Lo confessiamo, allorché leggiamo che Air France taglia costi e personale, che Air France per risparmiare vuole puntare al low cost, che Air France si sta confrontando con i sindacati per il piano riduzione spese, insomma che la compagnia francese sta attraversando un momento non proprio facile, la domanda che ci viene spontanea è: ma la Klm? Se voi avete la pazienza di leggere le 93 pagine che formano il “Consolidated Financial Statement” ove vengono illustrati risultati e cifre del gruppo AF-KL al 31 dicembre 2011, non troverete – nemmeno in appendice – alcuna informazione per capire se i “buchi” di bilancio derivano dall’uno o dall’altro vettore e su quali specifiche voci. Per meglio chiarire il nostro concetto precisiamo che se Air France fa parte di un “gruppo” e se i risultati del gruppo vengono ovviamente pubblicati in consolidato senza distinzione fra i due vettori, allora sarebbe lecito attendersi che quando si parla di tagli e di misure di risparmio non ci si riferisca al singolo vettore, ma si coinvolga anche l’altro. Elucubrazioni senza senso? Discussioni accademiche? Non diremmo proprio perché un tal modo di operare ripropone i dubbi da noi espressi in passato sulla logica che sta dietro alla politica delle aerolinee di annunciare unioni, parlare di mergers, fusioni, formare gruppi, salvo poi continuare a volare con i rispettivi colori sociali.
Perché in tal caso, e a maggior ragione, se il gruppo è uno ma le aerolinee rimangono due, quando un vettore vuole operare una cura dimagrante quali riflessi provoca all’altro? Il fatto che Klm non venga tirata in ballo nell’esposizione delle recenti decisioni su riduzioni e tagli potrebbe far ritenere che la stessa non ne sia coinvolta, ma dal momento che i risultati e il bilancio sono espressi a livello di consolidato come si può ritenere che il taglio di 5000 dipendenti che Air France vuole operare entro il 2014 non finisca per ripercuotersi sull’operativo del gruppo e quindi non influenzare anche le operazioni di Klm?
Negli ultimi tre anni i risultati finanziari del gruppo sono stati altalenanti e le perdite del 2011 sono venute dopo un anno chiuso in nero, quindi tutto sommato non una continuità di risultati negativi ma un alternarsi di profitti e di perdite che non sono certo una eccezione nel settore del trasporto aereo.
Net income in US$:
2011: (580.500.000) ; 2010: 864.598.000 ; 2009: (2.198.872.000)
Ma i punti controversi su queste unioni, dove ognuno continua ad operare con i suoi aerei e proprio personale, non si esauriscono ai soli aspetti contabili. Il primo giugno 2009 in Sud Atlantico si è consumata la tragedia del volo AF447 che ha provocato 228 vittime; volente o nolente anche Klm che pure non aveva niente da spartire sul piano operativo con questo volo ne è stata coinvolta; in altre parole se le due compagnie non fossero state unificate dal gruppo, l’incidente sarebbe rimasto tutto di esclusiva competenza Air France, come d’altra parte avvenuto dal puro punto di vista mediatico. Sono i paradossi delle fusioni che tali non sono.
Ma i dubbi sulla formula “1 gruppo 2 aerolinee” riaprono anche il dibattito sullo stato critico attraversato dall’aviazione civile nel suo complesso. Chi non ricorda i toni trionfalistici con cui era stata annunciata la nascita del primo gruppo al mondo che vedeva due aerolinee di differente nazionalità “unirsi” fra loro? Quello era il futuro: sinergie, risparmi, razionalizzazione delle rotte; in pratica il gruppo avrebbe dovuto macinare utili su utili. Non solo, ma proprio tenendo conto della bontà dell’operazione il gruppo avrebbe dovuto eventualmente espandersi ma non certo ridimensionarsi tanto da pensare, come avviene in questi giorni, all’ennesimo lancio di una low cost. Insomma tutto sembra indicare che i conti in nero di una aerolinea possono essere ormai ottenuti solo se l’economia della nazione di cui porta la bandiera va bene.
Non a caso in Europa la Lufthansa sembra navigare in acque tranquille e stessa cosa può dirsi per i vettori del golfo. E così come una volta a fronte di una Europa florida avevamo vettori in buone condizioni che pensavano a espandersi e non certo a ritirarsi dai mercati, oggi di fronte ad una Europa in pieno declino troviamo vettori in crisi i quali non sembrano nemmeno trarre giovamento da quelle pseudo-unioni che pure erano state annunciate come la soluzione di tutti i problemi che affliggevano l’industria del trasporto aereo.
Antonio Bordoni