Sull’argomento “tasse aeroportuali” di nuovo ci sarebbe ben poco da dire. Il fenomeno è ormai consolidato in tutto il mondo e i passeggeri vedono in pratica il volo diventare sempre più costoso in quanto la tariffa aerea è solo una mera componente di quello che è il costo finale, essendo quest’ultimo costituito dalla parte che va alla compagnia aerea e da quello che va nelle tasche dei gestori aeroportuali o altri istituti pubblici.  Ovviamente quando avvertiamo che c’è ben poco da dire ci riferiamo all’istituto in generale, perché se poi andiamo a vedere nei dettagli scopriremmo che ogni giorno in qualche aeroporto del mondo nasce una nuova tassa; ricordate che negli anni passati le grandi compagnie aeree nella loro pubblicità avvertivano che ogni minuto della giornata c’era un loro aereo che atterrava o partiva in qualche aeroporto del globo?  Ebbene oggi stesso slogan potrebbe usarsi per quanto riguarda la nascita di nuove fees o charges in qualche aeroporto del mondo.

Mentre scriviamo,  apprendiamo la notizia che le aerolinee statunitensi hanno presentato un reclamo ufficiale presso le autorità tedesche contro l’applicazione dal primo gennaio scorso di una nuova tassa (“eco-tax”) di ben 45 euro, pari a dollari 59,50 sui servizi intercontinentali da/per gli scali tedeschi. Ed inoltre, come si può leggere in questi giorni sulla stampa, si sta allargando nel mondo la protesta non solo delle aerolinee ma anche dei governi per la tassa CO2 che Bruxelles  vorrebbe imporre a tutte le compagnie, le quali a loro volta dovrebbero scaricare il nuovo balzello sui passeggeri.

Se battete su Google “Glossary of surcharge” vi imbatterete in un passeggero canadese che chiede se qualcuno gli può decifrare le tasse che è chiamato a pagare sul suo biglietto ovvero:

XT        54,80

WY      14.70

CN       27.20

CH       15.00

PT        18.50

YR        12.30

YP        2.50

OO      33.80

US        2.60

AY        5.20

XY        5.70

XA        7.30

YC        20.00

SQ       50.40

AU       7.00

TR        7.40

 

Le abbiamo volute riportate tutte per evidenziare, se mai ci fosse bisogno, a che punto di follia collettiva  siamo giunti. E’ da sottolineare inoltre come il codice “XT” non identifichi una specifica tassa bensì una pluralità di altre tasse.

Di certo il fenomeno low cost ha contribuito a evidenziare tutta l’assurdità dell’attuale scenario. Da una parte abbiamo la compagnia aerea chiamata a pagare l’aeromobile, l’equipaggio, il carburante, le tasse di radioassistenza, i diritti di decollo allo scalo di partenza e quelli di approdo a destinazione, assicurando un volo che può durare anche diverse ore, la quale applica al passeggero una tariffa che a conti fatti non regge affatto il paragone con le cosiddette “tasse aeroportuali.”

Se da quest’ultime noi scorporiamo la YQ ovvero la sovrattassa carburante che è a tutti gli effetti una componente intascata dall’aerolinea, rimane pur sempre una consistente cifra la quale viene richiesta per il fatto che il passeggero entra nell’aerostazione dell’aeroporto, effettua le operazioni di rito, e usando un loading bridge o un bus interpista si imbarca sull’aereo.

 

Ebbene tirando le somme della transazione e comparando quanto incassa l’aerolinea (tenendo conto di ciò che essa fornisce al passeggero) e  a quanto ammontano le “tasse aeroportuali”  (comparandola con i compiti e servizi dello scalo) non può sfuggire l’eccessiva incidenza della componente tasse specialmente se riparametrata nell’ottica dei rispettivi compiti svolti dagli attori del sistema. In questa esposizione non si può poi dimenticare il particolare che l’aerolinea paga in ogni caso conti salati all’aeroporto per le operazioni svolte ai passeggeri (check-in, bagaglio, imbarco ecc).

 

A questo punto qualcuno potrebbe sollevare l’obiezione che se le compagnie aeree vogliono regalare il volo al passeggero sono liberissime di farlo, mentre da parte dei gestori si punta – come è loro diritto – al profitto gestionale, ma a fronte di questa obiezione, a prima vista del tutto logica, bisogna però ricordare un particolare di non poco conto, ovverosia che mentre il passeggero ha la possibilità di scegliere l’aerolinea con cui volare, il vettore non ha la possibilità di scegliere l’aeroporto su cui scendere. In poche parole l’aeroporto rappresenta un “monopolio naturale” e come tale tutte le tariffe di cui si avvalgono i monopolisti dovrebbero essere oggetto di profonde e attente valutazioni prima della loro approvazione.

Altro aspetto altamente discutibile è dato dalla diversità delle charges a parità di itinerario. In teoria, ripetiamo in teoria, dal momento che le tasse aeroportuali dovrebbero essere uguali per tutti i vettori, all’agente che vende un biglietto (o al passeggero che lo acquista)  dovrebbe essere necessario comparare la sola tariffa dell’aerolinea per individuare quella più conveniente, ma nella pratica non è così.  Avviene cioè che sulla rotta “X” una volta appurato che il vettore “A” applica la tariffa 100 e il vettore “B” vende la stessa a 120, dovrebbe essere pacifico che l’aerolinea più conveniente è la prima. Purtroppo però l’esperienza insegna che bisogna approfondire la transazione e valutare l’importo delle voci corollarie le quali vengono a differenziarsi da vettore a vettore.

E ciò non solo a causa della famigerata YQ, della quale abbiamo più volte scritto nel passato, ma anche ad esempio per la “YR” altra voce che viene usata dall’aerolinea per includervi ulteriori sue spettanze di carattere amministrativo.  Per inciso ricordiamo che ogni qualvolta l’aerolinea anziché aumentare la tariffa, aumenta le sue charges, quei pochi vettori che ancora riconoscono la percentuale sulle vendite degli agenti  di fatto con questa politica contribuiscono a far calare il guadagno dell’agente.

A conclusione di questo nostro ennesimo intervento sull’argomento “tasse aeroportuali” dobbiamo purtroppo annotare che la situazione, lungi dal chiarirsi e farsi più trasparente, è andata peggiorando sia dal punto di vista dell’intermediario che vende il biglietto, sia dal punto di vista del passeggero che vorrebbe capire ciò che è chiamato a pagare.

Antonio Bordoni