di Liliana Comandè.

Dispiace leggere certi articoli basati sul…nulla e sull’assoluta mancanza di “conoscenza” di come va il mondo agenziale.

Ritorna di moda parlare delle fees da applicare sui preventivi che vengono richiesti quotidianamente agli agenti di viaggio. C’è un giornalista di una rivista di settore che ha scritto che non si devono applicare perché il lavoro dell’agente di viaggio è anche questo e, quindi, non è giustificata la richiesta delle fees. Io vorrei dire, però, che i tempi sono cambiati e i cosiddetti clienti sono diventati così poco rispettosi del lavoro altrui che si permettono di chiedere anche a 10 agenzie le quotazioni per un viaggio, portandosi dietro ogni volta il preventivo più basso e chiedendo un ulteriore sconto. Sono oltre 30 anni che si parla di questa tassa da far pagare – e da scalare nel momento in cui il viaggio viene prenotato – e qualche agenzia l’ha anche applicata con successo. Ma siamo italiani, e ciò che poteva diventare un riconoscimento per il lavoro svolto a vuoto dalle le agenzie, e un sistema “educativo” per i clienti, è andato a farsi friggere. La mancanza di unità del settore ha sempre fatto tutto il resto e, quindi, ancora oggi ci troviamo a discutere su questo quesito: applicare le fees? Sì, no, forse…

Da quando le compagnie aeree non riconoscono le commissioni agli ADV, da quando molti operatori “bypassano “ gli intermediari, da quando c’è la crisi economica, le entrate delle agenzie sono drasticamente diminuite e la sopravvivenza di molte è appesa ad un filo.

Lo scorso anno hanno chiuso oltre 2.000 agenzie di viaggio, ma non sembra che i media abbiano mai dedicato un servizio alle migliaia di lavoratori che hanno perso il posto di lavoro. Colpa di chi? Di chi non ha informato nel giusto modo i giornalisti di quello che sta accadendo da anni nel settore? Sì, credo che una parte di colpa se la debbano assumere tutte le Associazioni di categoria che non informano – o non si fanno sentire abbastanza “rompendo le scatole “ ad oltranza a chi si occupa dell’informazione – del buco nero che si apre ogni giorno di più sotto i piedi di lavora nel turismo.

A ognuno il proprio mestiere…

A volte, chi non lavora in un’agenzia di viaggi non si rende conto di come funzioni questo  lavoro e, dalla sua scrivania pontifica e scrive quello che gli/le passa per la testa, dispensando “consigli” su ciò che si dovrebbe fare e come si dovrebbe lavorare. Ora, a prescindere che vige ancora la regola del “a ognuno il proprio mestiere””, dispiace leggere certi articoli basati sul…nulla e sull’assoluta mancanza di “conoscenza” di come va il mondo agenziale.

 

A Roma si dice “apri bocca e je dai fiato” e, spesso, è solo fiato quello che mi capita di leggere su certi giornali di categoria e non. Ma ritorniamo al discorso fees. Come dicevo, c’è chi è d’accordo sulla sua applicazione, perché così diventa una integrazione di denaro visto che ne hanno perso già tanto per le motivazioni che conosciamo bene, e c’è chi pensa, invece, che possa essere un autogol perché ritiene (a ragione) che non tutte le aziende la applicheranno e, pertanto, i clienti – abituati come sono a cercare sempre di risparmiare – si rivolgeranno a quelle ADV che non la faranno pagare.

 

La motivazione della fee…

A mio parere è giusto far pagare una tassa, ma non per colmare “il buco” creato dalle commissioni che ormai non ci sono quasi più. È vero che è diventato sempre più difficile andare avanti e mantenere in piedi un’attività come quella turistica, però è anche vero che la motivazione di una tale richiesta debba risiedere nel fatto che gli agenti di viaggio sono (o dovrebbero) essere dei consulenti e, come avviene per le altre categorie, le consulenze si pagano.

