono state scattate da Maurizio Piazza, specialista ortopedico traumatologo, durante le periodiche missioni che da ormai diversi anni compie in collaborazione con l’ONG Medici con l’Africa Cuamm, la più grande organizzazione italiana di promozione e tutela della salute delle popolazioni africane. Per la precisione la mostra espone fotografie scattate prevalentemente in missioni compiute tra il 2003 ed il 2011 durante le quali Piazza ha operato negli ospedali etiopi di Medici con l’Africa Cuamm ad Asella, Makallé e Wolisso.

L’esposizione fotografica, anche grazie al mix tra la prospettiva del medico operante e la conoscenza della tecnica fotografica, si rivela una vivida testimonianza – talvolta piena di speranza, talvolta drammatica – del prezioso lavoro portato avanti dai medici volontari in condizioni per tutti noi inconcepibili.

La mostra è aperta al pubblico dall’8 luglio al 7 settembre dal lunedì al venerdì dalle 10:00 alle 19:00 ad ingresso gratuito. C’è inoltre la possibilità di acquistare un numero limitato di stampe delle fotografie di Piazza a fronte di una donazione; il ricavato totale andrà a Medici Con l’Africa Cuamm.

Alla presentazione della mostra, oltre all’ortopedico/fotografo Maurizio Piazza hanno preso parte anche la curatrice Giulia Turano e il direttore del Cuamm Don Dante Carraro che, moderati dalla giornalista Rai Livia Azzariti, hanno introdotto al pubblico presente l’operato spesso troppo poco conosciuto dell’ONG Medici con l’Africa Cuamm, e le condizioni estreme e di perenne emergenza in cui si trovano ad operare i suoi volontari, peraltro mettendo a rischio la propria vita. Ma, come ha sottolineato Piazza, di fronte a questa realtà non si tratta di essere eroi, o di fregiarsi di atti di solidarietà che ci possano rendere migliori agli occhi di noi stessi e degli altri, ma semplicemente della capacità di sentirsi e di riconoscersi umani, uomini, e quindi inclini ad aiutare, curare, salvare altri uomini alle prese con un’esistenza crudele.

Durante la serata è stato proiettato il video-documentario “Parole che fanno bene” in cui il cantautore Niccolò Fabi scopre e racconta al pubblico il lavoro dei medici Cuamm nella regione periferica dell’Uganda Karamoja, laddove la presenza di medici e personale specializzato è di fondamentale importanza per la possibilità che le stesse vite umane possano nascere, per sperare poi di fare il proprio corso. Le cinque parole che fanno bene e con cui Niccolò Fabi decide di sintetizzare i momenti del viaggio che gli ha permesso di conoscere gli uomini, i luoghi, le gioie e i dolori dell’operato dei medici Cuamm sono eloquenti e pregne di significati: silenzio, urgenza, ferita, cordone ombelicale, continuità.

Con Medici con l’Africa Cuamm in poco più di 60 anni hanno svolto missioni di volontariato quasi 1350 medici, ognuno dei quali in media ha trascorso un totale di circa 3 anni e mezzo sul campo.

Presidi sanitari attrezzati, invio di specialisti, formazione in materia medico-sanitaria di risorse umane locali: questi sono i principali servizi che Cuamm Medici con l’Africa tenta di assicurare nelle aree più isolate di Etiopia, Uganda, Sud Sudan, Kenya, Tanzania, Angola, Mozambico. In queste zone marginali e sprovviste di tutto la mancanza di adeguate strutture sanitarie trasforma in letale anche i problemi più lievi, come semplici escoriazioni o lievi malformazioni. In effetti in queste aree la malattia è anche una questione di distanza. Per esempio ogni mese solo nella regione del Karamoja 500 bambini muoiono per malattie prevedibili e curabili, solo perché lontani da ospedali e consultori. Invece, come lo stesso Piazza ha ricordato, in Etiopia, un paese con quasi 80 milioni di abitanti, c’è in media un’ostetrica ogni 20.000 partorienti, e, pare incredibile, 15 ortopedici in tutto. L’impegno dei medici Cuamm è rivolto a coprire il più possibile questo vuoto, oltre che alla lotta alle più diffuse e letali malattie di questa parte di mondo: aids, tubercolosi, malaria, malattie gastro-intestinali. Tuttavia particolare attenzione è rivolta alle mamme e ai bambini, perché in Africa è ancora troppo facile morire nel dare la vita e per i neonati è ancora molto difficile superare il primo mese di vita.