antonio-bordonidi Antonio Bordoni

In aggiunta alla fredda esposizione del blocco velivoli e ai vari inconvenienti avuti dal nuovo aereo della Boeing,  ci avrebbe fatto piacere leggere qualcosa anche sul particolare, di certo non secondario, che tutto ciò che sta accadendo si può far risalire al fatto che alla Boeing stanno scontando l’applicazione di una nuova tecnologia applicata all’ingegneria aeronautica.

Gli incidenti avvenuti al modello 787  derivano anche dal fatto che si è cercato di cambiare il convenzionale sistema bleed-air che da decenni assicura il ricambio di aria a bordo di ogni velivolo commerciale avvalendosi di una nuova architettura basata sulla struttura no-bleed.

I termini bleed-air e no-bleed   sono di recente saliti agli onori della cronaca a causa dei numerosi, ripetuti incidenti che hanno riguardato casi di cosiddetti fume events ovvero voli  che sono stati interessati da improvvisi ritorni all’aeroporto di partenza e malesseri a bordo causati da fumi e vapori che si sprigionano improvvisamente nella cabina passeggeri e in quella di pilotaggio.

Volendo in sintesi spiegare la differenza fra le due tecniche ricordiamo come nel sistema bleed-air il motore dell’aereo aspira e comprime l’aria dopo il compressor stage ma prima che il carburante venga bruciato. L’aria compressa, opportunamente lavorata viene usata per varie finalità come il deicing e la pressurizzazione cabina, e fornisce poi l’aria che si respira in cabina. L’intero sistema viene denominato  sistema pneumatico. Qualche volta però accade che il flusso di bleed-air usato per l’aria che si respira a bordo e per la pressurizzazione venga contaminato da perdite di lubrificanti e da additivi chimici che questi contengono e ci troviamo allora in presenza di un fume event, argomento al quale abbiamo dedicato un nostro recente rapporto (“Rapporto sui fume events” che è scaricabile gratuitamente dal sito www.air-accidents.com).  Ebbena sul Boeing 787 al sistema pneumatico si è sostituito un sistema elettrico.

Onde permettere l’erogazione della corrente necessaria a svolgere le numerose mansioni prima assicurate dal flusso pneumatico della  bleed-air, si è dovuto disegnare un particolare impianto di produzione di elettricità a voltaggio ibrido composto da sei generatori, due per motore e due per l’APU. Questi generatori “purtroppo” debbono far uso delle batterie al litio-ion in quanto è proprio questa tipologia di batteria ad essere l’unica in grado di assicurare l’energia necessaria al corretto funzionamento degli impianti del B787. Ma il litio  a parte l’innegabile potenzialità elettrochimica rispetto ad altri materiali ha anche punti deboli come il fatto di fondere a temperature inferiori rispetto ad altri componenti quale ad esempio il nickel; il punto di fusione di quest’ultimo è di 2800 gradi F contro i 357 gradi F del  litio.

Indubbiamente la nuova tecnologia introdotta dalla Boeing ha numerosi punti di forza: l’alta potenza e densità energetica proveniente dalle batterie li-ion; i bassi costi di manutenzione; il peso decisamente basso dell’intera apparecchiatura,  inoltre, secondo la casa di Seattle, il sistema convenzionale pneumatico generalmente sviluppa più potenza di quella realmente necessaria nella maggior parte delle condizioni di volo e ciò non può non tradursi in un maggior consumo di carburante.

Ma oltre ad una maggiore efficienza nel consumo del carburante, dobbiamo anche ricordare che il modello 787 veniva indicato come il velivolo che sarebbe riuscito a evitare il ripetersi degli incidenti fume events.

Alla base di tutte queste innovazioni la nuova tecnologia usata  dal modello 787 che tende a sfruttare potenza elettrica al posto della forza pneumatica generata dall’aspirazione dell’aria nel motore.

Nel mezzo di tanti punti di forza del prodotto rimane però indiscutibile l’aspetto della pericolosità delle batterie al litio, almeno quando queste volano come cargo nelle stive degli aerei,  in quanto le stesse sono state la causa di molti incidenti avvenuti ovunque nel mondo.

Ebbene la maggior parte degli incidenti che hanno interessato i 787, e di cui si è ampiamente interessata la stampa, hanno avuto origine proprio dall’impianto elettrico, dal surriscaldamento dei generatori ed anche da un gel contenuto all’interno delle batterie li-ion che agisce come soluzione elettrolitica che sembra essere fuoriuscito dai contenitori.

A partire da quello avvenuto a Dicembre a United Airlines quando uno dei sei generatori è andato fuori uso, fino ad arrivare all’incidente del 16 gennaio quando l’equipaggio della All Nippon Airways ha dovuto effettuare un atterraggio di emergenza all’aeroporto di Takamatsu, è il nuovo impianto di generazione elettrica ad essere finito sul banco degli imputati. Fino a giungere alla decisione della FAA del 16 gennaio che ha ordinato tramite una emergency airworthiness directive il blocco a terra della flotta dei 787 appartenenti a compagnie statunitensi.

Dal momento che si conosce l’origine del problema, in teoria la sua soluzione non dovrebbe preoccupare troppo i tecnici della Boeing, ma rimane l’incognita di aver costruito un velivolo basandosi su una tecnologia che si avvale di un componente da tempo sotto le attenzioni degli enti preposti alla safety.  Allo stato attuale escludendo la riconversione da no-bleed a bleed-air il dilemma è se le batterie al litio -che quando trasportate come cargo rappresentano dangerous goods-  verranno messe in condizioni di operare senza nuocere, in condizioni di assoluta sicurezza.

Di certo è perlomeno paradossale che l’aereo  che per primo, grazie alla tecnologia no-bleed avrebbe dovuto evitare a passeggeri ed equipaggio il problema dei fumi e vapori, anch’esso si è ritrovato a confrontarsi con fumi e atterraggi di emergenza, sia pur per cause imputabili alla nuova tecnologia applicata.