 

Già nel numero di Travelling Interline del lontano novembre 1996 scrissi un editoriale – del quale riportiamo il testo per intero – nel quale auspicavo l’introduzione di una quota fissa da far pagare per i servizi resi alla clientela (soprattutto per far cessare la cattiva pratica della richiesta di preventivi a 10 agenzie) ma, soprattutto, perché avrebbe qualificato la professionalità della categoria.

 

Auspicavo, in pratica, una consulenza retribuita, proprio come avveniva – e avviene tutt’oggi – per le altre categorie di professionisti o anche pseudo tali. Non so quanti dei nostri lettori ricordano il mio articolo – certamente lo rammenteranno sia i più attenti ai problemi del settore fin dal 1996, sia tutti quelli che risposero lamentando proprio la scarsa considerazione e visibilità degli addetti al turismo.

 

Oggi si cavalca da più parti l’onda dello scontento per la scarsa redditività di un’attività che impegna moltissimo anche in termini economici. Oggigiorno tutti s’improvvisano dispensatori di consigli e di ricette magiche mentre c’è anche chi dimentica di aver contestato – parecchi anni fa – proprio quegli agenti che, non volendosi sentire semplici “venditori di prodotti”, facevano pagare ai propri clienti una parcella per la consulenza che prestavano loro.

 

Mi risulta che in alcuni paesi europei chiunque entri in una qualsiasi agenzia di viaggio ed usufruisce di un qualsiasi servizio debba pagare una quota fissa. Non è, forse, anche questa una valida ricetta per evitare (e, perché no!) debellare quella cattiva abitudine che hanno preso i clienti di fare il giro di tante agenzie per chiedere un preventivo? Quante ADV e T.O. lavorano a vuoto su un progetto di viaggio, per il quale opzionano i voli per essere sicuri di trovare i posti nella classe di prenotazione giusta, e poi il cliente-“ballerino” e maleducato sparisce dalla circolazione perché ha richiesto un ulteriore preventivo ad altre agenzie modificando, però, un po’ l’itinerario abbassando la categoria degli alberghi e cambiando anche la compagnia aerea?

 

Tutto ciò accade più frequentemente di quel che si pensi e senza che il cliente telefoni alle prime agenzie per comunicare che ha prenotato da un’altra parte. Se esistesse una tassa fissa anche da noi, non pensate che il comportamento della clientela non sarebbe assolutamente quello di oggi? A parer mio i clienti sarebbero più responsabilizzati e, proprio se non sono soddisfatti del preventivo della prima agenzia, ne contatterebbero soltanto una seconda. Questo significherebbe meno perdita di tempo, meno perdita di soldi per tutta la filiera e più rispetto per chi lavora.

 

Ma lo sdegno che nuovamente infiamma “le penne” degli ADV mi fa pensare che sia solo una questione di soldi, dunque, quella fa muovere la categoria (perlomeno a parole). Eppure quante cose storte ci sarebbero da raddrizzare nel mondo turistico e quante cose si potrebbero fare se si pensasse realmente al bene del settore e non dei singoli individui! Dovremmo ormai essere abituati a questa situazione di scarso interesse da parte di tutti (agenti compresi), eppure non è molto difficile riscrivere delle semplici regole (da far rispettare, però!) che potrebbero evitare ulteriori gravi scossoni al settore da troppo tempo in crisi.

 Problemi vecchi…

I problemi sono aumentati negli ultimi anni ma, in realtà, ci sono sempre stati. Il guaio è che i problemi si vedono e si affrontano soltanto nel momento in cui diventano tanto grandi da non poter essere più ignorati. Ma se una casa ha una crepa, anche piccola, si dovrebbe correre subito ai ripari per evitare che la struttura possa subire danni maggiori. Perché allora non succede la stessa cosa in questo settore? Sono ormai troppe le crepe che fanno scricchiolare la già fragilissima impalcatura turistica. Non è il caso di correre ai ripari prima che sia troppo tardi e che ci si ritrovi tutti a rimpiangere di non aver saputo mettere i puntelli al momento giusto?

