“One brand”, “Co-brand” e “Multi-brand”. Questi i nuovi tipi di aggregazione.
Forse pochi lo ricordano, ma all’indomani dell’avvio delle prime alleanze tutti gli addetti al lavoro, analisti in prima linea, erano alla finestra ad attendere la “global airline” di cui si annunciava l’imminente nascita. E la compagnia che più di altre fomentò questa aspettativa fu la Swissair la quale era stata una delle prime a siglare agreement a raffica con altre aerolinee. Fu così che quando nel 1989 la compagnia svizzera firmò accordi con Delta e Singapore Airlines vi fu chi si spinse a predire la creazione del primo sistema globale di trasporto aereo. Di globale in effetti vi fu l’abbaglio che questi signori presero nell’ipotizzare una tale prospettiva. Oggi all’aerolinea globale ben pochi vi credono ma sulla sua scia vi è una tesi prevalente, o meglio sarebbe dire di moda, secondo cui fusioni e incorporazioni che portano alla nascita di una mega-impresa non possono far altro che accrescere l’efficienza.
La logica sottintesa a tale assunto è che un’impresa non tenterebbe mai di scalare un’altra se non fosse certa di poterne accrescere efficienza e valore. Sulla validità di una tale tesi ci sia permesso esprimere forti dubbi in quanto la stessa sembra più un ripiego per glissare le critiche – assai motivate- circa il clamoroso fallimento di quanto ci era stato preannunciato all’avvio della rivoluzione neoliberale.
Se quest’ultimo termine risultasse sibillino lo si sostituisca con la teoria che vuole i mercati autoregolamentarsi da soli senza alcun intervento dello Stato, o ancora più semplicemente pensate alla deregolamentazione.
In aggiunta all’efficienza, asseriscono ancora i fautori del consolidamento, vi è la creazione di “equity market capitalization”.
Le grida di osanna che si sono levate all’indomani dell’annuncio della fusione American Airlines/USAir, sono solo l’ultimo esempio di questa strategia mediatica. Ora con il presente intervento non tratteremo l’aspetto – di cui più volte ci siamo già occupati – che concentrazione vuol dire scomparsa di un concorrente il quale fino al giorno prima si poneva in contrapposizione con chi acquisisce, quanto piuttosto vorremmo commentare le acquisizioni da un’altra visuale e cioé se le M&A fin qui finalizzate derivano da un genuino principio di mercato che prevale, o se invece esse non siano piuttosto l’unico strumento rimasto se non si vuole sparire dal mercato: come si vede, una abissale differenza.
Siamo arrivati al punto in cui è necessario che i dotti accademici ci informino se sia preferibile una economia in cui un gran numero di aziende sul mercato si confrontano quotidianamente con lo strumento della concorrenza offrendo all’utenza una vasta gamma di scelte, o se in alternativa dobbiamo convivere con un mercato il quale – spacciando la tesi di voler facilitare la concorrenza – vede le aziende fondersi non per reale volontà dell’azienda sana di acquisire la debole, quanto per una mera questione di sopravvivenza di entrambe.
In mezzo a tanti dubbi dobbiamo osservare che una cosa ormai è certa nel campo dell’industria aerea commerciale e cioè che nessun Paese vuole rinunciare al proprio vettore di bandiera storico. Non facciamoci confondere dalle notizie che quotidianamente sentiamo circa acquisizioni e scomparse.
Le prime, ammesso che siano vere acquisizioni, si riferiscono a vettori della stessa nazionalità; le seconde non si riferiscono ai vettori di bandiera bensì a vettori secondari, prova ne sia l’immediata rinascita sotto nuova denominazione delle compagnie di bandiera belga e svizzera allorchè esse sono fallite.
Prendendo atto di ciò crediamo sia del tutto ragionevole ritenere che le grandi aggregazioni multinazionali avvenute nel settore automobilistico, farmaceutico, alimentare, che fanno la gioia degli analisti finanziari non sono adattabili al modello di compagnia aerea, perché non ci risulta che nei settori da noi ricordati le neo-compagnie che nascono continuino a vendere i prodotti con le loro marche originarie: lì invece è veramente accaduto quello che ancora non si è verificato nel campo delle aerolinee, ovvero che una delle due è scomparsa acquisita dall’altra.
Nel trattare questi argomenti e mettendosi in attesa di ulteriori consolidamenti, appare evidente che gli analisti traggono spunto dagli accordi cross-border fin qui stipulati (AF-KL ; BA-IB ; LAN-TAM) tuttavia va osservato che proprio da questi accordi si può avere conferma dell’appunto da noi avanzato. In tutti e tre i casi infatti ognuno dei partecipanti rimane integro nel suo brand originario e ciò conferma la assoluta non volontà di cedere il proprio vettore storico a qualsivoglia altro acquirente straniero.
In merito va ricordato che proprio gli Stati Uniti, nazione che ha esportato la deregulation in tutto il mondo, a tutt’oggi non permette l’acquisizione maggioritaria di una aerolinea a stelle e strisce da parte di una società straniera.
Con questi presupposti più che parlare di consolidamento andrebbe invece detto che siamo in presenza di pseudo-merger, mentre invece il termine in oggetto andrebbe trasferito al vero scandalo avvenuto in Europa, e del quale nessuno parla, e cioè che a un singolo vettore è stato permesso acquisire ben tre vettori di bandiera di altri Paesi, in barba a qualsiasi principio sulla concorrenza; stiamo parlando del “Gruppo Lufthansa” che oggi controlla il vettore di bandiera elvetico, quello di bandiera austriaco e quello di bandiera belga.
A questo punto nel mondo delle compagnie aeree tradizionali possiamo individuare tre tipi di aggregazioni:
Il tipo “One brand” (es. United/Continental holding) caratterizzato da 1 brand, da una completa integrazione; un unico management .
Il tipo “Co-brand” (es. AF/KL) caratterizzato da 2 brands, una alta integrazione, un management integrato.
Il tipo “Multi-brand” (caso “gruppo Lufthansa”) caratterizzato da una capo-gruppo e compagnie acquisite; con una alta integrazione e un management teams.
In virtù di questi consolidamenti e dell’entusiasmo che gli analisti dimostrano nei loro confronti, i risultati finanziari ottenuti dai vettori interessati sono almeno positivi?
Abbiamo due dati riferiti all’anno 2012.
AF/KL : Risultato netto 1.19 miliardi di euro di perdita; (2011: -809 milioni)
BA/IB : Perdita ante-imposte 997 milioni euro; (2011: + 503 milioni)
Sembrerebbe che siamo lontani dal poter affermare che i consolidamenti dei vettori aerei portino a risultati positivi e pertanto dobbiamo prendere atto che anche essi servono alle aerolinee per meglio attraversare momenti difficili.
Antonio Bordoni