Perché il settore agenziale non riesce mai ad essere unito e costruttivo? Perché si chiacchiera tanto e non si concretizza niente? Dobbiamo giustificarlo col fatto che “siamo italiani e da noi funziona tutto così? ” (Ovvero non funziona niente!). Possibile che si sta sempre sulla riva del fiume solo per osservare ciò che succede? E’ normale che questo settore, soprattutto l’outgoing, conti “come il due di coppe a briscola quando regna bastoni?”.

E’ come se uno schiacciasassi stia passando sul settore senza che nessuno dica a chi lo guida di fermarsi! E subisce ogni forma di porcherie che, chi di dovere, non riesce – o non gliene importa niente, forse è questa la realtà – a debellare? Ad iniziare dall’abusivismo, per arrivare alla concorrenza sleale anche fra T.O. e dettaglianti, tutto avviene alla luce del sole ma chi dovrebbe vedere tutto e prendere provvedimenti è sempre accecato da questo sole.

E tutto procede come sempre…fra lamentele e…lamentele…e basta!

 

Questo è l’articolo scritto e pubblicato sulla rivista cartacea Travelling Interline nel 1996, ben 17 anni fa. Non vi sembra ancora attuale?

Ma gli agenti di viaggio valgono meno dei fabbri o degli idraulici?

 

Quanti di noi hanno avuto la necessità di chiamare un fabbro o un tecnico delle lavatrici o dei frigoriferi e si sono sentiti chiedere una tot cifra per la chiamata e successivo preventivo? Sembra strano ma siamo ormai abituati a pagare la quota che ci viene richiesta perché giustifichiamo il fatto che “l’omino” si sposti dal suo negozio (anche se a 200 metri dalla nostra casa) e perda comunque tempo. Se troviamo giusto retribuire il “disturbo” di uno di questi professionisti perché non riteniamo giusto compensare il lavoro di un professionista del turismo? Perché non far pagare ai clienti i preventivi che vengono richiesti e che impegnano non solo il personale delle agenzie dettaglianti ma anche il tour operator?

Molto probabilmente chi entra in un’agenzia di viaggio e chiede un preventivo non si rende conto di mettere in moto un meccanismo tale da far impiegare tempo e denaro a chi si trova al di là della scrivania, trant’è che lo richiede a molte altre agenzie che si attivano per cercare il miglior prezzo.

Telefonate, fax, solleciti e cambiamento di preventivi ai vari tour operator specializzati (che si vedono richiedere lo stesso programma da molte agenzie), e personale che segue queste pratiche hanno un costo che si “accolla” esclusivamente l’agenzia dettagliante e l’operatore. Poiché su 100 preventivi solo una minima parte viene concretizzato con un viaggio, il risultato è che spesso si “buttano” i soldi al vento. E allora perché non far pagare una quota X all’ipotetico cliente, da defalcare al momento della conferma del viaggio?

Perché non far capire al cliente che un agente di viaggio cerca sempre il miglior rapporto qualità/prezzo e non è giusto che, una volta ottenuto il preventivo lo stesso cliente faccia nuovamente il giro delle agenzie per farsi ridurre il costo del viaggio con le fatidiche parole, che suonano quasi come un ricatto, “Mi hanno dato questo prezzo, voi quanto mi potete scontare di più?”. L’attività dell’agente di viaggio non è come quella dell’ambulante al mercato delle pulci.

Non si devono contrattare i prezzi né dimenticare che le agenzie sostengono delle spese che vanno ammortizzate proprio con le commissioni che rappresentano l’unica forma di guadagno. Ci risulta che molte agenzie dell’Emilia Romagna e del Veneto si facciano pagare dai clienti le spese di prenotazione (fra le 35.000 e le 45.000 lire). Quando accadrà la stessa cosa in tutte le altre Ragioni italiane?

Quando il settore turistico si renderà conto di doversi qualificare come tutte le altre categorie? Aspetto dai lettori qualche parere.

 

Liliana Comandè